Tempo fa mi trovavo in una trattoria dell’Appennino tosco-emiliano in uno dei paesi che sorgono alle spalle di Borgotaro, il centro principale, il cui nome compare a chi vi passa vicino affrontando curve e gallerie dell’autostrada Parma-La Spezia per recarsi in Versilia o ancora più giù sino a Pisa, a Livorno e in Maremma. Superato da Nord il lungo tunnel della Cisa si entra nella Lunigiana toscana e si trova Pontremoli, un paese simile, per numero di abitanti e per il buon cibo. Quest’ultimo è noto per il premio letterario Bancarella, ma anche l’altro per aver ospitato in molti anni le riunioni del Pen Club che si svolgevano nel castello del IX secolo di Compiano, un borgo medievale a pochi chilometri da Borgotaro, bello e affascinante come quelli delle fiabe.
Tornando alla trattoria in cui pranzavo insieme ad amici carissimi che vivono da quelle parti, per un caso mi resi conto che la Storia recente era passata anche da lì. Una Storia di attentati e poi di guerre cui appartiene anche il grave attentato di Marsiglia del 1934, quando venne assassinato Re Alessandro I di Jugoslavia e con lui morì il ministro degli Esteri francese Louis Barthou che lo aveva accolto al suo arrivo nel porto. Quell’episodio fu una delle premesse che portarono allo scoppio del secondo conflitto mondiale.
Il legame con la Storia di quei luoghi dell’Appenino me lo offrì uno degli amici che mi indicò una villa in stile liberty chiamata la “Villa degli Ustascia” perché aveva ospitato durante il fascismo, nel ’34, un gruppo di terroristi croati e il loro capo Ante Pavelić divenuto in seguito il crudele dittatore della Croazia durante l’occupazione nazifascista. Quella villa si trova nei pressi di Gotra, una frazione del piccolo comune di Albareto.
Che ci facevano da quelle parti gli Ustascia? mi chiesi incuriosito. Così scattò la scintilla che mi spinse a fare delle ricerche. Purtroppo i testimoni diretti di quel periodo lontano erano tutti scomparsi, ma trovai alcune testimonianze grazie anche a un documentario televisivo diffuso dalla Rai nel 1969.
Gli Ustascia avevano preso in affitto quella villa nell’estate del 1934, da luglio a fine settembre, al costo di circa 150 lire al mese. Lo raccontava nel ’69 all’intervistatore un signore anziano che ne era il proprietario. Gli “ospiti” stranieri erano in tutto 35, dei quali 25 soggiornavano nella villa e gli altri 10, i capi, in un albergo vicino.
“Erano persone per bene, molto gentili” aggiunge quel signore e gli fa eco anche la figlia che a quei tempi era una ragazza. “Compravano poco vino, tanto riso, caffè in abbondanza e molta verdura” racconta un negoziante di Bedonia, altro Comune vicino. Della spesa se ne occupava Vladimiro – diceva di essere bulgaro – che guidava la macchina di Ante Pavelić. “Lo chiamavamo il vegetariano per via della verdura, mangiava solo quella”. E Pavelić com’era? “Un bell’uomo molto gentile, alto quasi un metro e novanta, che parlava benissimo l’italiano”. Il 30 settembre gli ospiti se ne andarono e solo Vladimiro andò a salutare i padroni di casa. “Aveva le lacrime agli occhi”.
E fu proprio lui – Vlado Chernozemski – a sparare contro Alessandro I la cui auto scoperta sfilava il 9 ottobre in una via di Marsiglia. Con lui c’era Barthou, ucciso per sbaglio dai gendarmi francesi. Morì anche Vladimiro (Vlado) crivellato dai colpi. Le sue foto apparvero sui giornali italiani e venne riconosciuto anche dagli abitanti di quei paesi dell’Appennino.
Ecco cosa ci facevano gli Ustascia a Borgotaro: organizzavano l’attentato contro il re jugoslavo con l’appoggio di Mussolini il quale voleva imporre alla Jugoslavia “l’ala protettrice” del fascismo italiano e non voleva che quella giovane nazione passasse dalla parte delle democrazie.
Gli Ustascia si esercitavano militarmente con lunghe marce attraverso i monti poco abitati, e avevano a disposizione un vasto terreno che adattarono a poligono di tiro usando fucili e bombe a mano. Agenti della milizia fascista impedivano agli estranei di inoltrarsi da quelle parti. Sempre nel documentario un calzolaio della zona racconta che gli portavano spesso a riparare le scarpe. “Erano scarponi di tipo militare”. Ovviamente a Roma sapevano tutto e proprio nella capitale era stato organizzato l’attentato.
Il regno di Jugoslavia era nato subito dopo la fine della prima guerra mondiale. Fu imposto dal trattato di Versailles che sanciva l’accorpamento dei Balcani alla Serbia su cui regnava Alessandro. Fu uno dei tanti errori commessi al tavolo delle trattative di pace perché la situazione dei Balcani del 1919 era come quella degli Anni ’90 del dopo Tito. I Croati per primi non avevano accettato l’unificazione e tramite il movimento nazional fascista degli Ustascia – finanziato dall’Italia -avevano dato inizio a una campagna di attentati.
Gli interventi fascisti in Europa continuarono con l’aiuto militare (insieme alla Germania) al generale golpista Franco durante la guerra civile spagnola. E proprio in quel periodo nel giugno 1937 vennero assassinati in Francia i fratelli Rosselli. Per organizzare questo attentato Mussolini affidò l’incarico a Galeazzo Ciano, ministro degli esteri e suo genero. Gli assassini furono due membri della Cagoule, il movimento terrorista francese finanziato da Roma. Costoro vennero arrestati a Napoli dall’Ovra (il servizio segreto del regime) per traffico di armi. Furono subito rilasciati e rimandati in Francia con il compito di eliminare Carlo Rosselli considerato un “pericoloso antifascista”. Con lui morì anche il fratello Nello.
Di fronte all’ingerenza fascista in Europa e poi anche tedesca, la Francia non reagì e così fece anche la Gran Bretagna. Nel 1941 l’Italia con l’aiuto tedesco invase la Jugoslavia. Il Paese venne smembrato: la Slovenia divenne una provincia italiana e la Croazia un regno in cui il sovrano, Aimone di Savoia Aosta, non mise mai piede. Al suo posto lo governò con il terrore Ante Pavelić.
Foto in apertura: Ante Pavelić con Benito Mussolini