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A Piacenza, aspettando Mattarella al Festival del Pensare Contemporaneo

Piacenza è già in fibrillazione (annunciate variazioni negli orari di alcuni uffici pubblici e percorsi stradali) per il Festival del Pensare Contemporaneo che, ospitato dal 19 al 23 settembre negli storici palazzi del centro, farà di lei una città che pensa, come afferma la cartella stampa. Dove viene altresì spiegato il senso del sottotitolo “Vivere la meraviglia. Tra stupore e spavento citando il concetto filosofico espresso da Aristotele col termine thauma che significa allo stesso tempo sia “stupore” sia “spavento”.

Il programma (online qui) annuncia 160 ospiti italiani e non, pensatori di eterogenei interessi e di differente caratura: da Oleksandra Matviychuk premio Nobel per la pace 2022 all’astronauta Samantha Cristoforetti; da Antonio Moresco e Paolo Giordano e Paolo Di Paolo e Chiara Valerio, fino a Dargen D’Amico e la Rappresentante di lista e fino a Daria Bignardi, chiamati ciascuno con le proprie esperienze a confrontarsi sul tema in programma.

Oleksandra Matviychuk

Si tratta di un progetto assai impegnativo che guardaoltre i confini. Non a caso la sindaca Katia Tarasconi lo ha presentato a Milano, ospite a Palazzo Marino dal sindaco Giuseppe Sala il quale ha concluso l’incontro invitando i milanesi a fare questa gita culturale fuori porta per questo evento che è molto molto importante per Piacenza: vedendo il servizio in tv mi è venuto da pensare alla  “colleganza logistica”, la chiamerei così, che c’è stata tra Milano e Piacenza quasi quest’ultima fosse un’estensione periferica della metropoli fin dal 1315 quando Galeazzo Visconti fece costruire la Cittadella sulla riva del Po dove riscuoteva il “pedaggio” dalle barche che passavano lungo il fiume e poi gli Sforza fino a Ludovico il Moro quando Leonardo da Vinci, che viveva a Milano alla sua corte, si faceva inviare l’argilla per modellare la statua equestre di Francesco Sforza dai contadini dei colli piacentini eccetera.

Mattarella tra i velluti rossi. Qui era a Sanremo

L’evento clou sarà, il 23 settembre, l’arrivo di Sergio Mattarella a celebrare i 220 anni del Teatro Municipale. E questo è proprio l’evento che non vorrò perdermi: un po’ perché mi piace l’idea di vederlo di persona, questo presidente che mi dà fiducia e speranza (non so perché ma quando vedo le numerose lapidi dei partigiani ammazzati in città e nel territorio qui intorno, ragazzi di diciotto, vent’anni, mi trovo a pensare che se fossero vissuti, oggi forse avrebbero quel suo stesso fare di persone perbene). E un po’ perché ho una passione per i teatri lirici, proprio nel senso di luoghi fisici deputati al Belcanto. Una passione che mi è nata negli anni ’90 viaggiando per l’Emilia Romagna per un servizio che venne pubblicato col titolo “La Via dei Teatri” su Taxipretenzioso mensile milanese patinatissimo che visse solo un paio d’anni con l’ambizione di rivaleggiare nientemeno che con Vogue e chiuse rovinosamente prima di mandare in dispianto il piccolo editore che i soldi li ricavava invece dai mensili femminil-popolari tipo Tutto Uncinetto. Ecco, il Municipale di Piacenza, definito da Stendhal “il più bel teatro d’Italia” con la facciata di Lotario Tomba ispirata a quella piermarinesca della Scala, è uno di questi luoghi per me “mistici”. Non ho più tracce di quel mio servizio (allora la Rete non esisteva) che testimoniava l’esistenza dei numerosissimi teatrini di tradizione costruiti per portare la musica e l’arte fuori dai palazzi nobiliari, a uso del popolo: ogni paese italiano, anche piccolissimo, aveva il suo “teatro lirico”, un patrimonio che, secondo me bisognerebbe continuare a fare vivere. Comunque qui e ora, in attesa di Mattarella, cerco di esercitarmi a “Pensare contemporaneo”. Con stupore ma, spero, senza spavento.

Nella foto di apertura, dentro il Municipale di Piacenza (credit: Lorenzo Gaudenzi). Sopra il manifesto del Festival

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