Dopo aver riscosso grandi applausi nel Regno Unito – è il film indipendente di maggior successo dell’anno – The Quiet Girl dell’irlandese Colm Bairéad (esordiente sul lungometraggio di fiction, molti corti e un docu su Frank O’Connor in cv) si è preso anche la nomination come Miglior Film Internazionale agli Academy Awards 2023.
E ce ne sono i motivi: alcuni solidi e altri più o meno atmosferici. The Quiet Girl, tratto dal romanzo Foster della sofisticata storyteller Claire Keegan, calca la strada dei racconti di formazione – oggi quasi abusata forse perché in anni assai incerti non si cresce più e semmai crescendo ci si sfascia. Ma dunque: contea di Waterford, primi anni Ottanta. la piccola Catherine Clinch è Cáit, 9 anni, sbolognata dai suoi, scassati e poveri in canna nonché in attesa di un ennesimo marmocchio, ad anziani e sconosciuti (almeno a Cáit) cugini di campagna. Abbienti, però.
La bambina più che quiet è chiusa a doppia mandata in se stessa, dietro l’immagine quasi indecifrabile del suo bellissimo viso, il quale fa da sé metà del film, invitando lo spettatore a indovinare pensieri e stati d’animo della ragazzina sola e solitaria, quando non a preoccuparsi per lei.
La coppia dei cugini ricchi, i Kinsella, ha da principio un comportamento contraddittorio. La donna, Eibhlín, riserva a Cáit un’accoglienza un po’ impacciata ma premurosa, mentre l’uomo, Seán, mantiene freddamente e inspiegabilmente (inspiegabilmente?) le distanze.
The Quiet Girl è un film nitido nelle immagini e a volte un po’ bloccato nella sua misura estetica minimalista, fatta di sussurri e piccoli gesti tradotti in calligrafia. Ma è la scelta giusta, comprensibile, mentre il disagio dei personaggi a poco a poco si precisa e si scioglie, fino a portare, insieme alla scoperta di un passato segreto (intuibile ma non spoilerabile!), un cambiamento. La scena finale (non spoilerabile!) è da fazzoletti ma The Quiet Girl, se non si affida al ricatto delle lacrime, le provoca per sbloccare catarticamente the end.
Dicevamo sopra di motivi più o meno extrartistici che potrebbero spiegare il grande appeal della “ragazza quieta”: il principale è forse il bisogno di un cinema ben fatto, ben scritto, che stia lontano dalla ludica plastica seriale; insomma, il desiderio di un garbato cinema d’essai, come si sarebbe detto una volta, da consumare normalmente una sera prima o dopo la pizza… (a proposito, l’elenco delle sale è in aggiornamento qui)