UN BLOG
IN FORMA DI MAGAZINE
E VICEVERSA

Allonsanfàn
{{post_author}}

Disclaimer. Cate Blanchett e i 16 spoiler

Se è solo – come ben sa chi ha affrontato Heidegger, ma pure Sartre e Lacan miscelati in parti uguali nel tumbler della Verità tanto più nascosta in quanto riguarda ciò che per definizione sempre sfugge, noi, frastornati come siamo, dal cicalìo mortifero del luogo comune ora sempre più social che ci risparmia la fatica dell’esistere, ridotti come siamo a semplice apparire nel tempo, pettinati ogni giorno allo specchio delle nostre digerite convenzioni che saranno alfine più utili a fare di noi dei cittadini perbene e delle persone di buon senso ma ci lasciano nudi e senza parole, figuriamoci di soluzioni che non siano da giallista o da enigmista, che ricompongano cioè l’orrore della carne macerata di Bacon in una commestibile polpetta buona per ogni pasto, ogni volta che si presenta alla porta del quotidiano soporifero andazzo l’eccezione di un taglio, l’invadenza di un perturbante che non chiede soltanto d’essere risolto in una generica trattativa problem solving come ti vorrebbero insegnare quelli che si bullano d’essere proattivi e resilienti e altro non fanno che ricondurre l’eccezione nell’alveo del main stream mai dello stream of consciousness che li porterebbe per una volta – se solo si lasciassero sorprendere – laddove l’inciampo potrebbe essere occasione per fare di sé il trampolino per nuove rivelazioni – se è solo dunque il ritornare – ma quanto inatteso? – del passato ciò che sembra in grado di sconvolgere con la protagonista… quella Cate Blanchett per cui tutti si sentono dopo il duplice Oscar e l’incoronazione di Re Giorgio a emblema di algido stile di sperticare lodi soltanto perché l’età la priva dell’aura della più giovane sé medesima Catherine Ravenscroft nella luminosa fotografia d’autore che incornicia invece la figlia di Greta Scacchi e ex moglie di Sean Penn – c’è tutto un metaromanzo dentro alla trasposizione di un romanzo in serie tv e ci si potrebbe fare un film non con gli attori ma sugli attori – e così ora riconsegnata alla normalità può infine apparire degna, esente da ogni invidia, della benevolenza femminile più di quando – sgraziata nasuta aussie – disprezzava i soldi e si dava a spese folli nella Roma non di Cuarón ma di Minghella mentre gli uomini preferirebbero, non fossero vittime di politically correct (ma se Robert appella “puppet” la moglie, tutto è lecito), di gran lunga approfondire nella serie il periodo vanziniano a Forte dei Marmi della suddetta Leila George che nel libro di tale Renée Knight, ex documentarista come la sua protagonista, ora romanziera di successo, parrebbe aver vissuto, ma siamo solo al primo doppio pilot, la sua estate di turbe pecorecce con assai più giovane toy boy in assenza di legittimo consorte, un Sacha Baron Cohen irriconoscibile in quanto falsissimo se stesso senza il costume ascellare dell’insopportabile Borat troppo in anticipo su Sapore di mare ma decisamente in ritardo su un qualsiasi Fantozzi, e perciò ancora più repellente, rientrato anzitempo a Londra richiamato ai doveri del problem solving, errore da principiante se sei in vacanza nella patria dei camerieri latin lover (chiamali predatori e vedi come cambia subito la narrazione) con la Vespa 50 Special (ah non è The White Lotus 2?) con cotanta giovane e sarebbe troppo facile prevedere vogliosetta mogliettina…

…se è solo dunque, si diceva, il ritornare del passato a mettere in crisi con la protagonista, ritratta come “detestabile” nel libro galeotto, la costruzione dell’ennesima sbilenca teoria familiare nell’ennesima riedizione del vetusto piagnisteo dei ricchi che anche loro piangono come in tutta la recente autoproduzione della Kidman, da The Undoing a The Perfect Couple, perché si sa alla massa che si fa pubblico è meglio servire al posto della minestrina rincarata allungata con le lacrime il polpettone dell’élite tra magioni stratosferiche e uffici open space dove indossare luxury brand in spazi industriali rivitalizzati all’insegna della contemporaneità e al mercatino chic a chilometro zero coi prodotti del territorio dove acquistare due sogliole per cena ma rigorosamente senza testa, che lo faccia il pescivendolo il lavoro sporco, io mi diverto anche a sfilettare ma allora tutti dovrebbero già sapere da dove inizia a puzzare il pesce invece di imbrodarsi in sperticate lodi, per poi rimangiarsele nel meno prezzolato dei casi a visione terminata. Forse dal titolo? Già, perché se disclaimer deve essere allora non si può non sapere, da romanziera, che la formula trita che recita “ogni riferimento blablabla è puramente casuale” si mette a incipit proprio per suggerire al lettore non che sia opera di fantasia, è un romanzo!, ma che si stia invero parlando di fatti e persone reali. Cosa mai si avrà da temere da Lo straniero perfetto, nel plot titolo del libro incriminato che dovrebbe turbare l’esistenza della coppia protagonista, rivelando chissà quali verità taciute, siamo già tutti perfetti stranieri a noi stessi, e ogni narrazione è manipolatoria, se ha per disclaimer la formula invertita per la quale “Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti non è puramente casuale”? Non ci sta involontariamente suggerendo quel che da subito è palese e cioè che come ogni racconto del passato anche questo non può che in realtà essere un falso, non essendo il passato altro mai che il racconto di un passato e che ogni vita, anche quella più lontana dall’aurea mediocritas di questo personaggio qua, altro non sia perciò che l’invenzione di una storia non fondata sui ricordi ma sul potere generativo della parola sicché non è mai il “prima” che determina il “dopo”, ma, viceversa, è sempre il “dopo” che significa in modo sempre inedito e imprevedibile il “prima”. È questa la temporalità al “futuro anteriore” che Lacan riprende dall’Heidegger di Essere e tempo e dal Sartre di L’essere e il nulla: solo ciò che sarà nell’avvenire definisce quello che sono stato nel passato. Come lo sviluppo successivo alla presa della Bastiglia ne ha fatto un evento epocale e non una semplice rivolta, così qualsiasi evento del nostro umano passato assume un senso solo alla luce di ciò che ora siamo. Non ha senso essere documentaristi della propria storia né a questo punto ha senso farsi terrorizzare dal linguaggio di un altro che in conto terzi inventa con la sua la nostra vita. Faresti meglio allora, Catherine-Cate-Renée, a sederti a tavola – per usare la stessa tecnica della narrazione in seconda persona – e mangiare invece che dare la cenetta in pasto al gatto premiandone la pazienza certosina. Qualsiasi cosa emerga dal tuo passato, ciò che conta è ciò che sei ora. L’unica cosa per la quale valga la pena essere forse amata. La tua firma su una storia che non c’è. La vita non può essere perfetta. Sai che novità! Perfetta dovrebbe essere la sua riedizione, il racconto almeno, quella che Nietzsche chiama favola, tutto ciò che sappiamo del mondo, in mancanza della verità del mondo. Ma allora come la mettiamo con quella coppia di deficienti ragazzini inglesi in Interrail che invece d’essere a far bravate in Costa Brava o a dormire sul ponte del traghetto direzione Ios, come tutti quelli della loro età, si trastullano in cuccetta singola nell’Italia Express con tramonto colorato all’E 123 al finestrino direzione Venezia? E potrebbe mai essere in una vita immaginata reale che il petulante inventore del selfie con la Reflex figlio della working class Loach-style con padre insegnante e madre casalinga e ragazzetta squatter (sfiletta sfiletta la lisca è sempre uno scontro di classe) possa diventare il sogno erotico della mammina con figlio a carico, a Forte per giunta? Non siamo già travolti dalla mendacità del documentarista che nel mentre riflette sulla finzione di ogni narrazione piega la realtà alla sua tesi precostituita come ogni addolorata inviata in pashmina colorata che finge commiserazione per i mali del mondo mentre filma a uso e consumo della sua carriera i dolori dell’umanità terzomondista con l’obiettivo al Premio Speciale nella serata di gala, nutrendo l’ambizione segreta d’ogni gazzettiere eterodiretto ma convinto d’avere la sua di opinione del mondo di diventare romanziere come fosse un semplice progetto da portare a termine che si può programmare per rifarsi una verginità? Sarà per questo che alla Knight riescono solo insopportabili personaggi: coppiette di mezza età sposate da vent’anni in vena di smancerie (dialoghi tipo: “Let me cook dinner tonight”, “That’s so lovely of you, but you’ve been very, very stressed about that book“, “Oh, non è nulla ti farò la sogliola alla mugnaia che ti piace tanto, darling!” fanno sembrare umano ChatGPT), insegnanti frustrati, capitalisti con la foglia di fico della Ong di famiglia, ragazzetti upper class che vendono aspirapolvere alla Unieuro come Puck cresciuti male che chiedono il pin (e però consigliano il Dyson mica il Folletto), mamme affrante e col carico di un tumore terminale, studenti brat come da moda generazionale, gondolieri che si fanno perculare dai turisti, pensionati che si sognano editori online col bookabook per gli amici non della domenica ma del pub sotto casa… Quali sarebbero i 16 spoiler di cui è fatto divieto assoluto di parlare? Probabile lo siano non perché a rischio di rivelazioni ma proprio per nascondere la banalità della trama, sempre che qualcuno abbia voglia di andare oltre la seconda puntata. Alla fine invece di tante parole su quanta attenzione va posta alla narrazione e alla forma saranno, beffarde, le foto fedifraghe di Catherine “enjoying pleasure with abandon” a far scattare la malriposta rabbia: “Ecco, perché hai sempre l’emicrania when I want to have sex with you“, “No non è che non voglia, darling“, “È chiaro che non ti basto“. Mentre l’onnisciente narratrice regala perle come “il segreto è mantenere il segreto“, come se bastasse indossare il golfino di maglina rosa per trasformare un guerriero di carta igienica in pregiato Latour dell’82!

  • DisclaimerLa vita perfetta è una miniserie tv del 2024, scritta e diretta da Alfonso Cuarón e distribuita su Apple TV+.
  • Per altri (S)visti di Gabriele Nava, qui
I social: