La vuoi smettere di guardare in casa del fotografo?!… Cosa ci troverai poi in quella biondina slavata di Park Avenue?… Quelle sono tutte uguali, sembrano fatte con lo stampo… E non capisco cosa ci trovi un uomo così affascinante come il signor Jefferies… Ha girato il mondo lui, non come te: l’unica volta che sei uscito da New York è quando mi hai portato ad Atlantic City in viaggio di nozze… Comunque non ci pensa proprio a sposarla. Me l’ha detto Clara, sì quella del drugstore all’angolo tra la Cristopher e la Bedford, che è cugina di Stella… Non sai chi è? Certo: tu non guardi quando c’è l’infermiera. Tu guardi solo quando c’è quella là… Non pensare di avere delle possibilità, anche se le fai gli occhi da triglia… E ho visto che l’altro giorno l’hai salutata quando è scesa dal taxi, insieme a quel cameriere del 21. Come se qui al Village non ci fossero ristoranti… Tu sei sposato, caro mio, e anche se mi dovessi uccidere, non pensare che una così prenderebbe uno come te… Ma mi stai ascoltando?
Certo il nome di Sara Berner non vi dice molto, ma negli anni Trenta e Quaranta la sua è la “voce più famosa di Hollywood”, come dicono i giornali. Sara recita moltissimo alla radio, perché è molto brava a fare le imitazioni – Greta Garbo, Mae West e Katharine Hepburn sono tra i suoi cavalli di battaglia – ma soprattutto è strepitosa negli accenti, tanto da poter sostenere più ruoli all’interno di uno stesso show. Dopo la radio e la popolarità nazionale con il ruolo di una garrula e pettegola centralinista in The Jack Benny Program, questa attrice, nata ad Albany e cresciuta tra Tulsa e Philadelphia, diventa la voce di tanti personaggi dei cartoni animati, tra cui Jerry. Quando il famoso topolino canta e balla con Gene Kelly in Anchors Aweugh la voce è proprio quella di Sara. Agli inizi degli anni Cinquanta la sua stella di comincia a tramontare, ma per fortuna c’è la televisione. E nel 1959 è sua la voce di una centralinista in North by Northwest, il suo ultimo ruolo al cinema.
Frank Cady decide solo dopo la guerra di dedicarsi completamente alla carriera di attore, anche se la passione per il palcoscenico l’ha accompagnato per tutto il suo percorso scolastico. Si laurea in giornalismo a Stanford e in quel prestigioso ateneo comincia anche a insegnare. Poi scoppia la guerra e Frank si arruola in aereonautica. Tornato dal Pacifico decide di trasferirsi a Hollywood. Il cinema non lo fa diventare una star, ma tra gli anni Sessanta e Settanta il suo viso diventa popolare grazie ad alcune fortunate serie televisive.
Sia per Sara che per Frank Rear Window rimarrà il titolo più importante delle loro carriere cinematografiche, anche se interpretano due personaggi che non hanno neppure un nome: sono la coppia che ha il cane e che, a causa del caldo torrido, dorme sul ballatoio delle scale antincendio. Hitchcock affida alla voce di Sara la lunga tirata sui vicini che dovrebbero aiutarsi, quando la donna scopre che uno di loro ha ucciso il suo piccolo animale, colpevole di scavare dove non avrebbe dovuto: è l’unico del vicinato che ha sempre avuto dei sospetti su quel commesso viaggiatore poco gentile del piano di sotto.
Durante la lavorazione del film Hitchcock non si muove mai dallo studio principale, ossia dall’appartamento di Jeff, perché vuole che quello sia il punto di vista dello spettatore. Tutti noi, quando guardiamo quel film, siamo seduti in quella scomoda sedia a rotelle e scrutiamo il mondo di fuori attraverso l’obiettivo del fotografo. Per questo dà indicazioni agli attori che stanno nel palazzo di fronte con degli invisibili auricolari. Nella scena della pioggia decide di togliere a Sara e Frank gli auricolari e di lasciarli liberi, senza indicazioni. Vuole scoprire, insieme a noi, cosa faranno quando vengono sorpresi dalla pioggia. E loro sono perfetti, perché uno va da una parte e una dall’altra, tirandosi dietro in qualche modo cuscini, lenzuola e materasso, in maniera confusa e disordinata. Proprio come avrebbe fatto qualsiasi coppia in quella situazione.
Charlie, Moe, venite presto. E non fate rumore.
Sei sicuro che tua madre non tornerà?
Tranquilli ragazzi, è andata dalla signora Horowitz per farle provare un vestito e poi deve passare dal negozio di stoffe sulla Grove. Ci metterà almeno due ore.
Per fortuna a quest’ora del pomeriggio lei è sempre in casa a ballare.
Che bella. Speriamo che oggi si tolga il reggiseno.
Di solito quando balla lo tiene.
Magari oggi siamo più fortunati.
Per voi è più bella lei o la fidanzata del fotografo del piano di sopra?
Non so, lei non l’abbiamo mai vista senza vestiti.
Ci vorrebbe qualcuno che abitasse dall’altra parte del cortile.
Ragazzi vi siete accorti che oggi i fiori hanno un’altezza diversa rispetto a ieri?
Charlie, con tutto quel ben di Dio che c’è lassù, tu come fai a pensare ai fiori?
Hitchcock sa che la Paramount è disposta ad aprire i cordoni della borsa pur di poter produrre finalmente un suo film – per di più con due star come James Stewart e Grace Kelly – ma soprattutto sa che in quei grandi studi troverà i tecnici di cui ha bisogno per creare il film che ha in mente da quando ha letto quel racconto di Woolrich.
Il regista spiega ai due scenografi che gli vengono messi a disposizione, Hal Pereira e Joseph McMillan Johnson, che non gli basta un teatro di posa, per quanto grande, vuole un vero cortile con intorno gli appartamenti che si affacciano intorno, facendone uno spazio comune per ogni abitazione. Pereira è a capo del dipartimento scenografico della Paramount dal 1951, da quando è andato in pensione il suo maestro, il grande Hans Dreier, ma ha lavorato con lui fin dall’inizio degli anni Quaranta. Rimarrà in quel posto fino al 1966, ossia quando la casa di produzione viene comprata dalla compagnia petrolifera Gulf and Western: nella sua carriera ottiene ben ventitré nomination, anche se vince un solo Oscar per The Rose Tattoo. McMillan Johnson è un brillante architetto che David O. Selznick vuole nella squadra di creativi di The Wizard of Oz: dopo quell’esperienza esaltante decide di rimanere a Hollywood, anche se nel periodo della “caccia alle streghe”, nel periodo in cui tutti sono spiati, deve tornare a fare l’architetto.
Hitchcock consegna ai due scenografi disegni e bozzetti che lui stesso ha preparato, un’abitudine che ha da quando faceva lo scenografo nel Regno Unito, prima di fare il regista. Con quelle indicazioni precise e seguendo quel progetto ambizioso Hal e Joseph si mettono al lavoro. Per giorni vagano per il Greenvich Village e finalmente trovano, al 125 di Cristopher Street, l’ambiente che soddisfa tutte le richieste di Hitchcock. Adesso basta solo ricostruirlo negli studi di Melrose Avenue a Hollywood. Servono sei settimane, in cui si lavora giorno e notte. L’appartamento di Jeff è lo studio principale, quello dove ci sono le macchine da presa e dove starà il regista, e ovviamente è a livello del terreno. Dal momento che nella finzione l’appartamento si trova in alto, bisogna scavare per realizzare il cortile e dall’altra parte vengono costruite le case, rispettando distanze e proporzioni. E così i tecnici e gli artigiani della Paramount ricostruiscono quel cortile del Village, e lo fanno con una precisione incredibile. Se andate a quell’indirizzo di Cristopher Street non faticherete a riconoscere le finestre dei Thorwald, di Miss Torso o del compositore.
Il set misura quasi trenta metri in larghezza, cinquantasei in lunghezza e più di dodici in altezza. Vi si affacciano trentuno appartamenti, di cui otto sono dotati di luce elettrica, gas e acqua, tanto che molti degli interpreti li usano al posto delle roulotte durante le riprese. Dal momento che una notte piove, i tecnici devono realizzare anche un sistema di drenaggio, affinché il cortile non si allaghi.
Il regista chiede altrettanta attenzione anche ai tecnici che si debbono occupare dell’illuminazione. Predispongono quattro set di luci, per un totale di più di mille fari, montati e smontati a seconda del momento della giornata raccontato dalle riprese: mattina presto, pomeriggio, poco prima del tramonto e notte.
La Paramount investe un milione di dollari per realizzare il film e un quarto di questa cifra è per le scene, mentre solo il dodici per cento per pagare gli attori. Naturalmente si tratta di un investimento oculato, solo nella sua corsa iniziale in Nord America il film incassa 5,3 milioni di dollari. Il film è un successo. Nel 1968 Hitchcock ne acquista i diritti: è uno dei cinque Missing Hitchcocks, i film che il regista vuole lasciare in eredità alla figlia Patricia. Rear Window verrà proiettato di nuovo solo nel 1984. Solo una volta viene trasmesso dall’ABC, ma illegalmente. Tra i cinque film scelti dal regista ci sono i quattro con James Stewart come protagonista.
Tra i grandi “artigiani” che Hitchcock trova alla Paramount ci sono anche Edith Head e Walter Westmore. Sono loro due che devono rendere Lisa Fremont irresistibile. Wally è il capo della sezione trucco dello studio e naturalmente per quel film così importante deve essere lui a rendere perfetta Grace Kelly. Qualunque grande studio Hitchcock avesse scelto per girare Rear Window quel compito sarebbe toccato a uno dei figli di George Westmore, il parrucchiere inglese che nell’età del muto “inventa” i riccioli di Mary Pickford e crea, insieme a un collega arrivato dalla Polonia, un certo Maksymilian Faktorowicz, la professione del make-up artist. George ha diciannove figli e sei di loro seguono le orme del padre, truccando le dive e i divi della Golden Age di Hollywood: Monte lavora alla Selznick International – lavorando tra gli altri a The Wizard of Oz – Percival alla Warner, Ernest prima alla RKO e poi alla 20th Century Fox, Bud all’Universal, Walter appunto alla Paramount, affiancato da Frank. Edith è destinata a diventare una leggenda di Hollywood, la donna con più Oscar vinti e con più nomination nella storia del cinema: otto statuette su trentacinque partecipazioni. I suoi abiti, come quelli splendidi che crea per Grace Kelly in questo film, entrano nella storia della moda. Nel 1973 appare in un cameo in un episodio di Columbo, ambientato nel mondo del cinema. La “cattiva”, una splendida Anne Baxter, che interpreta una diva sul viale del tramonto, per impressionare il tenente, lo porta in giro per gli studi e arriva con lui nel laboratorio di Edith. Colombo la guarda e chiede: “Ma è proprio quella che si vede sempre agli Oscar?”. È proprio lei.
Hitchcock ritrova alla Paramount il compositore Franz Waxman che ha già lavorato con il regista scrivendo le colonne sonore di Rebecca, Suspicion, The Paradine Case. Anche se il compositore di origine tedesche – è uno dei tanti ebrei fuggiti in America che ha fatto grande Hollywood – è accreditato come autore della colonna sonora, compone soltanto la musica per i titoli di testa e di coda e la melodia che “salva” Miss Lonelyhearts e le fa conoscere l’autore di canzoni. L’interprete di questo personaggio è il musicista Ross Bagdasarian, che qualche anno dopo questo film sarà il creatore di Alvin and the Chipmunks.
Hithcock mette nella riproduzione diegetica dei suoni la stessa meticolosa attenzione che chiede ai tecnici delle luci. Insieme ai rumori della città, dalle finestre degli appartamenti si possono riconoscere Bing Crosby con To See You Is to Love You – dalla colonna sonora del film della Paramount Road to Bali – Nat King Cole con Mona Lisa e Dean Martin con That’s Amore. E poi le musiche di Leonard Bernstein per il balletto di Jerome Robbins Fancy Free, la canzone di Richard Rodgers Lover e l’aria M’appari tutt’amor dall’opera Martha di Friedrich von Flotow, un’opera ormai dimenticata, se non fosse per questa fugace citazione. Chissà da quale finestra esce questa musica?
Alla signora che sta qui sotto, sì quella che fa quelle che fa quelle strane sculture, l’inquilino che abita sotto quelli che hanno il cane non piace affatto. Sì, quello che ha uno strano nome svedese. Ma sai, caro, che io con i nomi… non me li ricordo mai. Invece a me sembra proprio una brava persona. Quando metto il becchime nella gabbia del canarino lo vedo sempre che cura i fiori nella piccola aiuola che ha sotto casa. Uno che ama così i fiori deve essere una brava persona. E poi vedessi come tratta la moglie, tutti i giorni le porta la colazione a letto. Tu quand’è l’ultima volta che mi hai mai portato la colazione a letto? Dovresti prendere esempio da lui.
Apparentemente Rear Window ha la stessa trama del racconto It Had To Be Murder scritto da Cornell Woolrich e pubblicato nel 1942 nella popolare rivista Dime Detective – e infatti, per sfruttare il successo della pellicola, lo stesso Woolrich non esita a ripubblicarlo con il nuovo titolo – ma Hitchcock e il suo sceneggiatore John Michael Hayes – lavoreranno insieme anche nei film successivi: To Catch a Thief, The Trouble with Harry e The Man Who Knew Too Much – realizzano un film molto diverso dal racconto, perché in questo caso il tema centrale diventa il matrimonio. Tanto che l’indizio risolutivo, quello che smaschera l’assassino è, non a caso, una fede nuziale.
Di tutti i personaggi che compaiono nella storia raccontata da Hitchcock solo Miss Hearing Aid, l’eccentrica scultrice che vive a piano terra, non è sposata e vive questa sua condizione con apparente serenità. Ma chissà cosa è successo prima… e forse, qualche anno dopo questa storia, quell’apparentemente innocente signora sarà tra i leader della rivolta di Stonewall. Il matrimonio è il continuo argomento delle discussioni tra Jeff e Lisa. Thorwald ha talmente voglia di sposarsi da essere disposto a uccidere sua moglie pur di poterlo fare. Nel film sono più volte citati, anche se non li vediamo mai, la moglie del Detective Doyle e il marito di Stella. E immaginiamo sia sposato anche l’uomo che desidera la prorompente giovinezza di Miss Torso. Il matrimonio è l’ossessione di Miss Lonelyhearts e magari l’incontro di quelle due solitudini, la sua e quella del compositore, è destinato a creare il rapporto più solido del film. E Jeff, restio al matrimonio – perfino se glielo chiede un’irresistibile Grace Kelly – può osservare, in quel suo involontario esperimento sociale, la vita di tre coppie: gli sposini con la passione destinata a presto a svanire, la coppia con il cagnolino, che si sono ormai adattati alla loro routine domestica, e i Thorwald. E francamente non siamo portati a simpatizzare con la vittima, che brandisce quel loro matrimonio come un’arma contro il povero Lars.
Ed è proprio questo il messaggio che ci lancia il “vecchio” Hitch: attenti, tutti i matrimoni possono finire come quello dei Thorwald.
Pronto? Ciao Stanley. Come stai? Com’è Chicago? Mi manchi tanto. Ma so che tra due giorni sarai di nuovo qui. Questa te la devo proprio raccontare. Te lo ricordi il signor Jefferies, quello che abitava di fronte a me dieci anni fa al Village? Sì, quello che si è quasi fatto ammazzare per catturare quello che aveva ucciso la moglie. Si è fidanzato con Dolores, la mia collega alla Juilliard, sì, quella che insegna canto. È davvero piccolo il mondo. Adesso ha uno studio nell’Upper East Side e fa fotografie a quelli di Broadway. Ha divorziato da quella bella bionda con cui stava allora. Lei aveva deciso di seguirlo nei suoi viaggi avventurosi in giro per il mondo. Poi un bel giorno lui ha mollato tutto, moglie e lavoro, ed è tornato a New York. Si era stancato di quella vita. Spero per Dolores che non sia una delusione. Vorrei che fosse fortunata come me. Ti amo, Stanley.
Finite le riprese, Hitchcock dà a Georgine Darcy un paio di consigli: trovati un agente e vai in Europa a studiare i drammi di Cechov. E le promette che al suo ritorno la farà diventare una star del cinema, come Grace Kelly. Questa prorompente ragazza di Brooklyn crede che il regista stia scherzando.
Non pensa di essere un’attrice. Sa da sempre di essere bella. Sua madre le aveva consigliato di diventare spogliarellista: una carriera dove si guadagna bene e in fretta. A Georgine piace ballare. A sedici anni prende l’autobus e va in California. Quando Hitchcock la chiama, lei non sa nemmeno chi sia quell’ometto bianco. Il regista l’ha scelta personalmente, dopo averla vista in una foto pubblicitaria, splendida in un attillato body nero. Il contratto è ottimo: trecentocinquanta dollari. Edith Head non fa fatica a metterne in risalto le forme con i suoi costumi.
Un giorno Hitchcock le chiede quale torta detestasse e lei, stupita di quella domanda, risponde che non le piace quella di zucca. Il giorno in cui si gira la scena della morte del cagnolino, fa arrivare nel suo appartamento – lei è una di quelle che “vive” nella casa costruita da Hal Pereira e Joseph McMillan Johnson – una fetta di quella torta e riprende la sua espressione. La troupe alla fine delle riprese le regala una torta a forma di ”Miss Torso”, con il seno e tutto il “resto” al posto giusto: durante la lavorazione quella formosa ballerina di Brooklyn è diventata la preferita del set.
Rear Window è il film più importante della carriera di Georgine che, pur non considerandosi mai un’attrice, continua a lavorare, soprattutto in televisione: tra gli altri ruoli è Gipsy, l’irriverente segretaria dello studio legale in Harrigan and Son.
A proposito di avvocati, negli anni successivi diversi membri del cast avranno una parte in uno o più episodi di Perry Mason che, per nove stagioni, dal 1957 al 1966, tiene incollato il pubblico alle “finestre” del più grande “cortile” americano con le storie dell’avvocato che non sbaglia mai, il personaggio che fa diventare Raymond Burr da “cattivo” del cinema a “buono” della televisione. Frank Cady, Jesslyn Fax – Miss Hearing Aid – Rand Harper – lo sposo in luna di miele – Richard Simmons – l’uomo in casa di Miss Torso – e naturalmente Bess Flowers, “The Queen of the Hollywood Extras”, che nel film appare nella festa a casa del compositore, incontrano il collega Burr in quella fortunata serie. Ralph Smiley, il cameriere del 21, non prende parte a questa serie, ma all’inizio degli anni Settanta ritrova Lars Thorwald in Ironside.
Georgine probabilmente fa bene a non fidarsi troppo dei consigli di Hitchcock, che in quei mesi non può certo immaginare che la “sua” Grace lo lascerà per diventare principessa di quel piccolo regno sulla Costa azzurra, costringendolo a cercare nei film successivi una nuova musa, bionda come lei. E quando Scottie Ferguson “trasforma” Judy in Madeleine, in una delle sequenze più drammatiche di Vertigo, Hitchcock racconta la sua ossessione a trasformare in Grace qualsiasi attrice con cui sta lavorando. Ed è ancora James Stewart che, come in Rear Window, è chiamato a interpretare il personaggio che diventa “regista” della storia, il doppio di Hitch.
Ma ovviamente nessuna può essere come “Hot Ice”, così algida e provocante. E se Grace Kelly decide che ti vuole sposare, tu non puoi proprio resisterle.
Charlie, cosa succede? Sembra che hai visto un fantasma.
Moe, è stato il commesso viaggiatore a uccidere il cane. È un assassino.
Come fai a saperlo?
L’ho visto. Ti ricordi che avevo visto che qualcuno aveva smosso i fiori? Stanotte sono scivolato fuori per scoprire cosa era successo. Ho cominciato a scavare e ho trovato qualcosa, ma poi ho sentito che la porta si apriva e sono scappato. Era quel Thorwald, quando ha visto la terra sul vialetto ha pensato che fosse stato il cane che era lì vicino. L’ha preso e l’ha strozzato.
Adesso cosa pensi di fare?
Lo vorrei denunciare alla polizia, ma sono sicuro che non mi crederebbero.
- Luca Billi ha pubblicato il romanzo Anything Goes (Villaggio Maori Edizioni), tra i cinque migliori libri musicali dell’anno per il premio CartaCanta. Ora Anything Goes è anche uno spettacolo teatrale, le prossime date qui
Nella foto di apertura, Hitch con Grace Kelly e James Stewart. Credit: Hitchcock on the set of ‘Rear Window’, 1954 by thefoxling is licensed under CC BY-NC-SA 2.0. Hitchcock on set of ‘Rear Window’, 1954 by thefoxling is licensed under CC BY-NC-SA 2.0. snapshot20080826100914 by davepattern is licensed under CC BY-NC-SA 2.0. snapshot20080826100027 by davepattern is licensed under CC BY-NC-SA 2.0.