La parola con cui indichiamo questi giorni tra la festa di Sant’Antonio Abate e il martedì che precede le Ceneri (che però i milanesi allungano fino ai vespri della domenica “in capite quadragesimae”) è relativamente recente: il primo testo scritto in cui viene citato il carnovale è una poesia del giullare del XIII secolo Matazone da Caligano. E si tratta già della festa cristiana, perché il termine indica chiaramente che in questo giorno viene “levata” – ossia viene tolta – la carne, in vista dei giorni di penitenza della quaresima. Si tratta però di una festa molto antica, forse la più antica tra quelle che noi ancora ricordiamo e celebriamo, perché è il momento dell’anno in cui il caos torna a prendere il sopravvento sull’ordine.
Semel in anno licet insanire, dicevano gli antichi, una volta all’anno è lecito “impazzire”, non rispettare le regole e le convenzioni, ma – beninteso – ciò è permesso solo una volta all’anno, perché per il resto quelle regole devono essere rigorosamente osservate. Ogni anno si rinnova lo scontro tra l’ordine e il disordine, ma l’esito della lotta è scontato: il caos non può tornare a vincere. Nonostante tutto il carnevale è una festa fortemente conservatrice, perché, proprio nel momento in cui apparentemente scioglie i vincoli sociali, li rende ancora più forti. Come il carnevale esiste – anche dal punto di vista etimologico – in funzione della quaresima, così questa temporanea sospensione dell’autorità e della gerarchia viene progressivamente raccontata o come qualcosa di terribile – le sacerdotesse di Dioniso erano considerate pazze, e diventeranno nei secoli successivi streghe, un ruolo che le donne dovranno spesso interpretare nel corso della storia – o come uno scherzo – e il ghigno demoniaco di Arlecchino diventerà la maschera rassicurante e clownesca di un servo sciocco.Il potere, che avrebbe dovuto avere paura del carnevale e di quello che rappresentava – e non a caso alla fine di questi giorni si faceva un rogo, un’altra terribile costante della storia – è riuscito a trasformarlo in una burla, in una festa assolutamente domestica, in cui fingendo di ribellarci, stringiamo ancora più forti le catene con cui siamo legati.
Nel 1559 Pieter Bruegel il Vecchio dipinge uno dei suoi quadri più famosi, La lotta tra Carnevale e Quaresima. L’artista non prende posizione, non sceglie nessuno dei due contendenti, entrambi caricature; in questo quadro così visionario i soli personaggi veri sono i poverissimi mendicanti, la cui condizione è descritta con crudo realismo. Per loro non c’era – e non c’è – carnevale, perché sono le vittime di questo ordine contro cui abbiamo smesso di lottare.
Nella foto in apertura, particolare della Caccia Selvaggia di Friedrich Wilhelm Heine (1882), che richiama la leggendaria “masnada di Hellequin”
- Luca Billi ha pubblicato il romanzo Anything Goes (Villaggio Maori Edizioni), tra i cinque migliori libri musicali dell’anno per il premio CartaCanta. Ora Anything Goes è anche uno spettacolo teatrale, le prossime date qui