Non so se questa domanda ve la siete fatta anche voi, ma io me lo sono chiesto spesso: avrei avuto il coraggio?
Sono cresciuto ascoltando racconti sulla Resistenza, ho letto molti libri – romanzi, saggi, memorie – ho avuto la fortuna di incontrare diversi partigiani, per me il 25 Aprile è sempre stato – e lo è ancora – la festa più importante dell’anno, insieme al Primo Maggio. Partecipare a quella manifestazione – e alle altre che ricordano gli episodi più significativi di quegli anni – è un rito laico fondante della mia identità civile e politica. Eppure non so rispondere a questa domanda.
Naturalmente vorrei poter dire sì, vorrei poter rispondere che sarei stato un attivo antifascista, che avrei fatto il partigiano, che sarei stato disposto a tutto pur di dare la libertà agli italiani. Ma non sarebbe onesto. Probabilmente non avrei avuto il coraggio, probabilmente avrei trovato molti motivi, validi, validissimi, per non combattere. Forse avrebbe prevalso la responsabilità verso la mia famiglia o forse la consapevolezza dei miei limiti “bellici” – conoscendomi credo che sarei stato più un peso che un reale aiuto per una qualsiasi banda partigiana. O forse avrei avuto semplicemente – e umanamente – paura. Forse sarei stato – come ce ne furono tanti in quegli anni e che non mi sento affatto di biasimare – un afascista, qualcuno che, pur non aderendo a quel regime, non aveva il coraggio di reagire, che pensava soltanto – anche se non è mai “soltanto”, perché queste cose sono importanti – alla propria famiglia, al proprio lavoro. Forse sarei stato una “brava persona”, ma allora non bastava essere una brava persona, bisognava essere capaci di gesti straordinari, bisognava essere eroi.
Gli antichi sapevano bene che gli eroi erano uomini, ma migliori di loro, da tenere come modelli; e per questo agli eroi dedicavano statue, per loro componevano versi, in nome loro organizzavano feste. Gli eroi di Omero, i guerrieri che combattono sotto le mura di Troia, sono certamente uomini dalle eccezionali qualità, ma non sono perfetti, commettono errori, si macchiano di colpe, a volte di delitti. Sono mortali, perché nei loro corpi scorre il sangue, e non l’icore come in quelli degli dei.
Non si consideravano certo eroi le donne e gli uomini che sono morti ottant’anni fa. Quando scrivono a casa le loro ultime lettere si scusano del dolore che stanno provocando alle loro famiglie e di non aver portato a termine il compito che si erano prefissati, insieme ai loro compagni. Quelle donne e quegli uomini non si consideravano eroi. Erano mortali, nei loro corpi scorreva il sangue, e non furono esenti da colpe, perché avevano i loro limiti, le loro passioni, le loro debolezze. Ne erano consapevoli prima di tutto loro. Proprio come molti dei guerrieri giunti per mare davanti alle porte Scee.
A noi, per fortuna, non è richiesto essere eroi. Non dobbiamo neppure avere la tempra che ebbero le donne e gli uomini della Resistenza. A noi è richiesto far esercizio di memoria e magari usare bene le parole. A volte ci capita di usare la parola eroe con eccessiva leggerezza e chiamiamo così un calciatore o un attore del cinema. Riserviamo ad altri questo onore. A noi viene richiesto di studiare, di provare a capire come va il mondo, viene richiesto di far bene il nostro lavoro, viene richiesto di essere cittadini attivi e responsabili. A noi viene richiesto di essere solidali, almeno di provare a capire perché quell’uomo soffre, anche se non possiamo fare nulla per sollevarlo dal suo dolore. In sostanza a noi – che non siamo eroi né lo saremo mai – viene richiesto di non trovare scuse, di non continuare a girare la testa dall’altra parte. Come vedete non c’è nulla di eroico in questi compiti, eppure a volte anche questi ci sembrano così gravosi, tante volte non li rispettiamo, tradendo in questo modo quelli che davvero furono eroi, anche se non avrebbero voluto esserlo.
Nella foto, partigiani festeggiano la Liberazione a Bologna
- Luca Billi ha pubblicato il romanzo Anything Goes (Villaggio Maori Edizioni). Anything Goes è anche uno spettacolo teatrale. Per tenersi informati, qui