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Allonsanfàn
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Riconoscere la poesia con l’aiuto di Borges

Che cos’è una poesia? Etimologicamente, risalendo al greco antico ποιέω – che significa fare – è una cosa fatta, una creazione. Al di là di questo, è però qualcosa difficile da definire, anche se tutti noi, compresi quelli che sono poco avvezzi alle poesie, probabilmente anche chi non ne ha mai letta una e perfino chi non sa proprio leggere, la saprebbe riconoscere, quando ne vedesse una. Sono quelle lettere in un rapporto del tutto particolare con il resto della pagina. Ovviamente una poesia è una cosa un po’ più complessa di un insieme di parole al centro di uno spazio bianco, però la “cosa” poesia è in parte questo. In più una poesia è musica e qui quell’insieme di parole si apre magicamente all’infinito.

Jorge Luis Borges – che aveva una particolare capacità di raccontare l’infinito – costruisce la sua infinita biblioteca, come l’insieme di tutti i possibili libri in cui si susseguono le sequenze dei venticinque simboli ortografici in tutte le loro possibili combinazioni. Dopo aver terminato questa terribile costruzione, geometrica e barocca, l’autore argentino si rende conto che “a rigore, basterebbe un solo volume, di formato comune, stampato in corpo nove o in corpo dieci, e composto d’un numero infinito di fogli infinitamente sottili”.

Curiosamente Borges, che era cieco e quindi ascoltava le poesie invece di leggerle – e le dettava invece di scriverle – non immagina un’altra forma di infinito possibile, racchiuso questa volta in un solo verso. Scegliete voi un qualsiasi verso di una qualsiasi poesia e immaginate di ripeterlo molte volte nel corso della vostra vita: ogni volta quel verso sarà leggermente diverso, perché cambia lo strumento, cambia la vostra voce – che è diversa dalla mattina alla sera di uno stesso giorno ed è diversa quando siete bambini e quando siete vecchi – e soprattutto perché cambiate voi e ogni volta che recitate quel verso siete una persona diversa. E naturalmente cambia quel verso se lo recita un’altra persona, perché la sua voce è diversa dalla vostra e di qualunque altro essere vivente. E anche nell’epoca della riproducibilità infinita dei suoni, quandanche fosse possibile costruire degli strumenti così perfetti capaci di riprodurre quel verso ogni volta nello stesso identico modo, saremmo diversi noi che lo ascoltiamo e quindi quel verso sarebbe ancora ogni volta diverso. C’è un infinito in ogni verso di ogni poesia. Ed è qualcosa che a un tempo ci affascina e ci mette ansia, come muoversi negli infiniti corridoi della biblioteca di Borges.

E allora cambiamo la domanda, cambiando solo un articolo: che cos’è la poesia? E qui è ancora più complicato, perché evidentemente non basta dire che è la capacità di fare poesie, anche se questa definizione che assimila il poeta a qualunque altro artigiano, a qualunque altro uomo capace di fare un oggetto, è etimologicamente esatta. Perché in fondo le poesie sono cose che noi uomini facciamo. Qualcuno è molto bravo a farle, qualcuno è meno bravo, qualcuno si crede bravo. Per qualcuno è il proprio lavoro, per altri è solo una passione. C’è un aspetto tecnico del fare poesia che è naturalmente ineludibile. Il calzolaio fa una cosa che serve proteggere i nostri piedi, il falegname fa una cosa che serve a farci sedere, e così via, il poeta fa una cosa che serve a comunicare, a raccontare. A volte, anche se credo molto raramente, una poesia serve solo a chi la scrive, ma in generale è un modo per costruire legami, per trasmettere idee o anche solo piacere.

La poesia è importante per chi la fa, ma anche per quelli per cui è fatta, ossia per tutti noi. C’è un piacere particolare quando scopriamo la poesia. E la poesia non la si trova solo nelle poesie, ma c’è una poesia nelle parole a cui noi dovremmo fare più attenzione. Adesso lo faccio raramente, ma a me piace leggere ad alta voce. Rileggo ad alta voce queste cose che voi leggete, per correggerle. Studiavo ad alta voce, e ogni tanto sentivo – anche in un testo che non voleva essere poesia, che non doveva essere poesia – un qualcosa che non sapevo definire, ma che mi sembrava poesia. A volte è la semplice scelta di una parola piuttosto che un’altra o il modo per chiudere una frase.

Borges racconta che i bibliotecari passano la loro vita a cercare un libro e naturalmente questa ricerca è inutile e frustrante, perché è praticamente impossibile trovare un libro in una marea infinita di libri. Noi più semplicemente dobbiamo fare attenzione a quello che leggiamo, ma anche a quello che scriviamo, a quello che ascoltiamo, ma anche a quello che diciamo, perché, nascosto lì, da qualche parte, può esserci un po’ di poesia. E per fortuna è molta più di quella che pensiamo e quindi la nostra ricerca non sarà così vana. Dobbiamo solo abituarci a riconoscerla.

Nella foto, Borges e le ammiratrici, su Panorama nel 1976, autore sconosciuto

  • Luca Billi ha pubblicato il romanzo Anything Goes (Villaggio Maori Edizioni). Anything Goes è anche uno spettacolo teatrale, per saperne di più qui
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