Un uomo e un bambino, padre e figlio, camminano per strade di cenere e paesaggi sfiniti. Viaggiano in un olocausto nucleare, verso la costa, verso un mare che (forse) è ancora blu. Convinti di essere i buoni, quelli che “portano il fuoco” in un universo da cui è stata bandita ogni altra luce. Anima e cervello percepiscono un unico sentimento in cima all’esistenza: la paura. Che non è soltanto quella di morire, perché peggio può essere il sopravvivere.
È La strada (Einaudi), libro di Cormac McCarthy pubblicato nel 2006 e protagonista del reading con la voce di Luigi Lo Cascio e i sottotitoli sonori del sound designer torinese Gup Alcaro, in scena il 12 settembre al teatro Carignano di Torino, anteprima della ventesima edizione della rassegna Torino Spiritualità (titolo: Come legni storti. L’imperfezione, l’errore, l’inciampo). Curata da Armando Buonaiuto, è in programma dal 25 al 29 settembre.
Cormac McCarthy se ne è andato per sempre un anno fa. La strada, divenuto nel 2009 film (The Road) con Viggo Mortensen e Kodi Smit-McPhee, torna in scena – come reading – per la seconda volta: la prima era stata sempre al Carignano, sempre a TorinoSpiritualità, sempre con Lo Cascio.
Era il 2017 e io c’ero, e ricordo in sala un silenzio “mai sentito”. Gli spettatori trattenevano il fiato, ascoltando parole che raccontano una tragedia che oggi, sette anni dopo, avvertiamo in qualche modo più vicina.
Ne La strada, romanzo che è valso al suo autore il premio Pulitzer, si respirano ansia, paura e anche speranza di vita. L’uomo e il bambino viaggiano attraverso le rovine di un mondo ridotto a cenere in direzione dell’oceano, dove forse i raggi raffreddati di un sole ormai livido cederanno un po’ di tepore e qualche barlume di vita. Circa dieci anni prima il mondo è stato distrutto da un’apocalisse nucleare che lo ha trasformato in un luogo buio, freddo, senza vita, abitato da bande di disperati e predoni.
Non c’è storia e non c’è futuro.
Mentre i due cercano più calore spostandosi verso sud, il padre racconta la propria vita al figlio. Ricorda la moglie (che ha deciso di uccidersi piuttosto che cadere vittima degli orrori successivi all’olocausto nucleare) e la nascita del bambino, avvenuta proprio durante la guerra. I due trascinano con sé sulla strada tutto ciò che nel nuovo equilibrio delle cose ha ancora valore: un carrello del supermercato con quel po’ di cibo che riescono a rimediare, un telo di plastica per ripararsi dalla pioggia gelida e una pistola con cui difendersi dalle bande che battono le strade decisi a sopravvivere a ogni costo.
E poi il bene più prezioso: se stessi e il loro reciproco amore.
Quando incrociano una carovana di predoni l’uomo è costretto a ucciderne uno che aveva attentato alla vita del bambino. Dopo molte difficoltà arrivano al mare; ma è ormai una distesa d’acqua grigia, senza neppure l’odore salmastro, e la temperatura è sempre fredda. Raccolgono qualche oggetto da una nave abbandonata e continuano il viaggio verso sud, verso una salvezza possibile…
La strada è una potente profezia, una narrazione indimenticabile sul meglio e il peggio di cui l’essere umano è capace.
«Ce la caveremo, vero, papà?
Sí. Ce la caveremo.
E non succederà niente di male.
Esatto.
Perché noi portiamo il fuoco.
Sí. Perché noi portiamo il fuoco»
La Strada di Cormac McCarthy, reading di Luigi Lo Cascio, sonorizzazioni G.U.P. Alcaro, ideazione Armando Buonaiuto, consulenza letteraria Davide Ferraris, produzione Fondazione Circolo dei lettori, traduzione Martina Testa.
Foto in apertura: Luigi Lo Cascio. Credit: Adolfo Frediani