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Brigitte Reimann. Fratelli tedeschi divisi da un muro

Quando incomincia Fratelli, Brigitte Reimann è una scrittrice in lotta per affermarsi, iperattiva e a tratti insofferente al clima culturale della DDR, ma comunque decisa a seguire le idee che ha maturato e a mostrare il suo valore. “A gennaio del 1960 si era trasferita con il secondo marito, lo scrittore Siegfried Pitschmann, a Hoyerswerda, nel complesso residenziale di Neustadt, per raccogliere materiale nel vicino kombinat Schwarze Pumpe, uno stabilimento per la lavorazione della lignite” (dalla postfazione all’edizione integrale del romanzo, curata da Angela Drescher e Nele Holdack, e tradotta da Monica Pesetti per Neri Pozza).

Mentre si dedica a un libro per bambini, progettato più che altro per fare cassa, e si impegna in fabbrica, Reimann ha chiaro ciò che le preme rendere sulla pagina: la sofferenza per una lacerazione che è insieme pubblica e privata. Reimann racconta la storia di una famiglia nella Germania che il dopoguerra ha tagliato in due parti. Fratelli verrà percepito dai lettori del tempo come un sismografo (la definizione è del giornalista e scrittore Fritz J. Raddatz), offrendo la verità di una tranche de vie, pur se viziata – e la scrittrice è stata molto preoccupata e non remissiva al proposito – dalla censura.

Di certo Reimann ha un alter ego naïf nella pittrice Elisabeth del romanzo – possiamo scrivere del memoir? -, che resta fedele alla DDR; non i suoi fratelli, compreso l’ultimo, l’amatissimo Uli: nonostante questi vantino una brillante giovinezza, vissuta lottando per l’ideale comunista, hanno tradito – ma la parola tradire non è esatta, la questione è più complicata – o paiono decisi a farlo.

Quando Brigitte/Elisabeth, durante la Pasqua in famiglia dell’aprile 1961, conosce le intenzioni di Uli, il Muro di Berlino non esiste – verrà eretto in una sola drammatica notte quattro mesi più tardi – ma è come se fosse già stato edificato, anche se chi lascia la DDR non rischia di finire annegato nella Sprea o di essere fucilato alla schiena.

Forse, letto ora, il romanzo di Reimann può comunicare l’impressione di essere una sorta di lungimirante e rabbiosa elegia, poiché indica alcune delle contraddizioni – la mancanza di libertà, il burocratismo asfissiante, il controllo del partito nei kombinat – che porteranno anni dopo alla dissoluzione della DDR.

Elegia, in senso improprio: e infatti forse io uso un po’ rozzamente il termine come fosse un sinonimo della malinconia risentita che accompagna la fine di una stagione terribile e  cruciale della storia europea e l’approdo degli ideali marxisti della giovinezza nella pratica di un regime che vive di controllo e di delazione.

O almeno: avverto una nota di sconfitta nell’intransigente e comunista Elisabeth, che vede disfarsi il nido famigliare e forse incrinarsi le speranze per un presente e per un futuro di giustizia sociale. Al contrario, e non è di certo un caso, volgendosi al passato, Elisabeth esalta la generazione precedente alla sua nella figura del padre del fidanzato Joachim, una sorta di rivoluzionario indomito che vanta coraggiosi giorni di lotta a fianco dei partigiani di Tito, allora demonizzato perché non allineato al blocco comunista. Forse lei stessa, Elisabeth, non ha più o non ha abbastanza entusiasmo per credere che si possa restare a Est. Non ha la “sicurezza religiosa” che illumina l’ex combattente titino. Ma va specificato il concetto di “tradimento”: Uli stesso contempla l’idea utopica di portare la lotta per il socialismo a Ovest, dopo le delusioni patite in patria, legate anche a una fatale maldicenza.

Brigitte Reimann nel 1966

Comunque. Bisogna raccontare l’avventura del testo appena arrivato in libreria, che era già comparso in altra forma nel catalogo Voland del 2012. L’attuale edizione di Fratelli (Neri Pozza 2024) si giova del ritrovamento rocambolesco di un quaderno scritto a mano da Reimann e di un gruppo di fogli dattiloscritti, che hanno permesso di ricostruire la versione integrale dell’opera non sottoposta a censura.

Il vero Fratelli ricompare nel 2022 durante la ristrutturazione di un edificio di Hoyerswerda. Non solo permette di leggere il testo completo ma, grazie alla postfazione, aiuta a capire quali erano le pagine e le tematiche sgradite (mai scherzare troppo con l’arte!) al regime.

Nata a Burg, Germania dell’Est, nel 1933 e morta a Berlino nel 1973, Reimann appartiene alla generazione di Christa Wolf, cui fu legata da amicizia (lo testimonia il carteggio Un’amicizia in lettere 1964/1973). Lascerà, dopo Fratelli, quello che è considerato il suo miglior romanzo, Franziska Linkerhand (Voland 2005). Leggo che è stata insegnante, giornalista e scrittrice, che ha avuto quattro mariti e tanti amanti, che zoppicava per la polio ed è morta presto di cancro, e che in Germania è oggi considerata meritatamente un classico senza frontiere.

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