Un ricordo de Lo straniero di Albert Camus, a ottant’anni dall’uscita (1942-2022), attraverso un controverso pezzo rock. Con The Cure in concerto in Italia in questi giorni (lo suoneranno o no?)…
Robert Smith (Blackpool, 1959), frontman dei The Cure scrisse Killing an Arab quand’era uno studente sedicenne: la canzone era “un piccolo tentativo poetico di condensare Lo straniero di Camus”. Se conoscete il libro (Gallimard, 1942) o il film di Visconti (1967), ne ricorderete il protagonista, Mersault, divenuto a torto o a ragione un anti-eroe dell’esistenzialismo.
“Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so”, questo l’incipit del romanzo di Camus, scomparso il 4 gennaio di sessant’anni fa. Ci presenta l’étranger ossia l’estraneo, l’outsider Mersault, francese che vive a Tunisi, fuori da ogni convenzionale atteggiamento di lutto, all’apparenza senza emozioni. Nella prima parte del libro, privo di una vera volontà a riguardo, su una spiaggia Mersault scarica addosso a un arabo la pistola presa in prestito da Raymond, ambiguo amico.
Canta Robert Smith:
I can turn and walk away / Or I can fire the gun / Staring at the sky / Staring at the sun / Whichever I choose / It amounts to the same / Absolutely nothing
I’m alive / I’m dead / I’m a stranger/ Killing an Arab
Come altri gruppi dell’epoca, che formarono il famigerato movimento goth, Robert Smith e The Cure amavano e citavano poeti e romanzieri dark e particolarmente inquieti: Camus come Kafka e Poe, Blake e Wilde, Baudelaire e Rimbaud.
Fraintesa sempre, cantata in coro dall’estrema destra, agli esordi della band, Killing an Arab costò a The Cure il primo contratto discografico. Fu comunque il singolo d’esordio del gruppo: uscì in Inghilterra nel dicembre del 1978, come apripista dell’album Boys Don’t Cry. Quando venne pubblicata in America, la canzone maledetta fu “attenzionata” da un avviso sulla cover del disco, mentre Smith continuava a ripetere alla stampa, come in un’intervista al NME, il suo refrain: “se l’arabo fosse stato uno scandinavo, nessuno avrebbe avuto da ridire”.
Per paradosso la canzone, oltre a ispirarsi a Camus, fa un passo in più, suggerendo nella parte finale una vicinanza, assente nel libro, tra il narratore e la vittima: “Staring at myself / Reflected in the eyes / Of the dead man on the beach” (questa la lettura di Ellie M Hisama, docente di musicologia alla Columbia University).
Nonostante tutto, Killing an Arab verrà bandita dalle radio Usa dopo l’11 settembre 2001 e gli stessi The Cure non la suoneranno live fino al 2005. La trasformeranno poi di volta in volta in Kissing An Arab o, meglio, in Killing Another (un altro).
Ma l’esecuzione senza censura nel concerto di Hyde Park del 2018, per i quarant’anni dall’esordio della band, subisce critiche ulteriori. Il blogger di origine libanese Nahla Al-Agelo afferma che “is wrong and terribly irresponsible to be singing about the killing of anyone”.
Siamo in piena surrealtà. La stessa che spinge, anche di recente, Catherine, figlia di Camus, a scendere in campo per difendere il padre dall’accusa di essere un colonialista: Camus era interessato in egual misura, secondo Catherine, “sia al destino dei musulmani, sia a quello dei francesi, in Algeria”.
Oggi Killing an Arab è disponibile in Boys Don’t Cry e nella raccolta di singoli Standing on a Beach, sulla cui cover appare il viso solcato da profonde rughe di John Button, pescatore in pensione e protagonista del video ufficiale del brano, girato nel 1985. Il clip sposta prudentemente al nord, nel piccolo porto di Rye, sulle spiagge della Manica, l’episodio cantato da Smith. Ma l’anziano Button è decisamente disarmato. Secondo il biografo della band Jeff Apter, il pescatore avrebbe dichiarato: “Se posso dare una mano a dei giovani, lo faccio; poi mi comprerò un giradischi, e li ascolterò”.
Credit:Robert Smith playing guitar in The Cure paste-up, Brick Lane, London by mia! is licensed under CC BY-SA 2.0. Mar 12 2011 [Day 131] ‘Song Lyric Saturday’ by James_Seattle is licensed under CC BY 2.0.