Ai libri di fantascienza ci arrivo sempre per vie traverse. Questa volta, a condurmi ai Cristalli sognanti di Theodore Sturgeon è Goffredo Fofi con il suo Breve storia del cinema militante (elèuthera 2023) laddove, alla pagina 83, cita il romanzo di Sturgeon come “il libro più bello e forse più poetico e ottimista sulle ‘diversità’, dal quale stranamente non è mai stato tratto un film”.
Pubblicato in America nel 1950 e rivisitato nel 1977 dallo stesso autore, The Dreaming Jewels è arrivato in Italia in varie edizioni (Mondadori, Urania 1953 e 1963 e 2005, tradotto da Tom Arno, Libra 1973, tradotto da Ugo Malaguti, gli Adelphi 1997, traduzione di Gian Pietro Calasso): la copia che ho recuperato (alla Biblioteca Passerini Landi che per me, milanese, è la “piccola Sormani” di Piacenza) è quella pubblicata da Editrice Nord nel 1984 nella traduzione di Malaguti.
Il bambino fu sorpreso a fare schifezze sotto le gradinate dello stadio del liceo e la scuola elementare di fronte lo mandò a casa. Aveva otto anni e quelle cose le faceva da un pezzo.
Appare subito chiaro, con un tale incipit, che ci troviamo per davvero davanti a uno Scrittore. Comunque, quali sono le “schifezze” compiute dal bambino (spoilerando: mangia le formiche), Sturgeon lo rivela solo nelle ultime pagine, arrivando al come e al perché il ragazzino ne è ghiotto (questo però non lo si può anticipare) lungo una trama avvincente e una “scrittura” per cui la critica Usa lo ha posto tra i grandi della fantascienza alla pari con Asimov, Heinlein, Van Vogt dei quali è meno famoso solo perché preferiva scrivere racconti invece di lunghi romanzi in un momento in cui i romanzoni facevano più “mercato” nell’editoria.
Tornando ai Cristalli. L’inizio è un po’ da feuilleton: il bambino maltrattato fugge dalla casa del patrigno, trova rifugio nel circo del Luna Park dove, vestito da nana e come tale spacciato per non essere riconosciuto, si esibisce nello spettacolo serale con gli altri fenomeni da baraccone, ovvero un’altra nana (nana vera), l’uomo-pesce, il gatto con due code, al comando del terribile proprietario del circo detto Il Cannibale, un ex medico radiato dall’Ordine che ha i suoi motivi per odiare l’umanità. Dopodiché la storia vira con passaggi vorticosi verso il romanzo di formazione, anzi, di “de-formazione”, con l’entrata in scena, accanto ai freaks del circo, di altri personaggi “diversamente diversi”, alieni inconsapevoli di esserlo, mutanti capaci di rigenerarsi e addirittura di replicarsi da soli.
Questi ultimi sono esseri speciali, creati dai sogni, o dagli incubi, di certi cristalli che germogliano da millenni nel sottosuolo della Terra e così sognando “fanno il loro”, cioè portano avanti la loro vita parallela a quella dell’umanità creando esseri anomali con la stessa indifferenza con cui la Natura, che non è né matrigna né benigna nei confronti dell’uomo, ci crea mortali imperfetti, più o meno difettosi, fragili, talvolta deformi, talvolta mostruosi, solo perché “la Natura deve fare il suo corso” (direbbe la signora Coriandoli).
Una volta entrati nella singolare “fantascienza”, più speculativa che spettacolare, più fantasy che sf di Sturgeon, che non ha bisogno di mondi extraterrestri per raccontare la sua visione della vita che trova senso nell’amore come tentativo di comunicare di due esseri viventi, vien voglia di conoscerlo di più, questo Theodore Sturgeon (1918-1985): un’esistenza burrascosa, tre o forse quattro mogli, molti figli, una miriade di lavori per sopravvivere, dal marinaio al venditore di indumenti intimi femminili, dal meccanico d’auto all’istruttore di ginnastica.
Viene voglia di conoscerlo fino all’ultimo suo libro, Godbody, storia dell’arrivo nel New England di un uomo misterioso il cui semplice tocco trasmette la voglia irresistibile di fare l’amore: mai tradotto in Italia “per la natura decisamente sessuale delle descrizioni”, riferisce Wiki, sembra comunque aver già ispirato parecchi autori di oggi, anche italiani, che col sesso e le sue estreme deviazioni ci vanno giù pesanti.
Postilla personale (si parva licet). Ai libri di fantascienza ci arrivo per vie traverse, a mia insaputa, non solo come lettrice: per dire, il mio romanzo Di chi è questo corpo, che non ha nulla di fantascientifico – a meno che non si voglia considerare sf la storia di una ragazza del nostro terzo millennio che vive con un cuore legalmente trapiantato –, l’ho visto catalogato nella sezione Fantascienza delle varie biblioteche mediatiche Mondadori-Feltrinelli-Ibs eccetera, messo lì da qualcuno che non l’ha letto o forse da qualche algoritmo condizionato dalla copertina (una elaborazione grafica della Donna Vitruviana).
Stremata da numerosi inutili tentativi di farlo spostare, alla fine ho rinunciato: il libro resterà lì, forse per sempre. Con una Avvertenza ai Lettori appassionati di sf: Non comprate questo libro! Non è fantascienza!
- Jonne Bertola, giornalista milanese. Autrice del romanzo Swinging Giulia, di Piacenza (Morellini) e di Di chi è questo corpo (Luoghinteriori)