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I romanzi di Netflix. Un’altra volta Ni una más

Dice Carlo Carabba, scrittore, editor e consulente di Netflix in un’intervista al Corsera del 24 luglio 2024: “Io credo che abbiamo un problema con il ‘romanzo’. A un certo punto si è deciso che la ‘qualità romanzesca’ del romanzo fosse volgare… Ecco allora che la ‘qualità romanzesca’ si è trasferita nei generi. Così oggi abbiamo gialli, crime, romance di ottima fattura e che la gente legge molto volentieri…».

Ripensavo a queste parole constatando come quel surplus di “romanzesco” disprezzato, nell’accezione più popolare del termine – in pochi hanno proposto la dissoluzione del soggetto e nessuno un Finnegans Wake per piattaforme – sia terminato nelle serie tv che, tra parentesi, Carabba accetta di battezzare come potenziale e dignitosa letteratura.

Di sicuro, è un feuilleton contemporaneo Ni una más, miniserie drammatica spagnola del 2024 diretta da Marta Font, Eduard Cortés e David Ulloa per Netflix, e basata sul romanzo omonimo di Miguel Sáez Carral.

Ni una más è in bilico tra storia d’amore e indagine esistenziale: la formazione sentimentale delle protagoniste, e della ragazza Alma in primis, è condotta dentro e fuori gli argini di una personale e bruciante vicenda all’insegna del #meToo. Alma farà deflagrare una bomba nel liceo del quartiere borghese dove si svolge l’azione – fedele all’internazionalizzazione del prodotto di Netflix, Ni una más potrebbe essere ambientata ovunque.

Scrivo feuilleton per la struttura a episodi, ma anche per un andirivieni quasi scomposto e aggressivo di situazioni legate a sempre nuovi interrogativi e svolte di scena. Ni una más offre un giro completo nel “romanzesco” con la sua raffica di temi e problemi, di spunti e avventure laterali, che stipano le otto puntate costruite come di prammatica sul fast forward e sul rewind.

Il fogliettone è abbastanza divertente per permettersi di essere “basso”. Anche perché Ni una más cita e ricalca i luoghi comuni di altri lavori, affidandosi molto (anzi troppo) al modello di un vertice del genere seriale come Euphoria – i personaggi, sebbene semplificati, paiono arrivare da lì, a partire dalle protagoniste, tra cui spiccano una tipa sveglia (Nicole Wallace), una ragazza queer (Clara Galle) e una giovane  tradizionalista (Aïcha Villaverde), accecata dai riti del fidanzamento con un giovanotto più normale del normale, cioè ferocemente maschilista…

Comunque. Forse, seguendo Carabba, dovremmo parlare di letteratura per Euphoria e non per Ni una más. Forse è Euphoria il corrispettivo del libro a cui la nuova serie spagnola si è letterariamente ispirata. Fornendo un prodotto che è Kitsch al quadrato, essendo già Euphoria Kitsch per conto suo, per quanto a tratti fiocamente eversivo – Ni una más è al massimo blandamente progressista e “corretto”. Ma non è questo il problema.

L’esistenza di Ni una más è garantita (pure dalla crisi del prodotto di carta) fino a quando ci avvince nelle sue risapute spire narrative, e ci presenta – con una dose di suspense distribuita a piene mani sulla prevedibilità del the ending – il conto finale, che poi è la morale: poteva mai mancare in un romanzo popolare quand’era vergato su carta e non ancora scagliato nell’etere?

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