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Allonsanfàn
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La morte è un problema dei vivi. La black comedy che non aveva cervello

Proprio nel finale un briciolo di calore umano, una timida volontà di riscatto, increspa il mare di ghiacciato black humour che straborda da ogni dove ne La morte è un problema dei vivi di Teemu Nikki. Possiamo forse biasimare il rigoroso regista finlandese, classe 1975, se permette che qualche ciglio teneramente s’inumidisca, almeno sullo schermo, nelle infelici retrovie della nostra orribile civiltà?

Ma no, anche stavolta Nikki ha fatto assai bene il suo mestiere di commediante nero rendendoci prigionieri dell’irresistibile monotonia nella sconfitta che caratterizza l’azione dei suoi dropout. Qui sono due e trafficano per soldi in quello spazio maledetto situato tra la vita e la morte (degli altri, ma chissà mai, anche la propria dipartita può diventare redditizia, rivelarsi un buon affare…).

Al centro del film c’è una strana coppia: un becchino ludopata (Pekka Strang) che vive tra i debiti, inseguito dai cravattari, cui si associa un educatore scolastico (Jari Virman) finito d’improvviso sul lastrico, quando si è scoperto che per un’anomalia è privo di tre quarti di cervello. A guardar bene, viene facile la battuta: uno è senza cervello, ma l’altro è senza cuore… Cercheranno di tirar su soldi soltanto in apparenza facili: per conto di una losca troupe, fanno sparire i cadaveri prodotti da un singolare gioco di scommesse online a base di roulette russa. Ma basta, non spoileriamo altro.

Siamo in una Finlandia cinica e spietata, dove in un passo da piccolo borghesi si diventa straccioni, dove abbondano gli emarginati come i nostri due antieroi, per di più maltrattati in amore da donne meglio di loro (solo un po’ ma poco) e che non sopportano di vedere i loro inetti maschi tirare a campare pericolosamente…

Notiamo per inciso che Pekka Strang si accende di continuo sigarette per tenere a bada la disperazione e che Jari Virman ha intuizioni perdenti e sfortuna con il genere femminile e solo per questo potrebbero uscire da uno dei poetici film del maestro Aki Kaurismäki (siamo o non siano nello stesso profondo nord?).

A Teemu Nikki si deve tra l’altro Il cieco che non voleva vedere Titanic, il cupo Euthanizer, che arrivò in zona Oscar per il miglior film straniero (è disponibile su Prime), nonché #lovemilla, teen drama citazionista che si svolge in una piccola città del suo paese. Dice di sé e della sua poetica: “Ho scoperto che la risata è il mio scudo contro ogni male, forse è per questo che penso che l’approccio migliore ai temi oscuri nel cinema sia il tono da commedia. Finché c’è da ridere, c’è vita”. Forse.

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