Anni Trenta. Il luogo teatrale dove si svolge Attraverso la notte di William Sloane, la sua scatola nera, è una sontuosa magione di Long Island. Qui Bark reca al padre dell’amico fraterno Jerry, il severo dottor Lister, la notizia che il figlio si è inaspettatamente ucciso – il romanzo è un whodunit traslato in “perché è successo?” – e i due uomini ricostruiscono nei particolari, per loro e per il lettore, una fosca vicenda, partendo da un drammatico evento verificatosi a Collegeville, dove un professore svolgeva esperimenti che avrebbero potuto smontare la fisica einsteiniana.
Bark e Jerry, universitari del prestigioso campus, dopo la laurea sono andati a vivere insieme a New York come due scapoloni. Hanno riti da buona borghesia, vanno ai cocktail e alla partita di football e discutono, di scienza e degli affari del mondo, scambiandosi citazioni in latino. Insomma, vivono con elegante leggerezza.
Ma cherchez la femme: quando appare, i due incocciano nel mistero di una donna che si chiama Selena, nome che ricorda non a caso la luna… Il più intellettuale dei due amici, Jerry, la sposa, il più cinico, Bark, fa da spettatore e da narratore.
Il lettore può credere a tratti, per l’acuto giro dei ragionamenti, di non trovarsi negli States ma nell’Inghilterra enigmistica di Sherlock Holmes o di Agatha Christie – cioè in un collaudato mix a un tempo sofisticato e popolare -, mentre l’ambientazione è tutta americana, anche se piacevolmente cartolinesca, tra una gita a Montauk e un viaggio in treno verso un’inquietante mesa tra New Mexico e Arizona.
Basta spoiler. Annoto soltanto che il più grande brivido, che corre per la schiena di Bark e del lettore, lo si prova a pag. 163. Ed è uno choc decisivo: sarà impossibile mollare l’indagine, cioè il libro di Sloane, per le restanti cento pagine.
Ciò che Attraverso la notte possiede di diverso da un giallo classico è la commistione di generi gestita con disinvolta nonchalance, toccando tanto la fantascienza quanto l’horror – un horror cosmico e cerebrale seppure con risvolti da fiaba nordica – che è piaciuto a Stephen King. Proprio King firma la prefazione del romanzo, che negli Stati Uniti è stato riscoperto e ristampato insieme alla seconda opera di Sloane (The Rim of Morning: Two Tales of Cosmic Horror, New York Review of Books Classic, 2015)
Già, ma chi era Sloane? William Sloane (1906-1974), laurea a Princeton, è stato un editore di professione e uno scrittore saltuario, noto per aver firmato due romanzi. Questo To Walk The Night (1937), ora tradotto in italiano, e The Edge of Running Water (1939) che al cinema è diventato The Devil Commands (1941), diretto da Edward Dmytryk con protagonista Boris Karloff (un nome, una garanzia di spavento).
King misura letterariamente il lavoro di Sloane: lo trova imparagonabile con i grandi scrittori degli anni Trenta – Sloane è inferiore, certo, a Faulkner o Steinbeck –, lo distanzia per stile dai coevi facitori di spavento, come l’imaginifico H.P. Lovecraft, e lo stacca di netto per qualità e ironia dai narratori da rivista, infimi al confronto. Che cosa leggiamo allora? Un page turner molto divertente con uno svolgimento disinvolto e al fondo un’anima colta. Lo prova un pesante indizio (anche per il the end): Sloane potrebbe aver seguito le teorie di Carl Gustav Jung che tra l’altro conobbe ed ebbe come imprevisto lettore.
È significativo notare che questo romanzo raggiunge gli scaffali (metaforicamente) più alti delle librerie italiane – il decaduto empireo delle librerie, pur sempre sopravvissuto alla devastazione subita delle edicole, dove anni fa sarebbe gloriosamente finito: è vestito, anzi griffato, Adelphi, nonché tradotto da Gianni Pannofino. Giusto così.