Bratislava è la capitale della Slovacchia, una città giovane, frizzante, vivace, sede di un’importante università. Da città anonima e un po’ triste dei tempi della Cecoslovacchia unita si è trasformata in un centro moderno e pieno di vita, popolato da ragazze di livello estetico elevatissimo.
Nel 2000, a cavallo tra maggio e giugno, Bratislava ospita la fase finale dei Campionati Europei under 21. Per la prima volta Mediaset possiede i diritti televisivi di una nazionale italiana e quindi ci presentiamo in forze all’appuntamento. Due telecronisti, Bruno Longhi e Sandro Piccinini, Carlo Pellegatti e io con il compito di coprire il bordocampo e realizzare i servizi per i notiziari. Uno sforzo produttivo notevole che tra operatori, cameramen, tecnici, registi e giornalisti contempla la presenza di una quarantina di persone.
L’Hotel Forum è la base operativa dove vivono giornalisti, tecnici, produttori e osservatori. L’Italia è allenata da Marco Tardelli, che ha tra le mani una squadra forte soprattutto a centrocampo con Pirlo, Cristiano Zanetti, Gattuso e Baronio, ma un po’ meno convincente in attacco.
Per la voce tecnica della telecronaca Mediaset punta su un pezzo da novanta: Arrigo Sacchi, uno che non ha bisogno di presentazioni. Nella partita d’esordio l’Italia batte l’Inghilterra 2 a 0, nella seconda gara invece non va oltre l’1 a 1 con i padroni di casa e Sacchi non risparmia critiche al gioco degli azzurri, giudicandolo poco propositivo.
A Tardelli riferiscono le parole di Arrigo, magari esagerandone la portata. Marco mi chiede di avere una registrazione per poter riascoltare la telecronaca e verificare di persona cos’ha detto l’ex allenatore del Milan dei record. Alla fine si convincerà che non c’è nulla di offensivo, ma i rapporti tra i due rimarranno gelidi per tutta la durata dell’Europeo, concluso col trionfo dell’Italia.
L’Hotel Forum è un porto di mare con ex giocatori, allenatori e osservatori che vanno e vengono in continuazione. Arriva Cesare Prandelli, che ha appena guidato il Verona alla promozione in serie A, poi Cesare Maldini, che con l’under 21 ha conquistato tre titoli europei consecutivi, prima di guidare la nazionale maggiore ai Mondiali di Francia ’98, ed è a Bratislava come osservatore del Milan.
I giornalisti slovacchi ci propongono di organizzare una partita tra colleghi italiani e locali. Chiedo a Prandelli se è dei nostri, ma Cesare ha un ginocchio malandato e non ce la fa a scendere in campo. Accetta invece la convocazione Roberto Policano, ex difensore di Roma e Torino, mentre tutti gli inviati di giornali, radio e tv aderiscono con entusiasmo. Manca però un tocco di classe e decido di occuparmene personalmente: cerco di coinvolgere Sacchi e Maldini, due ex CT della Nazionale maggiore, ma siccome mi risulta che i rapporti tra i due non siano entusiasmanti, decido di sentirli separatamente, l’uno all’insaputa dell’altro. Preparo insomma un bel trappolone. Ad Arrigo propongo di giocare al centro della difesa e ricevo un sì incondizionato. A Maldini chiedo di andare in panchina come CT della nazionale dei giornalisti italiani e anche lui accetta senza problemi.
Un problema in realtà ci sarebbe: nessuno di noi ha niente per giocare a calcio. Mancano divise, mutande, sottomaglie, scarpini, parastinchi, cioè tutto. L’ufficio stampa della Federcalcio scende prontamente in campo raccogliendo le misure degli scarpini di ognuno di noi. Poi contatta lo sponsor della nazionale, la Robe di Kappa, e nel giro di 48 ore arriva tutto il materiale, addirittura con la seconda maglia dell’Italia, bianca con striscia trasversale azzurra. Il gioco è fatto.
Il giorno della partita saliamo su un pullman messo a disposizione dai colleghi slovacchi, Maldini occupa il primo sedile, quello riservato solitamente all’allenatore. Sacchi invece non c’è, vogliamo tenere la sorpresa fino all’ultimo momento. Arrigo raggiungerà lo stadio in auto con Popi Bonnici, il regista di Mediaset che si presta a fare da complice. Arriviamo allo stadio, un impianto che solitamente ospita incontri della serie B locale, e subito sentiamo puzza d’imboscata: i giornalisti slovacchi sono tutti più giovani di noi, hanno fisici imponenti e a occhio e croce sono piuttosto allenati. Ci guardiamo tra noi preoccupati, appare perplesso soprattutto Marco Civoli della Rai, che giocherà in porta.
Entriamo negli spogliatoi, dove troviamo tutto l’occorrente per scendere in campo. Lì avviene finalmente l’incontro tra Maldini e Sacchi, che si erano già visti in albergo nei giorni precedenti, però non sospettavano di ritrovarsi coinvolti insieme in questo evento. Ma tutto fila via liscio, tra risate e battute. Cesarone dà la formazione, come se fossimo una squadra vera, e spiega il dispositivo tattico, un 4-4-2 che prevede Sacchi a comandare la difesa. Io vengo schierato terzino destro, il mio ruolo naturale.
Le due squadre entrano in campo, salutate da qualche decina di spettatori e guidate da un arbitro in perfetta divisa nera. Sugli spalti qualche troupe televisiva, tra cui la nostra. Sembra una cosa seria. Pure troppo. Ce ne rendiamo conto ben presto. Al fischio d’inizio Sacchi comincia a chiamare il fuorigioco con risultati quasi comici perché nessuno riesce ad allinearsi perfettamente.
Gli slovacchi ci mettono poco a prenderci le misure e a capire che hanno davanti una sorta di Armata Brancaleone. Ai primi lanci ci sorprendono subito fuori posizione, loro viaggiano come treni, mentre noi camminiamo, o forse sarebbe meglio dire arranchiamo. Ci rendiamo conto che non può esserci partita. E infatti comincia il massacro di Fort Apache: i gol fioccano uno dopo l’altro, senza che noi riusciamo mai ad affacciarci nella loro metà campo. Scopriremo poi che tra gli avversari c’è gente che ha giocato nella serie A slovacca. Se ci siano anche dei giornalisti, questo non lo sapremo mai. In pochi minuti ci fanno tre gol, noi siamo storditi, travolti dalla loro superiorità tecnica e fisica.
Sacchi capisce l’antifona e si chiama subito fuori, accusando un problema muscolare. Policano perde la testa dopo aver subito un tunnel: insegue l’avversario che si è macchiato di tale affronto, lo stende con un’entrata da killer e lo insulta sotto gli occhi dell’arbitro, il quale non può fare a meno di estrarre il cartellino rosso. Si scatena la rissa, sedata a fatica anche grazie all’intervento di Maldini. Ci mancava pure l’inferiorità numerica: già non c’era partita in 11 contro 11, figurarsi in 10 contro 11. Il primo tempo finisce 7 a 0.
Rientriamo negli spogliatoi come cani bastonati e con la sensazione di essere vittime di un agguato in piena regola. Cesare cerca di tirarci su il morale dicendoci che quelli non erano giornalisti, ma tutti ex calciatori. Arrigo esce dalla doccia e Maldini lo prende bonariamente in giro. I due sorridono, il ghiaccio è sciolto. A quel punto propongo di organizzare un siparietto tra Cesare e Sacchi a uso delle telecamere. Con mia grande sorpresa entrambi gli ex CT accettano.
Al rientro in campo dopo l’intervallo mi siedo in panchina con l’operatore. Dopo qualche minuto Sacchi esce dallo spogliatoio e si dirige verso di noi poi, rivolto a Maldini, fa: “Mister, io questa sostituzione non l’ho mica capita, me la deve spiegare!”. Cesarone ribatte: “Ma se andavi a due all’ora! Hai una bella faccia tosta”. E i due scoppiano a ridere e si abbracciano. Tutto ripreso dalla mia troupe. È un’apoteosi e ne sono davvero orgoglioso.
Per fortuna i nostri amici slovacchi si placano ed evitano di affondare i colpi, altrimenti avrebbero potuto segnare un’altra dozzina di gol.
Al triplice fischio dell’arbitro entro in campo con la troupe e mi avvicino a Maldini: “Mister” gli dico “dopo questa umiliazione pensa che la sua panchina sia in pericolo?”. E lui: “Penso proprio di sì, mi sa che darò le dimissioni”.
Tornati in albergo chiamo Enrico Mentana e gli propongo un servizio per il TG5 raccontandogli della sceneggiata tra Sacchi e Maldini. Il direttore accetta con entusiasmo e io monto il servizio più divertente della mia carriera. La lite (finta) tra i due ex CT della Nazionale finisce su tutti i giornali. Il giorno dopo Mentana mi telefona per farmi i complimenti e per dirmi che quel servizio è stato il più visto dell’edizione del TG 5 delle 20.
Una cosa così vale ben più dell’umiliazione subita in campo.
*Le foto nel testo sono fermoimmagini dal filmato del servizio andato in onda sul Tg5.
Credit: SACCHI, E’ SOLO QUESTIONE DI STRESS? by NazionaleCalcio is licensed under CC BY 2.0.