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Tabilio. Sulla via della seta, il Marco Polo a fumetti

Se in questi 10 mesi la notizia vi fosse sfuggita, avete ancora qualche settimana per celebrare un uomo che ha reso il nostro pianeta un po’ più piccolo, ma non per questo meno affascinante. Sono 700 anni dalla morte di Marco Polo, che concluse il suo viaggio terreno a Venezia nel gennaio 1324 a 70 anni. Un’età notevole per quell’epoca a dimostrazione che un po’ di trekking fa sempre bene.

A vostra discolpa si può dire che della data non se ne sono ricordati in molti al di fuori della sua città natale, ma fa eccezione la casa editrice Becco Giallo che per l’occasione ha ristampato Marco Polo – La via della seta, opera del fumettista e scrittore trentino Marco Tabilio uscita in prima edizione nel 2015. Ed è una bella fortuna per noi perché, “settecentenario” a parte, questo è un volume prezioso: sono 200 pagine che non solo vi porteranno nel favoloso oriente, ma anche a riflettere sull’enorme potere dell’immaginazione umana.

Tabilio Marco Polo Becco Giallo

Perché è questo che fa Tabilio, ambientando la sua storia nella cella che Marco Polo divide con Rustichello da Pisa. Scrittore di cui conosciamo, ahimè, pochissimo, oltre l’essere passato ai posteri per aver messo sulla carta il racconto del viaggiatore veneziano, dopo che questo venne catturato dai genovesi nella battaglia della Meloria. Però se anche il vero Rustichello fosse stato solo un riflesso di quello raccontato da Tabilio, chi non avrebbe voluto averlo per amico?  Affabulatore, “scrittore di gesta”, biografo mancato di imperatori, trafficante di parole quanto di reliquie… un barone di Münchhausen per procura, un Daniel Wallace in attesa del suo Big Fish. Insomma, uno di quei tragici, ammirevoli fanfaroni dal cuore d’oro che solo la grande letteratura riesce a produrre.

Tabilio racconta tutto il viaggio di Polo senza tralasciare particolari narrativi e grafici, ma in ogni flashback possiamo immaginarci Rustichello che li ascolta e li elabora. «Ha senso a questo mondo fare qualche cosa che non puoi raccontare» si domanda Polo lamentandosi di come la gente sia scettica quando ascolta del suo viaggio. Per il suo compagno di prigionia la domanda è retorica: sa benissimo che le cose esistono solo se narrate e che anzi «La realtà è volgare, dire una bugia è il minimo della cortesia».

Ed è qui che si compie la magia fumettistica di Tabilio, nel farci vivere l’avventura dei Polo come potrebbe visualizzarla un cittadino del ’300, vale a dire trasformando la lettura in un’esperienza fantastica, sia in senso estetico che letterale. E per rendere l’immedesimazione ancora più immersiva crea uno sfondo così spettacolare che varrebbe da solo i 20 euro del volume: le mappe.

È un lavoro enorme. Tabilio corrobora la narrazione con circa una trentina tra mappe e illustrazioni a tutta pagina di carattere storico-geografico. Opere che avrebbero fatto impazzire di gioia Umberto Eco. C’è tutta la simbologia con cui il mondo medioevale descrive il mondo conosciuto e ipotizza l’ignoto. In quella di copertina (foto in apertura) vi troviamo lo schema del “Mappa Mundi” medioevale con l’Est e l’Asia in alto, Gerusalemme al centro e l’Europa e l’Asia a dividersi il semicerchio in basso. Nei mille particolari in cui si perde l’occhio c’è di tutto, senza alcuna soluzione di continuità tra il sapere accertato e l’immaginazione: Babilonia, Il Paradiso Terrestre, il regno del Prete Gianni e quel delizioso bestiario antipodico che ammiriamo sui capitelli dei chiostri.

Man mano che Polo si sposta verso la Cina i disegni di Tabilio acquistano non solo l’iconografia, ma anche lo stile e la simbologia orientale, come la spettacolare mappa (qui sotto) dell’impero mongolo che diventa il corpo dello stesso Gran Khan, con le gambe salde nel Mar Indiano, il braccio sinistro segnato dal Fiume Giallo e l’Orda d’Oro delle steppe nella spalla destra. E poi tavole e tavole dedicate a Gerusalemme, al deserto dei Gobi, alla caduta di Baghdad… Da perderci settimane a studiarle, figuriamoci a disegnarle.

Tabilio Marco Polo Becco Giallo

C’è da chiedersi che valore aveva questo tipo di rappresentazione per un mercante o un missionario che provava a raggiungere, se non la Cina, almeno Trebisonda o le ricchezze dell’Etiopia. Per noi abituati a non muoverci di casa senza la vocina del navigatore sembra impossibile affidarsi anche solo alle loro distanze e proporzioni illogiche. Acquistano di senso solo se pensiamo che non siano documenti per orientarci verso la meta, ma per spronarci a raggiungerla. Come per l’universo descritto da Dante nella Commedia, che traccia una rotta per il Paradiso fatta di luoghi concreti e fisici, anche se sappiamo essere solo spirituale.

Tabilio Marco Polo Becco Giallo
La tavola del Deserto dei Gobi

Tabilio è geniale nell’esprimere proprio questo spirito di un tempo dove le “realtà volgare” delle cose è celata soprattutto dal velo della curiosità, creando con la sua fantasia documenti che potrebbero rivaleggiare con quelli autentici, come la Mappa di Hereford o la mappa del Chataio di Fra Mauro. Ma poi, appunto, che vuol dire autentici? In fondo lui ha compiuto la stessa operazione di un monaco del XIV secolo, o dello stesso Rustichello da Pisa: ha raccolto informazioni da altri e aggiunto il suo ingegno.  Il resto del lavoro lo ha sempre fatto l’umana voglia di scoprire, mettendosi in cammino oltre l’orizzonte per vedere se davvero c’erano gli unicorni. Noi dovremo solo essere grati a tutti i Rustichello da Pisa del mondo per aver tenuto acceso la fiamma che ha mosso quei passi.

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