UN BLOG
IN FORMA DI MAGAZINE
E VICEVERSA

Allonsanfàn
{{post_author}}

Georges Simenon. La lunga notte di Malempin, che non voleva sapere

«Non ho mai cercato di sapere. Peggio! Bisogna che sia sincero fino in fondo: non ho voluto sapere».

Per Malempin, il dottor Édouard Malempin, che in una calda giornata di giugno deve ritirare la macchina nuova e partire con la famigliola per il Midi, il redde rationem che tocca inevitabilmente a tutti i personaggi di Simenon arriva improvviso, in maniera vertiginosa.

Il secondogenito Bilot si ammala di difterite, potrebbe morirne. Nell’appartamento parigino, lui e la moglie lo vegliano tutta la notte, ed è proprio questa drammatica nottata a far riaffiorare antichi ricordi, uno dopo l’altro.

Uno su tutti: suo padre, il solito padre simenoniano, succube della moglie, rassegnato a vivere nel regno di lei e obbedire alle sue leggi, una sera, nella fattoria vicino a Rochefort dove abitavano, lo raggiunge accanto al letto e lo fissa. Che cosa vorrebbe dirgli? Forse qualcosa che ha a che vedere con la misteriosa e improvvisa scomparsa dello zio ricco, cui la famiglia deve molti soldi? Forse l’uomo fatica ad accettare che il piccolo Édouard debba traslocare dalla zia, una femmina allo stato puro”, dove avrà la possibilità di studiare e crescere con più agio? Malempin figlio sceglie di fingere di dormire.

L’ottundimento e il torpore come scappatoia dalle grandi domande esistenziali accompagna dunque il resto della sua esistenza, i suoi studi, persino il matrimonio con una donna della quale il dottor Malempin dirà: “Insomma, con ogni probabilità io e lei parliamo la stessa lingua, e non potremmo vivere insieme più a stretto contatto di quanto facciamo, dormendo nello stesso letto, badando agli stessi figli, eppure non ci è possibile comunicarci le realtà profonde a cui corrispondono i nostri gesti.

Ma non può durare a lungo la fuga da se stessi, ci insegna con ineguagliata e dolorosa lucidità Simenon: l’essere umano sempre s’affanna per cercare una situazione di certezza, famigliare, lavorativa, abitativa, umana. Ma arriva sempre l’elemento, piccolo o grande che sia, a far vacillare tutto. Si ricomincia da capo, nulla sarà più come prima, nel bene o nel male. Non necessariamente poi si muore, anzi.

Nei ricordi infantili di Édouard, bizzarri e selettivi come solo la memoria personale comanda, ci sono sensazioni, odori, bisbigli. Nessuno scrittore al mondo sa descrivere così bene quanto e come un bambino percepisca il mondo che gli si snoda intorno, il mondo degli adulti, dove spesso capita che una donna col volto arrossato si rimetta a posto frettolosamente lo scampolo di sottana rimasto sollevato perché si è abbandonata al piacere di un amore proibito o di un attimo di voluttà; dove le meschinerie legate al denaro non fanno sconti; le ipocrisie borghesi parlano una lingua che i bambini non conoscono.

Malempin (Adelphi), classe 1939, rispetto ad altri romans dur di Simenon, odora anche di sole, tutto sommato. Il sole del Midi è una speranza, una possibile variante che forse, dopo l’ora più buia di una notte tragica, può condurre a una maggior consapevolezza e perché no, a una forma di comunicazione più profonda tra i membri di una stessa famiglia.

Echi personali della vita dello scrittore ci sono sempre: in ogni madre c’è un po’ di Henriette Brüll in Simenon, prosaica, inflessibile, avara d’emozioni. In ogni padre, un pizzico di monsieur Desiré Simenon, un po’ di quegli uomini che guardano passare la loro vita senza tentare di modificarne la sorte, portando nella tomba il mistero dei loro sogni.

Sulla cover del libro, Léon Spilliaert, Il bagno (1917). @2024 christie’s images, london/scala, firenze. (Credit immagine di apertura: Opdracht Uitgeverij Bruna te Utrecht, Georges Simenon bij aankomst Schiphol, Bestanddeelnr 917-7504” by Jack de Nijs for Anefo / Anefo is marked with CC0 1.0.)

I social: