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Allonsanfàn
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Un’Ode marittima e le navi che davvero portano via

“It’s a sad and beautiful world” ripeteva Roberto Benigni nel film Daunbailò.

Credo che sia proprio questo “sad” che a volte ci raggiunge, andandosi a insinuare nei pensieri, in quel piccolo spazio che si apre tra i nostri ricordi e la loro nostalgia.

Mi è capitato tra le mani un diario, scritto meticolosamente sessanta anni fa da Franco. Le pagine si susseguono sistematicamente ordinate, con frasi asciutte che riportano episodi ordinari. Descrivono un trascorrere quotidiano, giorno dopo giorno, di una normale vita di provincia. A un certo punto però le righe si infittiscono, la narrazione si trasforma, diventando più articolata e densa di eventi. C’è più sentimento. Si parla dell’arrivo della nave Guglielmo Marconi a Genova il 22 dicembre 1964. Una numerosa delegazione giunta dal Monferrato è pronta ad accogliere festosamente una coppia di parenti australiani, in viaggio di nozze. Il diario scandisce il susseguirsi di quei giorni, con descrizioni di pranzi, di cene e di allegri brindisi protratti anche fino alle 5.30 del mattino. Si narra di regali, di fotografie, di balli e della successiva partenza sempre da Genova, sempre per mare, sempre in nave.

Riporta: “2 febbraio 1965 – Sandra e Giancarlo sono partiti. Li abbiamo accompagnati a Genova […] siamo saliti a bordo e siamo andati nel salone delle feste a bere qualcosa. Abbiamo anche ballato. Purtroppo alle 22.30 ci hanno fatto scendere. Abbiamo continuato a dialogare da terra, ma faceva un po’ freddo. La nave è poi partita alla 1.00. Ci ha fatto effetto, abbiamo pianto nel commiato. Ma Giancarlo ha assicurato che presto tornerà. Abbiamo guardato la nave mentre si allontanava”.

Ode marittima scapinello pessoa

Riesco a vederlo questo capannello di persone, stretti gli uni agli altri, in piedi al freddo sul molo, mentre inseguono con lo sguardo umido le luci della nave che lentamente si affievoliscono nel buio della notte.

Chissà se oggi siamo ancora in grado di provare quella stessa “saudade”.

Quante volte, di recente, abbiamo provato anche noi un sentimento così profondamente vero per un fatto che non fosse profondamente doloroso?

Le partenze delle navi di oggi, gremite di passeggeri in cerca di divertimento, non evocano certamente quei sentimenti. Gli arrivi e le partenze si susseguono sempre uguali, nello stesso porto, assomigliando più a un giro di giostra che a una partenza vera, dove la struggente tristezza di un saluto non ha più luogo.

Ma a me alcune navi suscitano ancora emozioni. Sono le navi che giungono dall’altra parte del mondo, autenticamente vere, proprio come la nave che sta arrivando.

Mi sembrava d’averla scorta solo pochi minuti fa, là in fondo sull’orizzonte. Era solo un punto nero molto lontano, ma è bastato che mi distraessi per qualche minuto, almeno così mi è parso, che quel punto che sembrava così lontano si è materializzato proprio qui sotto, a poche miglia dalla costa. È un portacontainer, che giunge chissà da dove… chissà. Non avrei dovuto stupirmi per la rapidità del suo arrivo. Dovrei ormai sapere che, da questa posizione, la mia visuale non supera sicuramente le venti miglia e che, procedendo a velocità superiori ai venti nodi, queste navi fanno in fretta ad arrivare. Ci sono applicazioni che potrebbero svelarmi molte informazioni su questo bastimento e sul suo viaggio, ma… non mi interessano. Mi pare più bello immaginare. Preferisco di gran lunga così.

È arrivato un bastimento carico di…” ripetevamo appunto… nel gioco e forse a me, in fondo, piace ancora giocare.

Ode marittima Pessoa Paolo Scapinello

Cosa trasporterà, mi chiedo? Di certo non più sete pregiate o spezie rare. Neppure rarissimi vasi cinesi o preziosi tappeti persiani, ma più prosaicamente cellulari, computer, vestiario fast fashion, scarpe che un tempo dicevamo “da tennis” e che ora identifichiamo con diversi termini anglofoni e migliaia e migliaia di altri manufatti che troveremo presto sugli scaffali dei nostri centri commerciali. Insomma, tutta un’altra storia. Soprattutto quantità al posto di qualità. Merci realizzate lontano dai nostri occhi, in contesti senza troppe tutele per chi le produce. Ma questo non ci crea alcun imbarazzo. In fondo è tutto abbastanza a buon mercato. In qualche imballo vi sarà nascosto probabilmente qualcosa di illegale, d’altronde è impossibile controllare tutto il carico di migliaia di container.

Ma quello che più mi attrae ora è proprio la nave che sta arrivando, una nave come tante altre ma che sento autenticamente vera, così vera, che più vera non potrebbe esserlo, mentre peregrina continuamente per i mari del mondo.

Come sarà il suo equipaggio? Forse una dozzina di persone, marinai dalle schiene sudate, direbbe il mio amico Osvaldo, citando Querelle de Brest di Fassbinder. Sempre alle prese con enormi valvole un po’ ossidate e pompe di sentina che faticano a funzionare. Continuamente attorniati da quell’odore un po’ nauseabondo che sale dall’acqua putrida ristagnante in sentina. Penso ai loro turni sfibranti, dove ognuno nel proprio ruolo concorre alla lotta impari contro l’usura continua dei materiali e la subdola corrosione del salmastro. Una vita passata nell’incessante rollio della nave. L’equipaggio potrebbe essere di diverse nazionalità, con un’approssimata conoscenza di una lingua comune. Come comunicheranno tra di loro e cosa riusciranno a comprendere degli ordini impartiti dagli ufficiali di bordo, non riesco proprio a immaginarlo. Probabilmente non scenderanno neppure a terra questa notte, il loro lavoro è continuo.

Sposto lo sguardo per un attimo, inseguendo la curva appena tracciata sulla sconfinata tavola blu, ancora nitidamente impressa sulla superficie del mare. Così armoniosa nel suo apparire ma così effimera nella sua esistenza. Scomparirà allo stesso modo dei milioni di scie tracciate per secoli dalle imbarcazioni dei nostri intrepidi antenati, continuamente tormentati dalla fatica, dalla fame e dalla nostalgia, sempre in bilico tra un porto e l’altro.

Ormai la nave è vicina, il “cerimoniale” che potremmo definire di benvenuto sta per iniziare. È riservato a ogni nave che entra in porto. Non importa da dove arrivi, l’accoglienza è sempre la stessa. Quanti tra di voi se ne sono mai accorti?

Ode marittima Pessoa Scapinello

Il rito inizia quando la nave giunge a poche miglia dal porto e comincia a rallentare la sua corsa. Solo allora entra in scena il battello del pilota che esce dal porto solcando le onde con l’alta prua, divorando rapidamente la distanza che lo separa dal nuovo arrivato. Come da protocollo, incrocia il bastimento lasciandolo a dritta poi, dopo averlo aggirato oltre la poppa, lo affianca lentamente. Deve accostarsi portandosi alla stessa velocità della nave. È a questo punto che si svolge la manovra più delicata. La minuscola pilotina dovrà appoggiarsi al fianco della nave mentre prosegue la sua corsa e posizionarsi proprio sotto al portellone appena aperto, dove è fissata la biscaglina. Chi governa la pilotina deve essere abilissimo a mantenere il natante contro l’imponente portacontainer esattamente in quel punto. Non ci possono essere esitazioni. Il pilota che dovrà salire a bordo deve tenersi pronto ad agire rapidamente, agguantare la ripida scala e arrampicarsi velocemente lungo la murata della nave, mentre la pilotina, sospinta continuamente dalle onde, sale e scende contro le lamiere un po’ corrose e ondulate del bastimento. In quegli attimi basterebbe un’incertezza o un’onda scomposta per scombussolare la pilotina e far precipitare fatalmente il pilota in mare. A volte succede. Un’operazione rischiosa, molto difficile con mare mosso, che diventa acrobatica con mare molto mosso. Provo ammirazione per questi marinai che nella quasi totale indifferenza generale, in una manciata di secondi, barattano con la sorte il senso del loro lavoro.

Salito a bordo, il pilota si appronta a coadiuvare il comandante nelle delicate manovre d’ormeggio. Il cerimoniale prosegue con l’arrivo dei rimorchiatori che di norma sono due. Il primo si posiziona a poppa, l’altro a prua e dopo aver tirato a bordo le rispettive cime di tonneggio, concorrono al governo della nave. Sembrano due danzatori che si contendono la stessa ballerina, mentre la manovra prosegue all’interno della darsena con un mezzo giro di valzer, prima che la nave venga accostata definitivamente contro il molo. Questa giravolta predispone la nave alla successiva partenza.

Terminato l’ormeggio le gru entrano rapidamente in azione movimentando in breve tempo decine e decine di container. L’attività prosegue frenetica anche di notte facendo presagire la prossima imminente partenza.

I distacchi, si sa, sono sempre dolorosi. Meglio che siano rapidi. Forse è per questo che la partenza è meno spettacolare dell’arrivo. Il pilota risale a bordo della nave prima che i rimorchiatori la separino inesorabilmente dal molo e la scortino soltanto poco oltre l’ingresso del porto. Il momento più critico rimane il trasbordo del pilota che lascia rapidamente la nave.

Una nave che parte evoca un distacco. Forse porta via con sé qualcosa di noi. Per questo è bene che parta in fretta.

ode marittima pessoa scapinello

Mentre la nave si sta allontanando, disegnando nuovamente una curva sul mare, affiora un ricordo… di qualcosa che ho letto… non molto tempo fa.

Subito mi coglie improvviso il desiderio di ritrovare quelle precise parole che non saprei descrivere.

Salgo rapidamente la scala di pietra sconnessa, spalanco la porta e prima ancora di mettere a fuoco la vista sul ripiano, cerco con lo sguardo la copertina di un libro. Ed eccolo, incastrato tra Oceano Mare di Baricco e Isolario Italiano di Fabio Fiori. È Ode Marittima, un piccolo libro scritto nel 1915 da Álvaro de Campos, l’eteronimo di Fernando Pessoa, nel quale ritrovo finalmente quello stato d’animo che un po’ mi pervade e tutta quella indefinibile saudade dello sconfinato Fernando Pessoa.

Ode marittima Pessoa Scapinello

ODE MARITTIMA

Solo, sul molo deserto, in questo mattino estivo / Guardo verso l’entrata del porto, verso l’Indefinito, / Guardo e mi basta vedere, / Piccolo, nero e chiaro, un piroscafo entrare. / È molto lontano, nitido, classico a suo modo. / Lascia dietro di sé nell’aria lontana un vano lembo di fumo. / Sta entrando, e il mattino entra con lui, e sul fiume, / Qui, là, si risveglia la vita marittima, / Si issano le vele, avanzano rimorchiatori, / Spuntano piccole barche dietro le navi che sono in porto. / C’è una vaga brezza. / Ma l’anima mia sta con ciò che vedo meno, / Col piroscafo che entra, / Perché sta con la Distanza, col Mattino, / Col senso marittimo di questa Ora, / Con la dolorosa dolcezza che cresce in me come una nausea, / Come un inizio di mal di mare, ma nello spirito. /  

Da lontano guardo il piroscafo, con una grande indipendenza dell’anima, / E dentro di me un volano comincia a girare, lentamente.

I piroscafi che al mattino entrano in rada / Portano con sé ai miei occhi / Il mistero allegro e triste di chi arriva e di chi parte. / Portano memorie di moli lontani e di altri momenti / D’un altro modo della stessa umanità in altri porti. / Tutto questo attraccare, tutto questo salpare di navi, / È – lo sento in me come il mio sangue – / Inconsciamente simbolico, terribilmente / Minaccioso di significati metafisici / Che perturbano in me quel che io fui…  

Ah, ogni molo è una nostalgia di pietra! / E quando la nave si stacca dal molo / E ci si accorge d’un tratto che si è aperto uno spazio / Tra il molo e la nave, / Mi prende, non so perché, un’angoscia recente, / Una nebbia di sentimenti di tristezza / Che brilla al sole delle mie angosce erbose / Come la prima finestra su cui batte l’alba, / E m’avvolge come il ricordo di un’altra persona / Che fosse misteriosamente mia.

 Ah, chissà, chissà, / Se non partii un tempo, prima di me, / da un molo […]

@credit foto Paolo Scapinello

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