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Allonsanfàn
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Gianni Di Gregorio. Astolfo e un amore tardivo

Il professore in pensione Astolfo, un uomo mite che dalla vita non si aspetta più granché – lo si vede dalla meccanica cura che mette nei riti quotidiani – viene sfrattato in malo modo dal suo appartamento di Roma. Senza inveire, anzi con un sorriso gentile sulle labbra, ripara nell’antica casa di famiglia, un rudere in un paesino del centro Italia che era stato, un tempo, un palazzo nobiliare.

Qui Astolfo si trova faccia a faccia con il quadro di un antenato, capace in passato di guerresche imprese, e non può che constatare che non ne ha ereditato il carattere pugnace. Segnato della sua moderna inettitudine Astolfo può al massimo recitare una strofa delle Ricordanze di Leopardi. Non prima però di essersi accorto che il “paterno ostello” è stato in sua assenza invaso da un simpatico senzatetto che abita lì da nove anni. Che fa Astolfo? Lo caccia? Ma no, con un’alzata di spalle da per scontata la convivenza nel palazzo con l’abusivo e accetta pure la compagnia invasiva di un cuoco disoccupato e di un giovane senza arte né parte.

Non fa comunque a tempo a concentrarsi sul disastro dell’immobile che cade a pezzi e sulla prepotenza con cui il sindaco e il parroco hanno alienato parte dei suoi possedimenti, quando nella sua vita irrompe un anziano ma vitalissimo cugino. In bolletta ma in spider fiammante (Astolfo ha una Panda scassata), non ha ancora dimenticato le donne e presenta al parente un’affascinante vedova (Stefania Sandrelli). Ebbene, Astolfo che ha da anni rinunciato all’amore e ai suoi sconvolgimenti, deve convenire che “delle varie forze che governano il mondo, la più forte è l’amore”.

Gianni Di Gregorio con Astolfo ha girato “…uno di quei film eccezionali per la loro semplicità di forma e contenuto… È un regista che ci ha abituato al suo amore per il quotidiano e a una capacità innata di fotografare un’umanità semplice ed eccezionale alle stesso tempo”. Così ha scritto Tiziana Morganti su Asbury Movies e io le rubo volentieri le parole perché sarei stato anche per dieci ore a zonzo nel mondo di Di Gregorio, ammirandone la capacità e la bravura nel tenere un ritmo costante e un tono deliziosamente omogeneo senza bisogno che accada nulla e che ci siano sorprese o importanti svolte di trama. Sarebbero invasive come i maneggi del losco prete che, fingendo nobili intenti, ha murato ad Astolfo una parte della dimora avita…

Per chi non lo conoscesse, Di Gregorio, romano di Trastevere, vanta un cv eclettico e abbondante: dopo varie esperienze teatrali, gira come aiuto regista di Matteo Garrone (Estate romana, L’imbalsamatore e Primo amore) e firma l’esordio alla regia (tardivo, intorno ai sessant’anni) con Pranzo di Ferragosto, grande successo di pubblico e critica (Leone del futuro – Premio Venezia Opera Prima Luigi De Laurentiis e David per il miglior regista esordiente). Seguono altre opere di cui, come nella prima, è anche sceneggiatore e attore protagonista: Gianni e le donne del 2011, Buoni a nulla del 2014, e Lontano lontano del 2019 (David 2020 per la miglior sceneggiatura non originale). In tutti e cinque i film, compreso Astolfo, vive un suo mondo poetico e sottilmente divertito, che solo a uno sguardo distratto potrebbe parere angusto, dal momento che l’apparente minimalista Di Gregorio ha la capacità di raccontare e filtrare tutto attraverso le minuzie del quotidiano e del suo ormai celebre personaggio (ma che sia lui per davvero?).

Gli concediamo per questo volentieri l’ultima parola: “Credo che Astolfo sia il film più allegro e spensierato che ho fatto. Sicuramente il lungo isolamento dovuto alla pandemia e un acciacco di salute hanno scatenato una reazione straordinaria e incontrollata, considerando il fatto che mi sono messo a parlare d’amore alla mia età”. Una misurata Stefania Sandrelli è la partner decisamente ben scelta.

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