«È fondamentale che noi continuiamo a coltivare la memoria di quello che è successo negli anni della strategia della tensione. Perché non solo non è tutto chiaro e non è stato tutto raccontato ma perché quello che è accaduto ha tuttora delle conseguenze nella nostra vita politica e di cittadini. C’è ancora molto da scavare e molto da scoprire. La memoria è fondamentale. Io ho sempre cercato, nella mia carriera, di raccontare e ricordare».
Sono le parole di Andrea Purgatori che l’Ordine dei Giornalisti del Piemonte ha voluto proporre al termine del corso di formazione Io so. Inchiesta sulla strategia della tensione dedicato al ricordo del grande reporter scomparso nel luglio scorso.
Purgatori è stato un punto di riferimento per tanti giornalisti che hanno creduto (e credono ancora) nel valore di una professione che negli ultimi anni ha avuto scossoni forti in termini di credibilità.
Cercare la verità, fare chiarezza sull’accaduto, “andare oltre” le versioni ufficiali e di comodo: il lavoro di Andrea Purgatori non deve essere dimenticato ma rimanere come esempio forte.
Bene lo racconta il saggio Volevo fare il giornalista-giornalista (Solferino libri), curato da Paolo Conti, amico storico e collega di Purgatori, in cui si ripercorre la straordinaria avventura professionale attraverso le sue inchieste e i suoi articoli principali. Il titolo è tratto da un dialogo tra Giancarlo Siani, reporter napoletano ucciso dalla camorra, e il suo direttore, che lo invita a lasciar perdere gli articoli scomodi, perché – dice nel film di Marco Risi Fortapàsc del quale Andrea Purgatori è stato cosceneggiatore – «Gianca’ questo non è un paese per giornalisti-giornalisti, questo è nu paese per giornalisti-impiegati». Purgatori era «un giornalista-giornalista che non si è mai fermato davanti alle verità di comodo, alla sabbia gettata sui fatti per nasconderli, deviarli, renderli incomprensibili» scrive nella prefazione Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera.
«In lui c’era la militanza del giornalista d’altri tempi, che non sta fermo in ufficio ma va sul posto, interroga, pone domande tutt’altro che ovvie, non si arrende dinanzi alle porte chiuse, affronta rischi e minacce, insomma, cerca la verità» è l’opinione dello storico e saggista Luciano Canfora.
Purgatori la verità l’ha cercata lavorando nella Roma del delitto Pasolini e delle rivolte dei movimenti extraparlamentari e studenteschi; seguendo il rapimento e l’esecuzione di Aldo Moro; occupandosi degli omicidi del magistrato Riccardo Palma, responsabile degli istituti di prevenzione e pena, e del giudice Mario Amato, freddato alla fermata dell’autobus da due terroristi dei Nar (Nuclei armati rivoluzionari). E ancora documentando la nomina a prefetto di Palermo del generale Carlo Alberto dalla Chiesa che sarà ucciso pochi mesi dopo insieme alla moglie e all’agente della scorta; l’attentato a Papa Wojtyla; la scomparsa di Emanuela Orlandi. Fino a quella che per Andrea Purgatori è stata l’inchiesta della vita, la strage di Ustica raccontata anche nel film di Marco Risi Il muro di gomma, storia del giornalista e della sua ricerca della verità. Il 1° febbraio 2024 è stato inaugurato a Bologna, accanto al Museo per la Memoria di Ustica, il Muretto di Andrea: un luogo dove – con gli smartphone e i computer – si possono leggere gli articoli che Purgatori ha scritto sul Corriere della Sera su quella vicenda.
Un lavoro tenace che Edoardo, uno dei tre figli di Purgatori, ha ricordato così: «Tanti anni fa mio padre ci fece vedere il film Tutti gli uomini del presidente sulla storia di Bob Woodward e Carl Bernstein del Washington Post e il caso Watergate che portò alle dimissioni del presidente degli Stati Uniti Richard Nixon. Per noi fu un modo per capire quello che mio padre ha sempre fatto, un giornalismo che non si piega al potere ma che resta un impegno civile».
Il libro. Andrea Purgatori Volevo fare il giornalista-giornalista (Solferino libri) a cura di Paolo Conti, prefazione di Luciano Fontana, con ricordi di di Tiziana Ferrario, Saverio Lodato, Enrico Mentana, Sigfrido Ranucci, Andrea Salerno, Fiorenza Sarzanini.