Per un curioso paradosso, la più inverosimile delle fake news per giustificare una guerra è anche la più celebre, quella che gode oggi di una notevole fortuna: sinceramente nessuno può davvero credere che i re di tutte le città greche abbiano deciso di partecipare alla spedizione contro Troia, organizzata da Agamennone, solo per riportare a Sparta Elena, tanto più che avevano un pessimo giudizio su Menelao e che pensavano che quelle corna se le fosse proprio meritate. E non ci crede neppure Omero, che appare in imbarazzo quelle poche volte in cui è costretto a citare quell’episodio: per sua fortuna egli racconta quello che è successo in cinquantun giorni del decimo anno di guerra, quando tutti si sono ormai dimenticati delle menzogne che hanno raccontato per giustificare quel conflitto. E poi Omero è un poeta, che vuole raccontare una storia dell’amore, quella di Achille e di Patroclo, destinata a concludersi in modo tragico.
Per questo forse non ha il coraggio di raccontare perché quella guerra era scoppiata: le città greche, che si stavano sviluppando, in cui stava crescendo una classe di mercanti sempre più intraprendenti e di uomini legati alla finanza, avevano bisogno di togliere a Troia il controllo dell’Ellesponto – quello che in altra epoca chiameremo stretto dei Dardanelli – e quindi della navigazione verso le terre che si affacciavano sul ponto Eusino, ricche di risorse minerarie e tra le zone di maggior produzione di cereali del mondo antico. Questo però non si poteva raccontare e con Troia non funzionava neppure la storia, sempre molto usata per giustificare una guerra, dello scontro tra civiltà. I troiani parlavano greco, la città era protetta da un’antichissima statua lignea di Atena, anzi erano quelli che attaccavano a essere culturalmente e artisticamente un passo indietro rispetto alla grande e antica città che dominava l’Ellesponto.
In questi giorni molte altre navi hanno solcato le acque del Mediterraneo, navigando verso oriente: sono molto diverse da quelle descritte da Omero, che erano spinte soltanto dalla forza dei venti e da quella dei rematori. E sono state molto diverse le bugie di Agamennone e nessuno di quelli che ne hanno cantato le gesta ha avuto la stessa ritrosia di Omero a diffondere le sue menzogne. Non appena Agamennone ha detto che l’esercito di Troia ha usato delle armi chimiche, in tantissimi gli hanno dato ragione, si sono fatti fotografare con una mano sulla bocca e hanno scritto elzeviri per dire che è proprio vero, che quelle armi sono state usate, i più audaci hanno detto di averne sentito perfino la puzza, a chilometri di distanza. Curiosamente, mentre le bugie sono così diverse, le ragioni, vere, sono così uguali. Agamennone e i re suoi alleati hanno deciso di organizzare queste spedizioni, perché c’è una classe di banchieri, di mercanti, di industriali, che ha bisogno di questi conflitti, perché una guerra fa guadagnare soldi, molti soldi, a chi sa come sfruttarla. Ma questo è meglio non raccontarlo, toglie eroismo, toglie fascino alla guerra.
Omero non ci racconta molte morti, descrive tanti combattimenti, ma pochi morti, perché vuole raccontarci le morti importanti, quella di Patroclo per mano di Ettore e quella di Ettore per mano di Achille. E così sappiamo – come sapeva lo stesso Achille – che anche lui morirà, perché il suo destino è strettamente legato a quello dell’eroe troiano: morto Ettore, anche lui è destinato a soccombere, nonostante la sua invincibilità. Eppure tante donne e tanti uomini morirono quando Troia fu alla fine sconfitta, Omero non ce lo vuole raccontare, ma quella guerra fece soprattutto vittime tra i civili. Gran parte dei soldati greci partirono vivi dalla spiaggia di Troia, anche se tanti di loro non arrivarono mai a casa, come i compagni di Odisseo o vennero uccisi quando giunsero in patria, come Agamennone. Gran parte dei soldati di Agamennone sono tornati a casa anche nei nostri tempi, anche perché la loro guerra è molto diversa da quella degli antichi, possono combattere rimanendo lontani dai loro nemici; sono tornati a casa, ma sappiamo che tante volte il loro ritorno non è stato né semplice né felice, perché una guerra ti lascia dentro delle ferite, anche quando la combatti davanti a uno schermo, quando le persone che uccidi sono punti luminosi, come in un videogame. La cosa che invece è proprio uguale in queste storie è che quando Troia, ancora una volta, è caduta, sono rimasti tra le macerie le donne e i bambini, quelli più deboli, quelli che non avrebbero voluto combattere, quelli che non avevano nulla da guadagnare dalla guerra. Come è sempre stato, e come sempre sarà, sono loro, solo loro, le vittime dalla guerra, anche quando sopravviveranno alla catastrofe, perché Troia non ci sarà più, dopo che l’avremo distrutta e non sarà più possibile ricostruirla. Ma anche su questo preferiamo ascoltare delle menzogne.
Nella immagine, Fuga di Enea da Troia di Federico Barocci
- Luca Billi ha pubblicato il romanzo Anything Goes (Villaggio Maori Edizioni). Anything Goes è anche uno spettacolo teatrale, per saperne di più qui