È il 5 novembre 1959. Il pubblico americano che quel giovedì decide di vedere uno dei film prodotti e distribuiti dalla Columbia – che sia la divertente commedia The Mouse That Roared con Peter Sellers o Battle of the Coral Sea su un eroico equipaggio di sommergibilisti durante la seconda guerra mondiale o ancora The Warrior and the Slave Girl, un peplum a basso costo girato in Italia – al prezzo del biglietto può assistere anche al primo episodio di una nuova serie di cartoni animati. Ancora per qualche anno nella sale i film saranno preceduti da un cortometraggio di animazione, anche se ormai i cartoni stanno diventando prodotti esclusivamente televisivi.
Quelli che sono soliti leggere i titoli di testa si sono accorti che quel cartone è realizzato da William Hanna e Joseph Barbera, gli autori della fortunata serie Tom and Jerry prodotta dalla Metro-Goldwyn-Mayer dal 1940 al 1958. William e Joseph non lavorano più per la MGM, perché quello studio li ha licenziati, dopo aver deciso di chiudere il reparto di animazione, proprio perché ormai i cartoni al cinema sono un prodotto superato. I due hanno aperto una loro, per ora piccola, casa di produzione. Alla fine degli anni Cinquanta realizzano alcune serie per la televisione, che ottengono un discreto successo – anche se non paragonabile a quello di Tom e Jerry – come quelle che hanno come protagonisti Yoghi, Braccobaldo, Ernesto Sparalesto. Sollecitati dai produttori della Columbia, decidono di tornare al cinema: sarà la prima e l’ultima serie che realizzeranno per il grande schermo. Anche perché stanno per lanciare in televisione una nuova serie dedicata a una famiglia che vive nell’età della pietra. E sarà un successo al di là di ogni aspettativa.
Ma torniamo al novembre del 1959. Il protagonista di quel cartone animato è un lupo antropomorfo, che si chiama Loopy De Loop – come vediamo sulla buchetta per la posta davanti a casa sua. Il nome richiama sia la parola latina per questo feroce animale sia il loop, il salto all’indietro dei voli acrobatici. Il nostro lupo indossa una cuffia e una sciarpa entrambe gialle ed evidentemente deve superare i postumi di un brutto incidente, visto che si è rotto – non sappiamo come – un braccio e una gamba. Parla con un curioso accento francese – come quelli del Québec quando si sforzano di usare l’inglese – ha un tono gentile, forse un po’ cerimonioso, ci mostra il libro che sta leggendo e ci annuncia che racconterà la vera storia di Cappuccetto Rosso. E siamo “trascinati” con lui, nel libro e nella storia.
La bambina, mentre attraversa il bosco per raggiungere la casa della nonna, viene avvicinata dai tre porcellini, una banda di teppistelli che le ruba il cestino delle provviste. Loopy, che assiste alla scena, si avvicina alla bambina in lacrime che però, resasi conto che si tratta di un lupo, lo afferra per la coda e lo sbatte diverse volte a terra, dimostrando un’incredibile forza. Loopy non reagisce – anzi sembra comprendere i timori della piccina – e incassa quelle botte. Ma, essendo gentile, non rinuncia alla missione di recuperare il cestino. Arrivato alla solida casa in mattoni della banda, i tre porcellini lo sfidano ad abbatterla con un soffio, ma Loopy escogita uno stratagemma che gli permette di recuperare comunque il “bottino”. Va quindi a casa della nonna e la dolce vecchina, accortasi che si tratta di un lupo, dimostra un’inattesa energia, lo afferra per la coda e, ancora una volta, Loopy le prende di santa ragione. Il lupo neppure in questo caso reagisce, ma si dimostra davvero charmant e i suoi complimenti – e quell’accento francese – affascinano la nonna, che si tranquillizza. Arriva però Cappuccetto Rosso che imbraccia un fucile. Loopy, a questo punto, non può che fuggire. Siamo di nuovo nel giardino della casetta di Loopy, che chiude il libro: la storia sembra finita. Ma la nonna ha altre idee e, travestita da Cappuccetto Rosso, lo insegue per riprendere il corteggiamento. La fuga del lupo continua.
Loopy De Loop ha un successo immediato e la Hanna-Barbera produce, dalla fine del 1959 al giugno del 1965, quarantotto episodi, di circa sette minuti l’uno, destinati ai cinema con protagonista questo lupo gentile e sfortunato, che si sforza di essere accettato dagli altri. Ken Muse che, dopo aver lavorato per Disney in Pinocchio e Fantasia, è stato uno dei “padri” alla MGM di Tom e Jerry, è l’animatore dei primi episodi. Dopo saranno altri grandi nomi dello studio, come Carlo Vinci, Dick Lundy e George Nichols a curare l’animazione. È Daws Butler a dare la voce a Loopy De Loop. Forse il suo nome non vi dice nulla, eppure è un grande dell’animazione americana, visto che è il doppiatore originale di Yoghi, Braccobaldo, Ernesto Sparalesto e Babalui, Svicolone, Wally Gator, Peter Potamos, Barney Rubbles, Napo Orso Capo e molti altri personaggi della Hanna-Barbera. La casa di produzione mette i suoi migliori “artigiani” al lavoro sulla serie dedicata a questo lupo sfortunato.
In diverse delle sue avventure gli sceneggiatori giocano con le fiabe più classiche, come avviene appunto nel primo episodio. Ad esempio Loopy incontra Hansel e Gretel, che però rifiutano l’aiuto del lupo che li vorrebbe far fuggire dalla casa di marzapane. Biancaneve invita il lupo a casa, ma i sette nani non sono d’’accordo. In un altro episodio Loopy tenta anche di convincere il Lupo cattivo di Cappuccetto a cambiare vita e a diventare vegetariano come lui, senza successo. Loopy è anche il fondatore della S.S.A., la Sheeps Stealers Anonymous, in cui organizza gli incontri con altri lupi che cercano di uscire dalla “dipendenza” verso le pecore: un’altra impresa destinata al fallimento.
In un giorno in cui Riccioli d’oro è fuori di casa, deve fare da baby-sitter al piccolo orso: un compito che si rivela troppo difficoltoso anche per un tipo gentile e paziente come lui. Mentre ha più fortuna quando riesce ad aiutare il Principe Azzurro a trovare Cenerentola, che però si spaventa quando si rende conto che è un lupo. Quando va bene le avventure di Loopy finiscono con una fuga precipitosa, ma più spesso viene picchiato. Adesso capiamo il motivo di quelle ingessature del primo episodio.
In genere Loopy si caccia nei guai proprio a causa della sua gentilezza: cerca di aiutare tutti, ma scopre, suo malgrado, che molti non vogliono essere aiutati. E specialmente da un lupo. Un altro dei motivi ricorrenti degli episodi è che tutto sembra andare bene, fino a quando Loopy non si presenta, perché lui è orgoglioso di essere un lupo “diverso”, “a good wolf”, come dice sempre. Ad esempio in Life with Loopy lo vediamo in terapia, mentre racconta di quando ha cercato di diventare un cane da pastore. Il suo padrone era così contento di lui e del suo lavoro, da spingere Loopy a dirgli che era un lupo. Ovviamente costringendolo a una rapida fuga. Ma a questo punto anche il terapista si rende conto che si tratta di un lupo e lo caccia fuori dal suo studio.
In Italia Loopy De Loop arriva già nel 1962. Viene ribattezzato Palmiro De Lupis ed è il protagonista di Le eroiche battaglie di Palmiro lupo crumiro, un film prodotto dalla Titania Film, che viene distribuito al cinema montando insieme dodici episodi. Quelli della Titania inseriscono questi episodi autoconclusivi e con nessun legame l’uno con l’altro in una sorta di “cornice”, ossia le pagine di un libro con il titolo dell’episodio, nella tradizione aperta dalla Disney nei suoi classici animati. E si inventano anche un finale: infatti nell’ultimo cartello si dice che Palmiro, stanco di prenderle sempre, ha deciso di cambiare vita e di diventare un lupo cattivo, adeguandosi a quello che gli altri pensano da sempre di lui.
Nel 1969 gli episodi vengono nuovamente doppiati e trasmessi, dal 30 settembre di quell’anno, sul Programma Nazionale. Questa volta la voce del protagonista, con un lieve accento inglese, è quella di Antonio Guidi, uno dei grandi del doppiaggio italiano e anche un volto familiare della televisione, visto che per alcuni anni ha condotto Il teatro di Arlecchino, un programma dedicato alle maschere e alla commedia dell’arte. Loopy diventa allora Lupo de’ Lupi. Solo qualche anno dopo, in un successivo doppiaggio – con la voce di Roberto Del Giudice – diventa Lupo de’ Lupis. Come noi lo conosciamo.
Ma torniamo nell’America di quel freddo giovedì di inizio novembre. In molte sale cinematografiche degli Stati del Sud bianchi e neri devono sedere in posti separati e ovviamente i primi hanno quelli migliori. Tutti ridono di fronte alle disavventure di quel personaggio, ma qualcuno comincia a pensare. Loopy viene giudicato non per quello che fa, ma per quello è: a nessuno importa che sia un lupo rispettoso delle regole, un altruista, perché quando lo guardano vedono solo un lupo. Ma quello che fa davvero infuriare quelli che hanno questi pregiudizi contro di lui è il fatto che Loopy non alza mai la voce, non protesta, lui continua imperterrito a fare le sue buone azioni. Alla violenza Loopy De Loop risponde con la gentilezza: non c’è nulla di più rivoluzionario. E anche altri lupi “buoni” faticano a capire questa ostinazione di Loopy, la giudicano una forma di arrendevolezza. Ma a lui sembra davvero non importare. Lui sa la verità e la dice: “I’m Loopy De Loop. I’m a good wolf”. E questo vi deve bastare.
I cinque anni in cui Loopy De Loop appare sugli schermi, l’America cambia in maniera profonda.
Il 6 maggio 1960 il presidente Eisenhower firma il Civil Rights Act, la legge federale che istituisce ispezioni e detta le sanzioni per chi impedisce ai neri di votare.
Dal 1 novembre 1961 sui mezzi di trasporto pubblico interstatale nessun posto può essere riservato in base al colore della pelle, al credo religioso o all’origine nazionale.
Il 28 agosto 1963 duecentocinquantamila persone arrivano a Washington per la Marcia per il lavoro e la libertà. La maggioranza della folla assiepata di fronte al Lincoln Memorial è composta da afroamericani, ma sono tanti i bianchi che hanno aderito. Quel giorno Martin Luther King pronuncia il celeberrimo discorso che comincia con le parole “I have a dream”.
Il 2 luglio 1964 il presidente Johnson, dopo un lungo e sofferto iter legislativo, promulga il Civil Rights Act: vengono dichiarate illegali le disparità di registrazione nelle elezioni e la segregazione razziale nelle scuole, sui posti di lavoro e in tutte le strutture pubbliche
Loopy De Loop è consapevole che non basta una firma sotto una legge per cambiare le teste delle persone, sa che il futuro sarà difficile – come dirà nel 1967 Spencer Tracy nello spelndido monologo che chiude Guess Who’s Coming to Dinner – ma è altrettanto sicuro che senza quella legge la sua battaglia sarebbe vana. È contento di aver fatto la sua parte, di aver dato il suo contributo alla lotta. Con gentilezza.
- Luca Billi ha pubblicato il romanzo Anything Goes (Villaggio Maori Edizioni). Anything Goes è anche uno spettacolo teatrale. Per tenersi informati, qui
(Credit: The logo for Loopy De Loop. “Tom-and-Jerry-tom-and-jerry-81353_800_600” by momokacma is licensed under CC BY 2.0. “File:Daws Butler (1976).jpg” by Alan Light is licensed under CC BY 2.0. 1994 Arby’s Hanna-Barbera Cartoon Collector Cards by andertoons is licensed under CC BY 2.0.)