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Amalia Ercoli Finzi: «Com’è romantico guardare le stelle»

«Io ho “vissuto” lo spazio. Era il 1957, il mio secondo anno di università, quando ho sentito il primo “bip bip” che proveniva proprio dallo spazio. Ricordo un antipatico compagno di studi che mi diceva che i russi volevano mettere in orbita un satellite… Girava quella incredibile voce…».  Così racconta, con un gran sorriso, Amalia Ercoli Finzi, 87 anni, prima donna in Italia a laurearsi, nel 1962, in Ingegneria aeronautica, già responsabile del Dipartimento di ingegneria aerospaziale al Politecnico di Milano, scienziata cui si deve la supervisione della trivella che nel 2014 ha perforato il nucleo della cometa Churyumov-Gerasimenko a 510 milioni di chilometri dalla Terra.

Amalia Ercoli Finzi ne ha conosciuti tanti di astronauti (russi e non solo). All’Istituto per gli studi di politica internazionale di Milano, dove la sala la ascolta in un silenzio denso di fascino, ricorda in particolare German Stepanovič Titov «che era un bellissimo uomo, alto, capelli ricci neri… Colto, citava a memoria gli autori, poeti soprattutto… Amava le automobili, le Ferrari, e ne ha distrutte un gran numero…».

Amalia Ercoli Finzi è stata tra i partecipanti del panel La nuova corsa alla conquista dell’universo, nell’ambito dellIspi Summer Festival 2024 che quest’anno ha trattato le frontiere della geopolitica: dalle profondità oceaniche allo spazio, dalle rotte artiche ai minerali critici e alla rivoluzione dell’Intelligenza artificiale.

Donna di una simpatia straordinaria, positiva e allegra anche nell’affrontare scenari che all’ottimismo proprio non inducono, la scienziata parte da lontano, dagli anni della sua gioventù. «Agli albori cos’era “fare spazio”? Era dimostrare che si era bravi. Significava impossessarsi di un mondo, di una tecnologia, di un modo di pensare, di un atteggiamento vincenti. No, non si parlava di spazio “offensivo”, anche se gli americani la storia dello Sputnik russo l’hanno vissuta malissimo. Tanto è vero che la sindrome dello Sputnik è rimasta: significa qualcosa che non ti aspetti ma che ti capita sulla testa. Un’espressione recuperata recentemente per la pandemia di covid».

Oggi è tutto (e tanto) diverso. «Viviamo un momento difficile, nel quale la certezza dello spazio per la pace mondiale è in difficoltà. Ma noi continuiamo a crederci».

Farlo comunque è difficile. L’Ente spaziale europeo ha intitolato ad Amalia il gemello del rover che avrebbe dovuto scendere sul Pianeta Rosso per cercare tracce di vita marziana, nell’ambito del progetto ExoMars2022, missione promossa da Esa e Roscosmos, le agenzie spaziali europea e russa.

La missione, però, non è mai partita perché i rapporti tra Russia ed Europa, dopo decenni di collaborazione, si sono interrotti a causa della guerra. «Apprendere dello stop è stato tremendo: fino all’ultimo pensavamo di poter lanciare».

Ora il rover Amalia si trova al Thales Alenia Space a Torino. Quando ne parla, alla scienziata Amalia luccicano gli occhi: «È bellissimo» dice. «La parte con i pannelli solari è più alta di me. Ha un enorme braccio con la webcam. In quel rover ho messo cuore e anima. Ma è arrivata la politica a bloccare tutto. Io non ci credevo. Trovavo impossibile fermare un’impresa che va al di là delle capacità del singolo, ma che raccoglie le capacità e le intuizioni di tanti Paesi. La collaborazione è il fondamento dell’attività spaziale». Il progetto è stato rinviato al 2028. «Un errore grande. Ovvio, di errori se ne fanno, e li fanno soprattutto gli uomini. Perché se nei tavoli delle trattative ci fossero state le donne qualcosa sarebbe sarebbe diverso. Noi donne avremmo detto: guardate le cose da un altro punto di vista».

Lei, per i diritti delle donne, si è sempre battuta. Cinque figli, 7 nipoti, un lavoro che si immagina sia stato totalizzante: eppure sorride con una leggerezza invidiabile.

È fiera dell’Italia. «Lo spazio è delicato, richiede capacità, creatività e soluzioni: noi italiani abbiamo collaborato a tante missioni capaci di rispettare i tempi, di essere ordinati. Qualità che spesso non vengono riconosciute al nostro modo di essere. Ma in campo spaziale ho sentito parlare più volte e positivamente di “soluzioni all’italiana”: siamo un popolo capace non soltanto di eseguire ma anche di metterci del suo».

All’impegno delle grandi industrie del nostro Paese vorrebbe vedere unito il lavoro di quelle piccole. «Io dico sempre: guardate il latte. Quando coagula diventa burro e poi formaggio e aumenta di valore. Ecco, coagulare le piccole industrie potrebbe essere lo strumento per avere un terzo polo che può dare risultati importanti. Dall’Italia mi aspetto sempre di più. La nostra partecipazione al programma Artemis (far tornare l’uomo sulla Luna entro il 2026) è importante. E con Solar Orbiter, satellite sviluppato dall’Agenzia spaziale europea, stiamo viaggiando verso il Sole, per capire come mai ci sia vita sul nostro pianeta. Sì, perché noi viviamo grazie alla corona solare di cui non sappiamo quasi nulla».

Il panel dell’Ispi la riporta a terra, ai conflitti e alle tensioni. «Ma io sono ottimista. Ho 87 anni, ne ho viste tante, ho visto un mondo che usciva dalla guerra completamente disfatto. Nel 1956 a Milano per andare in piazza Duomo si scavalcavano le macerie. Abbiamo ricostruito e ora abbiamo tecnologie che stanno facendo miracoli. Il futuro è migliore».

E poi: «La ricerca è ispirata dall’afflato di conoscere. È qualcosa che abbiamo in noi, io che sono credente dico che è l’impronta di Dio. La chiamiamo curiosità ma è desiderio di qualcosa di più profondo. Tutte le volte che guardiamo le stelle, capiamo che “fatti non foste a viver come bruti”. No, non siamo confinati a questa Terra. Noi siamo in grado di pensare “lontano”. Prima o poi ci arriveremo. Non trovate che sia anche qualcosa di romantico?».

  • Amalia Ercoli Finzi ha pubblicato diversi libri. Tra questi, ne segnaliamo due dedicati ai ragazzi. Oltre le stelle più lontane (Mondadori) e Sei un universo (Mondadori), scritti con la figlia Elvina Finzi.
  • Credit foto in apertura: Ispionline.it
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