La prima volta che la Cia (Lucia) venne a suonare alla porta era già mezzanotte. Voleva che la seguissi a casa sua. “A jé d’la gent a ca’ miia!” (c’è della gente a casa mia) ripeteva, con un’espressione molto preoccupata. Mi buttai qualcosa sulle spalle e uscii. Mentre percorrevo i pochi metri che separavano le nostre abitazioni a Conzano, piccolo Comune in provincia di Alessandria, lei continuava a ripetermi ansiosamente “a jé d’la gent a ca’ miia!”. Tutte le finestre della casa erano illuminate. Non percepivo alcun rumore. Questo, stranamente, mi preoccupava. Esitai ad entrare. Avevo il cuore in gola. Presi a salire le scale. Pensavo a ciò che avrei potuto fare per affrontare gli intrusi, senza avere la minima idea di come avrei gestito la situazione. Entrai. La prima camera era vuota. La seconda… anche. Al piano superiore… nessuno. Mi rilassai pensando: per fortuna se ne sono già andati. Nel frattempo la Cia, alla quale avevo intimato di non entrare, mi raggiungeva in cucina e con gli occhi sbarrati, indicando il divano, diceva in dialetto: “Li vedi, stanno li, come se fossero a casa loro, e c’è anche una donna. Mandali via! Mandali via!”. Solo allora capii.
La scena si ripeté altre volte, ma non rappresentava più una preoccupazione. Semplicemente la Cia, in alcuni momenti, vedeva cose che noi non vedevamo. Forse era una persona illuminata. O forse vedeva nel futuro. Chissà.
Eravamo negli anni Novanta, uno strano periodo, nel quale molte cose cambiarono rapidamente.
Poco tempo dopo la Cia ci lasciò. La casa passò di proprietà e dopo un tentativo di recupero, rimase definitivamente chiusa. Non fu mai più abitata.
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Negli stessi anni, dall’altra parte del mondo, un uomo era intento a riordinare vecchi oggetti di famiglia. Si ritrovò tra le mani un diario. Il diario di sua nonna Julia. Ne rimase sorpreso e incuriosito, ma non poté leggerlo immediatamente. Il diario era scritto in spagnolo, lingua che non conosceva. Stephen, questo il suo nome, a quel tempo insegnava arte in alcune scuole australiane, ma esercitava anche come artista. Il diario, una volta tradotto, presentò una realtà che Steve già conosceva, ma che mai l’aveva coinvolto in quel modo. Quelle pagine raccontano l’odissea della sua famiglia che, costretta a imbarcarsi su una nave, aveva lasciato il Libano e fatto scalo a Port Said. In questo porto egiziano venne alla luce Julia. Il viaggio proseguì con molte difficoltà e dopo diversi scali la nave raggiunse finalmente Cuba. Qui la famiglia si stabilì per diversi anni prima di proseguire per l’Australia. A Cuba Julia visse la sua giovinezza, forse gli anni più felici della sua vita, quelli narrati nel diario, dove racconta le amicizie, i desideri, le inquietudini e le speranze, insieme alla sua contrarietà a trasferirsi in Australia, là dove invece la famiglia migrò e dove lei visse il resto della sua vita.
Leggendo il diario Steve rifletté sull’essenza della migrazione che, nella sua Australia, riguarda tutte le famiglie. Solo gli indigeni rimasti ne sono estranei. Si interrogò su questo fenomeno che aveva trasformato il suo continente.
Sentì il bisogno di partire. Desiderava conoscere i luoghi dove la sua famiglia aveva vissuto. Gli amici lo scoraggiavano. Andare in Paesi così oscuri: Libano, Cuba… Ma sei impazzito? No, Stephen era tranquillo. Ci voleva ben altro per dissuaderlo. Si mise in viaggio. Visitò i luoghi dove Julia visse, lasciandosi permeare dal contesto quotidiano e cercando di cogliere nella sua universalità il significato profondo di questa peregrinazione. Attraversò terre straniere, incontrò persone in luoghi a lui estranei, scambiò riflessioni, parlò con artisti e si confrontò nelle accademie.
Tornò a casa contento. Carico di ispirazione, con il desiderio di dar seguito a una nuova creatività.
Ora l’Australia gli appariva come la zattera della Méduse, col suo carico umano, in balia dell’oceano. Ma dove starà andando? si chiese.
Fu cosi che videro la luce alcuni sue creazioni come: Raft-The Drifting Border, Transit, Trackless Domain 2, Longitude/Latitude Series, Corrugated Sea, che vennero esposte in vari musei in diverse parti del mondo.
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Qualche anno fa, prima della pandemia, mi capitò di uscire di casa. Appena messo piede in strada, notai alcune persone che guardavano nella mia direzione. Sorridevano. Decisi di avvicinarmi. Tra loro c’era Albina, un’artista di Conzano. Mi presentò i suoi ospiti, Stephen e Meredith. “Sono due artisti, vivono in Australia e sono interessati alla vecchia casa della Cia”. Rimasi sorpreso. La casa era andata all’asta per diversi anni senza trovare un acquirente. Singolare che potesse interessare a degli australiani.
Sarà per quella comunicazione non verbale, che dice più di mille parole, o sarà per i sorrisi di complice intesa che, nonostante la mia intolleranza mentale verso l’inglese, mi ritrovai a raccontare in un improbabile idioma episodi fantastici sulla casa. Non per scoraggiarli, ma per svelare che per me quella casa aveva qualcosa di magico. L’incontro fu breve ma intenso, e dopo alcune battute d’intesa, li salutai con un ultimo cenno della mano, pensando che la storia non potesse avere un seguito.
Tempo dopo, in piena pandemia, venni a sapere che “gli australiani” stavano procedendo all’acquisto della casa. Superarono una serie di problemi burocratici e nonostante la distanza fisica, l’affare andò in porto.
L’Australia è stato uno dei Paesi che ha promulgato le regole più rigide riguardo la pandemia, limitando all’inverosimile la possibilità di entrare o uscire dai suoi confini. Steve e Marry non si sono arresi. Hanno iniziato il recupero dell’abitazione, gestendo a distanza i contatti con geometri, muratori, idraulici, elettricisti…
Quando Steve cominciò a pubblicare online alcuni rendering sulla ristrutturazione, si scoprì che il progetto era veramente singolare. Recuperare una parte della casa come abitazione e nel resto del fabbricato, dove c’erano la stalla e il fienile, realizzare un museo. Un museo sulla migrazione.
Dire che siamo rimasti un po’ tutti sorpresi è dir poco. Di questi tempi poi. Ma a Conzano ci possono essere i presupposti. Il Comune è gemellato con Ingham e ha un solido legame con l’Australia, alla quale ha intitolato la piazza principale, dove un canguro dell’artista Gribaudo ormai da anni campeggia in alto su un muro. Il motivo è dovuto alla massiccia emigrazione di diverse famiglie e di buona parte della popolazione giovanile verso il Queensland, all’inizio del ventesimo secolo.
Non è stata questa ragione però a portare Stephen e Meredith a Conzano. Avevano immaginato di realizzare il loro progetto altrove. Solo per il gioco del caso sono capitati nel borgo monferrino. E come succede negli innamoramenti si sono sentiti subito attratti da questi luoghi e da questo contesto urbano al punto da ribattezzare via Mezzavilla, la via centrale del paese, Magicvilla.
E un’altra sorpresa ci attende: la comparsa di suor Stefanella. Lei è nata proprio in quella casa e, appena saputo del loro insediamento, li contatta immediatamente, sentendosi coinvolta in prima persona. Come se non bastasse si proclama una “migrante di Dio”. A Meredith e Steve queste coincidenze sono piaciute moltissimo e le considerano un sorprendente segno del destino. Nonostante i suoi 89 anni suor Stefanella è lucidissima e con un ottimo inglese li incoraggia telefonicamente, raccontando loro le sue esperienze in Paesi africani, dove ha operato per molti anni e dove vorrebbe tornare a concludere la sua vita. Non sappiamo se questo sarà possibile. Sappiamo però che nel museo ci sarà uno spazio dedicato alla sua singolare e preziosa testimonianza.
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Ed è cosi che la vecchia casa abbandonata della Cia è nuovamente abitata. Non solo dai nuovi proprietari e dai loro ospiti, ma soprattutto “d’la gent”, che noi immaginiamo come visitatori attenti e curiosi, mentre riflettono tra le opere degli artisti e le testimonianze esposte, interrogandosi sulle ragioni di un evento che ha segnato e segnerà per molti anni ancora le vite di molti abitanti del pianeta.
Chissà se è questo, quello che vedeva già allora Lucia?
Il 27 agosto 2023 a Conzano, in via Mezzavilla 37, è stato inaugurato il museo sulla migrazione. Le opere sono dell’artista australiano Stephen Copland e l’esposizione è curata dalla moglie Meredith Brice.
- Credit foto: Stephen Copland e Meredith Brice. Foto in apertura: Julia (al centro) e la sua famiglia.