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Han Kang. L’ora di greco come ricerca di libertà

La cecità di Jorge Luis Borges, “spada” che cala tra lo scrittore argentino e il resto del creato, fa da incipit al romanzo di Han Kang – coreana del Sud, classe 1970, un Man Booker International Prize vinto nel 2016 con La vegetariana (Adelphi) e un premio Nobel conquistato nel 2024  la quale forse tratta qui dell’ingannevole impotenza dei nostri sensi.

L’ora di greco (Adelphi) non a caso nasce da una frase scolpita su una lastra tombale, poiché riecheggia nel mortuario mutismo che una donna coreana ha già patito e superato durante l’adolescenza.

Allora, il silenzio si era sciolto grazie a una parola francese – bibliothèque! Niente di più borgesiano – e forse per questo, adesso, la donna – che è stata una bambina prodigio quando si rifugiava tra gli ideogrammi della sua lingua, sotto una sorta di protettivo bosco lessicale, ma è poi diventata una sposa e una madre infelice – la donna, dicevamo, frequenta delle lezioni di greco. Il greco, a Seoul, come un linguaggio preciso, ordinato, perfetto, prima ancora che esotico, e soprattutto incorrotto dalle insidie del parlato quotidiano…

Anche il professore di greco racchiude un imprevedibile mondo di privazione. Sembra ancora un giovane dottorando ma, dietro gli occhiali spessi, sta perdendo a poco a poco la vista: è ritornato a Seoul, dopo aver vissuto con i genitori in Germania e aver amato una ragazza sorda la quale non ha saputo capirne le intenzioni. Adesso lui le scrive nostalgiche lettere d’amore…

Ecco. È tornata a una dimensione privata e molto sentimentale – il sentimento celato dietro il problematico valore da assegnare all’esistenza stessa – Han Kang, da noi nota anche per Atti Umani (Adelphi) dove si apriva alla politica – Corea del Sud, maggio 1980: il colpo di Stato di Chun Doo-hwan, per cui entra in vigore la legge marziale, lastrica di cadaveri una palestra comunale…

Han Kang

Ma non è del tutto vero. Qui la scrittura di Han Kang è ancora politica, così come gli organi del senso, gli occhi e la bocca, sono il segno di una possibile per quanto sofferta occupazione della realtà circostante e di un destino il quale si può almeno scrivere e riscrivere. Che si riesca poi a trovare a Seoul un punto fermo, di guarigione, di liberazione, nella lingua greca, è solo un paradossale accadimento, come quello di riaprire qui, in Italia, per sfizio o curiosità, un dialogo di Platone…

Traduzione di Lia Iovenitti

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