C’è un villaggio dedicato alle persone con Alzheimer. Si trova a Monza e ci vivono 64 ospiti. Si chiama Paese Ritrovato.
Annamaria è veneziana, ha i capelli bianchi raccolti in una treccia e un sorriso bellissimo. Il figlio Marco racconta come fosse una persona indipendente, che andava dappertutto. «Quando è tornata a casa con l’auto demolita, senza sapere dove e come fosse accaduto, ci siamo resi conto che non stava bene. Era sempre agitata, in ansia, arrabbiata». Dopo la diagnosi di Alzheimer, «l’abbiamo portata qui, al Paese Ritrovato. Da allora è felice. Di una felicità non è cosa apparente, ma reale. Il futuro? L’evolversi della malattia. Lo vediamo a ogni incontro che abbiamo perso un pezzetto di terreno…».
La storia di Annamaria, insieme a quelle di Sante, Angelina, Antonella, sono raccontate nel docufilm La memoria delle emozioni. Presentato in anteprima a Venezia durante la 80ª Mostra internazionale del Cinema, il documentario, prodotto da Libero Produzioni in collaborazione con Rai Documentari, mostra la vita di uomini e donne nel Paese Ritrovato a Monza, un villaggio dedicato alle persone con Alzheimer, fondato da La Meridiana Società Cooperativa Sociale che da quasi mezzo secolo si occupa di assistere e curare le persone anziane.
Proiettato al Teatro Parenti di Milano, trasmesso in tv, ora il docufilm inizierà a girare per le sale italiane.
Il Paese Ritrovato è una vera e propria cittadina con piazze, vie, il cinema, il teatro, il bar, il parrucchiere, i negozi, i laboratori, l’orto, i giardini, la chiesa. Inaugurato nel 2018, è nato grazie alle donazioni di alcune famiglie di Monza e Brianza e con l’aiuto di cittadini, imprese, enti, associazioni, istituzioni.
Un borgo che ha rivoluzionato il modo di intendere la malattia offrendo alle persone con Alzheimer e demenza la possibilità di vivere la propria residua autonomia in libertà e, al tempo stesso, di usufruire di assistenza e protezione.
L’Alzheimer provoca il declino delle funzioni cognitive e il deterioramento della personalità. «Eppure la capacità di percepire emozioni e sentimenti come l’amore, l’affetto per i propri cari, l’empatia con gli altri può rimanere viva e accesa» spiega nel docufilm il medico Marco Trabucchi.
Il filmato non usa toni di pietà e tanto meno melodrammatici. Anzi, a volte è persino allegro. Un racconto semplice e diretto, con le testimonianze degli ospiti, dei loro parenti, dei responsabili e delle operatrici socio-sanitarie, dei sacerdoti e dei volontari, che dimostra come sia possibile accompagnare adeguatamente la persona e la sua famiglia in un percorso doloroso sì, ma non per questo privo delle emozioni e dei sentimenti che danno un senso alla vita di tutti.
Anche se la sofferenza c’è. E si intravede. Soprattutto negli occhi dei figli.
Nel documentario lo spiega bene Giulio Scarpati: «Mi illudevo che la tua forza di volontà potesse vincere contro tutto…» dice leggendo un passo del suo libro Ti ricordi la casa rossa? (Mondadori), dedicato alla storia della mamma malata di Alzheimer.
Aggiunge Diego dalla Palma: «Non c’è nessun figlio al mondo che accetti subito il verdetto. Di fronte a mia mamma che non mi riconosceva ho provato impotenza, preoccupazione e un senso di abbandono. E mi sono reso conto di aver lasciato alle spalle la mia giovinezza».
E Barbara, figlia di Angelina, ospite del Paese Ritrovato: «È una malattia devastante non solo per chi ne è afflitto, che perde tutti i ricordi, ma anche per chi è vicino, che si vede “portare via” una persona cara e non riesce a farsene una ragione».
Un male anche “costoso”: «Mia madre è morta a casa» dice Giulio Scarpati «perché ce lo siamo potuto permettere ma chi ha uno stipendio non ce la fa. Questa è una malattia che deve avere un salvagente per chi non ha disponibilità economiche».
Cosa farei se accadesse a mia madre o a mio padre o a mia sorella, si chiede Francesca Fialdini che nel docufilm accompagna gli spettatori alla scoperta del Paese Ritrovato.
«Di solito il primo segnale è la perdita più o meno grave della memoria e una serie di mutamenti nel carattere» spiega Marco Trabucchi. «Il periodo peggiore, non di lunga durata, è quello in cui la persona acquista consapevolezza della propria malattia. Soprattutto in questa fase è fondamentale che il malato non venga lasciato da solo, che non venga mai contraddetto, che non gli vengano poste domande a cui non sa come rispondere. Dopo il medico di famiglia, bisogna rivolgersi ai C.D.C.D. (Centri Disturbi Cognitivi e Demenze) dove si arriva a fare una diagnosi, e da qui inizia il percorso degli interventi riabilitativi».
Al Paese Ritrovato ci sono servizi sanitari, riabilitativi, sociali, assistenza psicologica, attività rieducative, supporto spirituale (un sacerdote racconta come sia importante per le persone che non riescono a rapportarsi al futuro poter credere in qualcosa nell’immediato presente). E poi corsi di recitazione e improvvisazione teatrale, sotto la guida di drammaterapeuti, per far mantenere viva la memoria cognitiva e rafforzare quella emotiva.
La sigla finale del documentario è affidata a Enrico Ruggeri, sul palco del Teatro Parenti durante la discussione seguita alla proiezione del documentario. Ruggeri nel Paese Ritrovato ha ambientato il videoclip del suo brano Dimentico, ispirato a una persona malata di Alzheimer.
La memoria delle emozioni, regia di Marco Falorni, scritto da Marco Falorni e Andrea Frassoni. Libero Produzioni in collaborazione con Rai Documentari. Le foto di questo articolo, a eccezione di quella dell’incontro al Teatro Parenti di Milano, sono tratte dal docufilm.
- Dicono i dati dell’Oms che nel mondo oltre 55 milioni di persone convivono con la demenza. Un dato in crescita, con previsioni che raggiungeranno i 78 milioni entro il 2030. In Italia, secondo l’Istituto superiore di sanità, circa 1.100.000 persone soffrono di demenza: tra questi i malati di Alzheimer sono circa 600.000.