C’è l’avvocato Limentani, il protagonista dell’Airone di Bassani, che d’improvviso, per un paio di righe, cammina a fianco del sessantaseienne Pietro Navarra, scrittore romano che per qualche sua ragione non intende pubblicare un romanzo già finito.
Pietro Navarra rilegge L’airone nei giorni in cui frequenta una editor trentenne, Paola Frontali, di cui si è invaghito, senza sapere però, forse per l’età, forse per qualche misteriosa indecisione, che cosa fare di quest’attrazione – il romanzo di Giorgio Montefoschi si intitola non per caso Un’indicibile tenerezza (La nave di Teseo).
Due citazioni non fanno una prova ma non posso fare a meno di pensare che in questo periodo dell’esistenza Navarro avverte come Limentani che cosa significa non avere “la minima possibilità di sortita”. Oppure che di sortita ce n’è una soltanto e bisognerebbe cercarne un’altra, chissà se si può.
Comunque. I protagonisti dei romanzi di Giorgio Montefoschi seguono (credo) la vita dello scrittore, Montefoschi invecchia con loro – mi vergogno un po’ nel fare questa considerazione banale, ma tengo a notare che ciò avviene all’interno dell’invenzione letteraria, nella lunga e articolata vita letteraria dello scrittore romano, di cui sulla pagina vediamo negli anni il paziente sviluppo di un’opera unitaria e sempre più affinata, votata a ripetere in una serie di variazioni una ricerca di pienezza e di certezze, e insieme a riproporre abitudini e spiazzamenti, dubbi, inquietudini e ossessioni. Semplicemente, voglio dire: Montefoschi abita lontanissimo, dimora da un’altra parte, rispetto ai diaristi o a chi si dedica alla cosiddetta autofiction.
La stessa citazione di Bassani situa Montefoschi, che è un grande romanziere italiano (europeo), dentro una precisa tradizione di scrittura. Mi fermo qui, seppure su altre citazioni che affiorano nel testo – per esempio quella da Musil all’inizio – così come sugli accenni alle trame del Rosenkavalier e delle Braci di Márai, ci sarebbe da ragionare per l’eco che hanno nella vicenda narrata. Un’indicibile tenerezza raccoglie i segni di un’abissale nostalgia, di un desiderio impossibile, ma anche, in parallelo, svela i lacerti di un’amicizia virile tra due uomini dai caratteri diversi, Pietro Navarra appunto e il suo editore Mario Gotti, una volta divenuti anziani.
L’invenzione letteraria è l’elaborazione di una storia e di uno stile che asseconda il nostro scrittore immaginario nella sua immobilità di uomo perplesso, confuso e infreddolito, spaesato e forse stanco di vivere mentre si versa due dita di whisky quasi per rianimarsi, e che quasi non lo avesse fatto apposta s’imbatte per strada, in via dei Giubbonari, fuori dal confine protettivo dei Parioli, nella ragazza Paola Frontali, lei che in jeans e felpa pare ancora più giovane…
Riguardo il romanzo che Pietro Navarra non vuole più pubblicare: inutile dire che il lettore pensa che si tratti di quello che sta leggendo oppure che vi abbia molto a che fare. Apprendiamo che in questo romanzo dopo la scena iniziale, dove una coppia fa l’amore per la prima volta, “non succede quasi più niente”, così dice Pietro Navarra alla giovane editor. E chi legge può cercare di capire che cosa è questo “quasi più niente” che affiora in un racconto fortemente ellittico: evidenzia una delusione o una frustrazione? È un rimando a quell’“indicibile” del titolo, che è forse un indizio di incomunicabilità? Oppure il “quasi più niente” è un nuovo imprevedibile incanto di cui il lettore si troverà a poco a poco a fare parte, abbandonando la stessa indecisione che avverte in Pietro Navarra e trovando, come al termine di una quest, e diversamente dal Bassani di cui sopra, il senso di una pace provvisoria con la vita? I grandi romanzieri, come si scopre pagina dopo pagina, tra le righe scritte e tra tutte le righe scartate – la prosa di Montefoschi da rigogliosa che era è finita progressivamente e magistralmente scarnificata, scheletrita – fanno giochi di prestigio e il trucco molto spesso, oltre a stupirci, ci riguarda da vicino.
Appunti a margine. Montefoschi si abbandona al mutare delle stagioni di Roma, e alle consuete descrizioni atmosferiche della città e dei suoi luoghi feticcio, ma stavolta taglia la storia per giorni e non per anni nelle tre parti del romanzo che seguono una cronologia disperatamente lineare – è una pacata disperazione, un ossimoro, lo stillicidio dei giorni e delle frasi, cosa che si comprende bene leggendo.
Il fatto che nel racconto siano infine disattesi avvenimenti che abbiamo dato per scontati fa parte delle cose della vita vissuta oltre che di quella narrata.
Il personaggio di Paola Frontali è il centro vuoto della vicenda e un carattere femminile mai completamente in luce. Impossibile non incuriosirsi di lei, come delle altre donne, la volitiva compagna di Navarra, Sabina, e sua figlia Annalisa.
Un lumetto da comodino si accende a pag. 89 per la prima volta, ma a un certo punto viene spento e ciò avviene per un ordine perentorio di Paola Frontali a pag. 185 e per l’arrivo del giorno a pag. 262.
Il titolo sulla “tenerezza indicibile” risulta ambiguo per grande parte del romanzo e però si spiega appieno a pag. 288.
Se può interessare, ho scritto di Giorgio Montefoschi anche qui e qui
(Credit cover @Richard Tuschman, Pink Bedroom – Window seat)