In Matrix (Bompiani), Lauren Groff racconta di donne nel Medioevo, di una ragazza speciale e poi, di seguito, delle altre.
Subito c’è Marie, alta, sgraziata e innamorata, che sembra predestinata a un destino di solitudine e viene spedita in un convento, anche se per comandare, in qualità di badessa. Lei, bastarda, figlia illegittima di re, terribilmente ugly, non può far parte della corte della regina Eleonora d’Aquitania – l’idolo della ragazza, amata di un amore quasi mistico, che durerà una vita.
Le altre donne, Tilda, Goda, Ruth, Nest… popolano il misero convento in terra inglese dove Marie sbarca con la sua conoscenza del mondo divenuta all’improvviso inutile: sono acide e ignoranti suore, mal invecchiate nell’isolamento, tra le cure pratiche e gli sgarbi reciproci, in un’abbazia che ha visto giorni migliori.
A poco a poco, la sveglia ed energica Marie si rassegna alla sua sorte ed esce in concreto dagli impicci: il che significa guardare e imparare, e costruire con sapienza tutta terrena un luogo alieno, sottraendolo di fatto al clero locale, e donandovi la luce di idee e progetti che segnano il riscatto per chi abita il convento.
Quella di Marie è un’utopia in anticipo sui tempi e non può che procurarle “fuori” dei nemici nutriti dall’invidia e dalla curiosità morbosa per una comunità che si è votata alla libertà di pensiero e alla scrittura: non per niente la nuova badessa ha organizzato subito uno scriptorium. “Voci e Maldicenze” sono simili a “vecchi avvoltoi”. Ma Marie è la prima a rendersi conto che libertà e controllo sull’abbazia sono a tratti inconciliabili, che il potere si conquista e mantiene a caro prezzo. I problemi nascono anche “dentro”, tra le sorelle, prevedibili come burattini nei loro atavici pregiudizi, o nel gruppo di reiette, formato da figlie cadette e ragazze di cui la società si disfa, rinchiudendole nel silenzio. “Dentro” significa anche nell’animo della badessa, per esempio quando avverte un sensuale turbamento di fronte alla novizia Avice de Chair, dai capelli incredibilmente candidi: Marie ritrova nel “fulgore ribelle” della ragazza, condannata al convento dai parenti, l’immagine della regina giovane. Così, abbassa la mano che deve colpire Avice per punizione.
Il personaggio di Marie è reale, ispirato a una figura storica di cui però poco o nulla sappiamo, quella di Marie de France, nota per aver composto lai (novelle in versi) d’amor cortese alla fine del milleduecento.
Tornata indietro nel tempo, Lauren Groff ha significativamente raccontato la sua storia all’indicativo presente – è il modo di dirci che tutto è assolutamente attuale o che ogni anacronismo è voluto? – e ha nutrito di un brandello di realtà la sua immaginazione. Creando questa “famosa badessa bellicosa” che irradia forza ed è capace di raggiungere Londra a cavallo per vendere un anello e versare così il dovuto alla Corona, Groff ha forse voluto farci una domanda: che cosa succederebbe se esistesse un mondo popolato di sole donne? In queste pagine, mentre Marie avoca a sé, dopo la Confessione, il sacramento dell’Eucarestia, ha dato la sua risposta.
Nata nel 1978 a Cooperstown, nello Stato di New York, Groff ha avuto negli USA prestigiosi fans, oltre a moltissimi lettori: Stephen King l’ha lodata per I mostri di Templeton (Einaudi), inchiesta su un padre misterioso, e Barack Obama per Fato e furia (Bompiani), finalista al National Book Award 2015, un romanzo che è la “vivisezione di un matrimonio” (New York Times). Ma Matrix riecheggia un’altra opera di Groff, forse la migliore, Arcadia (Codice), che è ambientata in una comune dove si celebra un’altra utopia, quella libertaria degli anni Sessanta.
Nel titolo, Matrix richiama di primo acchito la fantascienza cinematografica, ma per la scrittrice americana celebra nell’etimo due madri da cui non possiamo prescindere. Eva che porta la morte in grembo e la Vergine Maria che dà la salvezza. Nel loro segno, Groff scrive la sua storia al femminile, lasciando il Cristo sullo sfondo, insieme a tutti gli uomini che spiano i pensieri e le opere di Marie, discosti ma pronti a intervenire, malevoli come certi Magi arcigni e iettatori che appaiono nascosti nelle pitture del Tiepolo…
La traduzione limpida, senza anticature e fedele alla luminosa precisione dell’originale è di Tommaso Pincio.
Credit: Lauren Groff (Florida) by banksquarebooks is licensed under CC BY 2.0.