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Allonsanfàn
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Cumberbatch show: Eric o i demoni del burattinaio

Vincent è un burattinaio nella New York creativa e stracciona, colorata e viziata degli anni Ottanta, il cui figlio di 9 anni, lo sveglissimo Edgar, d’improvviso scompare.

Scappato? Rapito? Raped? Murdered (forse come già altri prima di lui, non ricercati troppo perché scuri di pelle)? Sei puntate di mini serie britannica per rispondere a questo quesito principale e per seguire i rivoli che dipartono con ottima geometria dal corso della narrazione principale. Comprendenti nelle loro acque più o meno lerce: poliziotti neri di faccia e neri di coscienza, club gay battuti dai modaioli e ambigui due volte, per via di droga e di marchette minorenni – siamo ai tempi dell’AIDS e se ne contano i morti – e in più a fare da coro una tribù di beggars tipo opera omonima, composta da mendicanti e alcolizzati, mezzi santi e veri demoni, e vessata da sorridenti politici con gli idranti puntati, ansiosi solo di far bella figura in tivù.

Precisazione: Vincent – Benedict Cumberbatch quasi insopportabile per la sua magnetica bravura mentre passeggia fatto di crack tra le rotaie del metro – è un burattinaio contemporaneo, nel senso che è l’anima di una trasmissione tv di successo, Good Day Sunshine, una sorta di Jim Henson deragliato, ma pur sempre un burattinaio dal cuore antico. Che tradotto qui, in questo casino, significa: è un artista tossico, molesto e donchisciottesco – tra l’altro figlio diseredato di un ignobile padre miliardario – che può sognare di ritrovare Edgar, dopo averlo distrutto moralmente e infelicitato insieme alla sua donna, proprio con l’aiuto della fantasia e di un pupazzo che il bambino scomparso stava inventando per conto suo – trattasi di Eric, un mostro (quasi un monster & Co.) dal manto peloso e alto sette piedi.

Questa specificazione conferisce il doppio registro realistico/fantastico o realistico/schizofrenico su cui poggia benissimo tutta la serie la quale assomiglia a una caccia al tesoro (molto drogata, certo) con mappa disegnata da Edgar stesso.

Per tre ore e passa, assistiamo a un piccolo capolavoro di sceneggiatura anche nel modo di spolverare via la polvere dai cliché del medium, mentre nel finale subiamo l’inevitabile, il consueto bisogno di riannodare e riepilogare tutto (come se tutto non si spiegasse già benone da sé), ma Aby Morgan – ispirata scrittrice, per tv e cinema, vincitrice di BAFTA per il piccolo schermo e famosa sul grande per i copioni di The Iron Lady e Shame – è un fenomeno lo stesso, servita dalla regia di Lucy Forbes e dalla produzione di Holly Pullinger. Soundtrack stupefacente e straziante con Heroin di Lou Reed o These Days in cover di Nico. La mini serie è disponibile su Netflix dal 30 maggio 2024.

A proposito. Lorenza Negri scrive su Wired.it che “Netflix sta sfruttando un nuovo trend: quello dei protagonisti riprovevoli. Non parliamo degli antieroi urticanti ma affascinanti di Dr House o Breaking Bad, bensì di protagonisti deboli, meschini, ed egoriferiti come il Donny di Baby Reindeer e il Vincent di Eric, miniserie anche questa britannica”. Giusto. Ma mentre Piccola Renna era una reale lavanderia a gettone con esposizione di mutande sporche in pubblico, Eric potrebbe essere, e non è certo una diminutio, semplicemente un gran bel film.

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