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Allonsanfàn
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La Roma, santa e dannata, di Dago e Giusti

Uno degli aneddoti più saporiti della storia della letteratura riguarda Truman Capote. Era appena uscito il famoso La Côte Basque, capitolo più scottante del suo romanzo incompiuto, Preghiere esaudite. Il maestro riesumava un caso di cronaca nera che aveva scosso il bel mondo di New York, l’assassinio di Bob Woodward a opera della moglie Anne. Scagionata dalla falsa testimonianza della suocera, che voleva evitare lo scandalo, la signora era stata assolta, facendo bere ai giudici la teoria del ladro intrufolatosi in casa e del tragico equivoco. Il racconto di Capote, basato sulle testimonianze dell’alta borghesia vicina alla famiglia, sbugiardò tutti e la donna per la vergogna si suicidò. Risultato? I vip che fino al giorno prima avevano fatto a gara per accaparrarsi lo scrittore alle loro cene, feste, orge, lo bandirono per sempre dal giro degli happy few. Parliamo di nomi come Lenny Bernstein e consorte, Marella Agnelli, Oona O’Neill, Lee Razwill. Ma è la reazione di Capote a scrivere la madre di tutte le battute sarcastiche. A chi gli chiedeva come avesse potuto tradire i suoi “amici”, Truman rispose: «Credevate forse che li frequentassi per piacere? Cosa pesavano fossi, un giullare? Io sono uno scrittore!».

Chissà se Roberto D’Agostino, invece, bazzica la Roma by night per piacer suo o per dare figli a Dio-Dagospia, meravigliosa creatura on line, la Bella Baxter del web, instancabile, vivace, politicamente scorretta, altissima e bassissima. Approda su Raiplay, Roma santa e dannata, di D’Agostino, Marco Giusti e Daniele Ciprì, produttore artistico, Paolo Sorrentino. Lo stesso D’Agostino, insieme a Giusti, come Dante e Virgilio – o piuttosto Thomas Milian e Bombolo, suggerisce Giusti – camminano nel buio della Capitale per… non svelarne il mistero, giacché Roma resta impermeabile, sorniona e surreale. Surreale come può esserlo un locale di proprietà del Vaticano che prima ospita un cinema porno, poi il famoso Muccassassina, avamposto LGBTQIA+, e poi diventa la sede dell’ufficio stampa del Giubileo. Ce lo racconta Vladimir Luxuria, donna di formidabile humour, sfruttata decisamente al di sotto delle sue possibilità dalla televisione italiana: «Venivano tutti, la travestita part time e l’etero solidale, i politici. La gente prima chiedeva: “Non ci saranno mica i fotografi?”, che poi è diventato: “Ci sono i fotografi, vero?”». Conclude rievocando il mitologico momento del sirtaki, quello del the end, prima che il locale chiudesse, ogni mattina. Tutti a ballare come Anthony Quinn, mano nella mano, Vladimir accosta la scena alla danza di Matisse, ma forse viene in mente più il girotondo di Otto e Mezzo, insieme appassionatamente la moglie, l’amante, lui, lei, gli altri. «Alla fine di un pranzo, Sordi malato, scende le scale. Scivola. Casca a terra. Il parcheggiatore appoggiato alla macchina, sigaretta in bocca, sentenzia: “Se semo invecchiati eh, Albè?”. Sono rimasto allibito. E ho capito come tutto, nel crepuscolo, svanisce e diventa vattela a pià ’ender culo».

Ci sono aneddoti che non ti stancheresti mai di sentire, e Carlo Verdone ci regala ancora questo. A Roma ogni mito è come Il marziano di Flaiano, prima o poi cade nella polvere della Storia. Carlo una sera esce con Christian De Sica su una Mustang scoperta (“A Christian, chiudi ’sta capote, che sembriamo ’du stronzi!”). Danno un passaggio a una giovanissima Monica Guerritore, che per oscure ragioni è vestita da calciatore della Roma, scarpette chiodate comprese. Appena arrivati al Number One, lei, fortunata, si butta su Alain Delon, mentre Helmut Berger lancia noccioline, nudo e ubriaco. C’è la celebre estate romana di Castelporziano inventata dall’assessore Renato Nicolini, la Woodstock alla carbonara, dove sulle poesie di Allen Ginsberg e Gregory Corso, plana l’annuncio dell’arrivo di pasta e fagioli per tutti, e l’assalto ai forni di manzoniana memoria è roba da: “Voi eravate ancora sugli alberi, noi eravamo già froci”. Tra destra e sinistra, a Roma si sceglie sempre il centro… tavola, mormora sornione Dago, a un Giusti che sa fin troppo bene che la Capitale è un grande Blob. Roma sì che realizza il mito un po’ cialtrone dell’inclusività: ci entrano Berlusconi, il leghista moralizzatore, il prete, il travestito, Gianni Agnelli e Massimo Ceccherini, mescolati e frullati insieme, senza distinzioni di casta. Tanto al mattino, dopo i bagordi, ci sarà sempre un romano qualsiasi, disincantato, sigaretta alle labbra, che tira lo sciacquone.

  • Potete vedere Roma, santa e dannata su RaiPlay. Nella foto, Roberto DAgostino e Marco Giusti (foto di Benedetta Pistolini)
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