Sceneggiatori in cerca di personaggi e maschere di un disturbo dissociativo dell’identità. Quale distanza intercorre tra uno sceneggiatore di professione a caccia di soluzioni narrative e un malato di mente riconosciuto tale solo dopo che si è legiferata la malattia? Nella stanza affollata, il primo è assalito e confuso da personaggi che richiedono una voce, il secondo trova in quelle voci un modo per sopravvivere a se stesso. Lo sceneggiatore, portando alla luce parti di sé col benestare della finzione, è un potenziale criminale liberato dalle regole dell’artificio narrativo. Il malato, esibendo le diverse contrastanti personalità che lo abitano per sopravvivere nella realtà come fosse un suo script personale, salva se stesso dal compiere un crimine verso di sé. Al primo, come nella famosa porta di Duchamp, la messa in scena di parti del sé nella finzione narrativa apre la porta del subconscio solo per chiuderla sul comandamento sociale che impone un ruolo unico; al secondo il DSM nel mentre chiude le porte della galera apre quelle della segregazione, della cura obbligatoria, perché dalla frammentazione si ritorni all’Uno. E mentre il primo necessita quindi della pubblica legittimazione per essere ciò che ritiene d’essere, un uomo che contiene moltitudini e non un artista fallito, per il secondo il riconoscimento della società è la consegna dello stigma: al primo i premi, al secondo le terapie. Col medesimo risultato della conformità all’ordine richiesto: l’indulto è concesso solo se rientri nel Canone della normalità o ne dilati i limiti fino a essere riassorbito in quanto eccezione, solo temporaneamente deviante. Lo sceneggiatore nel ruolo di semplice burattinaio di se stesso ora invitato sul precario palco concessogli dall’autorità a recitare a corte la parte dell’innocuo artistoide (consapevolmente fuso in venerato maestro), il malato allontanato dalla società fin quando non in grado di recitare la sola parte che è concessa ai sudditi, quella del cittadino che finge d’essere sano (fuso nelle sue 24 identità sotto la supervisione del Maestro). Che solo ai re è concessa in ultimo la pazzia.
- The Crowded Room è una miniserie televisiva statunitense del 2023 ideata da Akiva Goldsman, basata sul romanzo del 1981 Una stanza piena di gente di Daniel Keyes. Su Apple TV+
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