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Scotti e Uragami. Shimaguni, il giro del Giappone in 50 isole

Shimaguni viene presentato il 5 aprile alle 21 al Circolo dei lettori di Torino (via Bogino, 9). Con Francesca Scotti, ci sono Eloisa Morra e Asuka Ozumi. Introduce Andrea Lorè

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Guardiamo prima, come farebbero i bambini, le figure dell’atlante. Colpiscono i disegni di Uragami Kazuhisa, efficace osservatore del Giappone contemporaneo: a tutta pagina, hanno un attraente effetto di vuoto e di silenzio. Si aprono alla collaborazione del lettore, quasi la richiedono, invitando a muoversi seppure con la fantasia, a mettersi in cammino. Ma come e per dove?

Shimaguni (Bompiani 2023), il libro che stiamo sfogliando, è a modo suo, abbastanza a modo suo, un autentico quaderno di viaggio in Giappone, il “Paese arcipelago” del titolo.

Illustrato atlante letterario – un “atlante narrato”, però, ed è importante notarlo – descrive una per una alcune isole, esattamente 50, scelte tra le 14 mila che compongono in un numero che tende all’infinito la cartina geografica del Paese – prima del conteggio del 1987 sembrava che fossero la metà.

Scritto da Francesca Scotti, servito appunto dai disegni di Uragami, Shimaguni è nei fatti per più versi un prodotto ibrido e non tanto per la commistione tra immagini e parole.

Il carattere ibrido del volume si rivela, non appena iniziamo a leggere e a orientarci, proprio tra le parole.

Tra realtà e immaginazione, Scotti affronta una a una le sue isole con il grande rispetto dovuto a un luogo in cui abitualmente vive per metà dell’anno e di cui, lontanissima da scontati propositi turistici e da fashion tips metropolitani, cerca la parte più intima e nascosta, avvalendosi dell’aiuto di innumerevoli spiriti (kami) e genii loci (ki).

Scotti viaggia, pur nella precisione geografica e storica, nell’episodio e nell’aneddoto, verso ciò che è nascosto, verso il mistero, spesso – e giudicate voi, di volta in volta, di isola in isola, se le riesce il gioco di prestigio – verso l’incanto, la trasmissione di un senso di meraviglia.

Nella perlustrazioni di luoghi, che è insieme un ampliamento dello sguardo e una ricerca dell’Altro – scusate, ma in questo periodo leggo troppi vecchi francesi -, viene imbeccata, oltre che dai kami che tutto sanno, dagli incontri in carne e ossa che prestano frammenti di un’esperienza.

Ganryujima

Ci sono così aperture continue di orizzonte in Shimaguni, l’affiorare di altre isole tra le isole, una moltiplicazione di isole (vere e metaforiche), mentre Scotti si reca per esempio nei luoghi di culto, dove esiste – identikit imprevisto di un Paese che sembra muoversi veloce verso il futuro dietro l’input di una frenetica efficienza – un raccoglimento privato e allo stesso tempo una spiritualità condivisa.

Rispetto: Scotti non guarda mai dall’alto in basso, e la sua cura si manifesta nella sorvegliata scrittura, sia che racconti un antico duello – a Ganryujima, per esempio, ce n’è uno che non è mai finito –  o un singolare rito che sancisce il divenire, come la ricostruzione periodica del santuario a Shinojima; sia che approdi nell’isola femminile di Takeshima, cara alla divina Benten, o giunga a Itsukushima e alle acque da cui sorge il grande torii vermiglio, oppure contempli l’isola-scoglio di Sōfugan che non presenta nemmeno la possibilità di un approdo; sia che affronti complesse realtà geografiche, luoghi cari alla letteratura (Kamishima, l’isola de La voce delle onde di Mishima Yukio), isole in abbandono come Hashima, legata a dimenticate attività produttive, o fiammeggianti di vita come Fukuejima, dove i bambini si trasformano in volpi danzanti… Isole perse e riaffiorate in un mare che è da sempre isolamento e separazione, ma pure forza di sostentamento e coesivo documento d’identità, nell’arte e nell’immaginario del Giappone – in fondo, “anche Ponyo e Godzilla arrivano dal mare”.

Shinojima

Il rispetto, dicevamo, è evidente nella dimensione più spiccatamente letteraria del libro. Il testo mescola e alterna racconto e saggio, divagazione e dialogo – il tu rivolto al lettore è un invito costante a entrare tra le pagine – in senso lato prosa e poesia, il tutto unito nel tono della voce e nel modo in cui questa scandisce le parole. Sempre lieve ma insistente, sempre prudente ma limpida, nitida e sicura, quasi che il testo mostri, senza mai ostentare, la punta di iceberg di una profonda conoscenza dell’argomento e di una solida padronanza del mestiere di scrivere. Chiudendo l’atlante, e senza fare a torto ai colori spesso rosati di Uragami, si può pensare che il libro di Scotti potrebbe essere fatto di solo testo e inscriversi in una tradizione di letteratura fantastica che ha creato geografie di sogno e “città invisibili”.

Nella foto di apertura, Takeshima (part.)

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