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Allonsanfàn
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Incroci sentimentali. Lindon, Binoche e la forza dell’amore

Questa la trama di Incroci sentimentali (Avec amour et acharnement) secondo il comunicato stampa. Parigi, inverno. Sara e Jean si amano. Convivono da diversi anni. Il loro amore li rende felici, forti. Si fidano reciprocamente e il loro desiderio non si è mai spento. Una mattina (per caso?) Sara incontra François, colui che le ha presentato Jean. Proprio il François che ha lasciato senza alcuna esitazione per stare con Jean.

Be’ no, non è proprio così. Si capisce abbastanza presto, cioè subito, che Jean (Vincent Lindon), ex rugbista, vive sospeso nell’incertezza del presente e del futuro. Cerca un impiego ma ha un handicap – è stato in carcere per una non meglio precisata truffa. Sara (Juliette Binoche) lo incoraggia ad accettare un lavoro offertogli  (proditoriamente?) da François, il suo ex uomo mai dimenticato: così, Jean potrebbe ripartire. Ma a quale prezzo?

Forse non è andata neanche così. Il bello di questa storia d’amore, sceneggiata da Christine Angot – dal suo romanzo Un tournant de la vie (Flammarion 2018) – insieme alla regista Claire Denis, è non fornire letture univoche. Non sia mai che accada qualcosa di chiaro nei nostri cuori, pure se qui si racconta una love story tra gente che dovrebbe, per età almeno, essere più che matura.

Le mascherine mediche che i protagonisti del film portano sono sì un singolare omaggio alla pandemia – la quale ha fatto incontrare e lavorare fianco a fianco scrittrice e regista – ma forse avvertono che (dice Denis) “i personaggi si nascondono, e solo a poco a poco si comincia a intravederne le sagome, quando iniziano a muoversi, a parlare, a prendere forma…”.

Denis ha ragione, per farci capire il tono del film, a svelare che “Christine è piuttosto cupa, mentre io sono più un tipo ansioso”. E a spiegare che la semplicità della storia è ingannevole, che è un modo per superare “i cliché sui modelli comportamentali che conosciamo tutti: il ménage à trois, la donna divisa tra due uomini che soffre, etc. etc.”.

Denis lavora con lentezza sui primi piani. Bracca i personaggi con la macchina da presa mentre loro si concedono poche parole. Distribuisce nella storia amplessi più completi dei dialoghi ma non molto più veritieri dei “ti amo” che si scambiano i protagonisti. Non ci permette mai di vedere a pieno schermo che cosa accade, abbandonandosi e abbandonandoci a frammenti di storia che si fondono con una colonna sonora elettronica e atmosferica – quella per cui, nel caso passassero sottotitoli per non udenti, si sprecherebbe la scritta “musica di tensione”.

Lindon è capace di essere un simbolo di maschio forte e gentile quando fuma una sigaretta sul terrazzo con vista su Paris o fa la spesa al supermarket (di Vitry, meno caro e con il parcheggio comodo) ed è capace di comunicare che cammina sempre su ghiaccio che si incrina. È forse la vittima sacrificale di Binoche (io almeno l’ho letta così…), che sta sotto le righe, fa la saggia, ma in un attimo può svoltare in una disperata inquietudine – da donna che sa amare e che ha diritto di farlo – sia con Lindon sia con l’altro partner, impersonato dal perfetto “cattivo ex ragazzo” Gregóire Colin.

Chi arriva alla fine del film senza annoiarsi (c’è anche chi cede e se ne va), si fermi a guardare i titoli di coda dove si completa la storia parallela di Lindon con il suo figlio “mezzo nero”. Forse, almeno qui, c’è una speranza…

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