Sono un po’ più vecchio di Cesare Cremonini, ma anch’io so quanto sia bello andare in giro in Vespa per i colli bolognesi. Invece non so proprio come sia andare in slitta sulla neve, tirato da un cavallo al trotto. Pare sia divertente, anche se posso solo fidarmi di quello che racconta James Lord Pierpont. E comunque, caro Cesare, non me la racconti giusta: sappiamo tutti e due che la parte più divertente di quello scorrazzare su e giù per Casaglia e Paderno è sentire l’abbraccio della tua ragazza seduta dietro, come Audrey Hepburn in Vacanze romane. James è più onesto: confessa che a lui piace andare in slitta proprio perché così può stare finalmente da solo con la sua Fanny. Certo c’è sempre il rischio di cadere e magari di fare una brutta figura di fronte a qualche damerino di passaggio. Ma – assicura James – se attacchi un baio veloce, carichi una ragazza e cominci a cantare, stai sicuro: è bello andare in giro con le ali sotto ai piedi, se hai una slitta che ti toglie i problemi!
E poi è divertente ascoltare il suono delle campanelle attaccate alle briglie del cavallo, anche se le hai messe per far sentire agli incroci che stai arrivando. Meglio essere prudenti, una slitta sulla neve, a differenza della Vespa, non fa praticamente nessun rumore. Quindi ragazzo, stringiti alla tua Fanny e fa’ suonare quelle campane.
A differenza di quello che succede con Cremonini, abbiamo un solo ritratto di James Lord Pierpont, un rispettabile signore di cinquant’anni in redingote con una folta barba nera. In quel momento James, sposato e padre di quattro figli, vive in Georgia, è l’organista della locale chiesa presbiteriana, insegna musica nella scuola della città e dà lezioni private di pianoforte. Anche se è nato a Boston, vive da tempo al Sud, tanto che si è arruolato come volontario nell’esercito della Confederazione. È uno dei tanti reduci della guerra di Secessione che cerca di adattarsi ai tempi nuovi. Sono lontani gli anni in cui si è imbarcato in una baleniera e poi è andato in California per partecipare, senza successo, alla corsa all’oro. Ha tentato anche di fare il fotografo, anche in questo caso senza fortuna. Però James ama la musica, sa suonare l’organo ed è capace di comporre canzoni. Scrive musica da ballo, ma soprattutto canzoni per gli spettacoli dei Minstrel, attori e cantanti bianchi con la faccia dipinta di nero, che rappresentano i neri in maniera stereotipata e offensiva. Però il pubblico si diverte e questi spettacoli di varietà hanno un certo successo negli Stati Uniti – a nord e a sud – negli anni Trenta e Quaranta dell’Ottocento. E, nonostante il chiaro intento razzista, è il modo in cui i bianchi scoprono la musica dei neri. E quello che diventerà all’inizio del Novecento il jazz.
Non sappiamo di preciso né quando né dove James abbia composto la canzone intitolata The One Horse Open Sleigh, in cui racconta di quanto sia divertente portare una ragazza in giro con la slitta d’inverno. Sappiamo che è stata eseguita per la prima volta il 15 settembre 1857 all’Ordway Hall di Boston da John Pell, un popolare “menestrello” dalla faccia nera, in uno dei suoi spettacoli. E non sappiamo se sia piaciuta al pubblico, che probabilmente si è messo a ridere quando Johnny, cantando la terza strofa, quella dove si racconta la caduta, si è buttato a terra, fingendo di essersi fatto male al sedere. O ha fatto qualche gesto volgare per descrivere Fanny, che finalmente ha deciso di accettare l’invito a fare quella corsa sulla slitta. In fondo si divertivano così. Gli spettatori probabilmente hanno trovato quel pezzo – il cui ritornello richiama il Canone di Pachelbel – piuttosto orecchiabile, anche perché simile a tante altre canzoni tradizionali che hanno già sentito o magari cantato proprio andando sulle slitte. Ma James ha bisogno di soldi, deve scrivere le sue canzoni in fretta e sfrutta il più possibile quello che c’è in giro.
In quegli stessi mesi il fratello di James diventa reverendo della chiesa presbiteriana unitaria di Savannah in Georgia e lui lo segue per suonare l’organo e dirigere il coro. Per la Festa del Ringraziamento di quell’anno, James insegna al suo nuovo coro quel pezzo sulle campane e sulle slitte. È una canzone che parla della neve e dell’inverno e poi è abbastanza facile da imparare in pochi giorni. Mentre suona l’organo della chiesa di Savannah – che sarà chiusa dopo due anni perché sostiene l’abolizione della schiavitù, un “dogma” che in Georgia in quegli anni ha scarsa fortuna – James non può certo immaginare che ha scritto una delle più famose canzoni di Natale del mondo, una canzone che tutti abbiamo cantato e storpiato, anche se non sappiamo l’inglese e non abbiamo idea che si parli di slitte.
Non ci sono notizie precise su quando Jingle Bells sia diventata una delle più popolari canzoni natalizie di sempre. Rispetto alla versione di Pierpont quella che cantiamo noi – e che è una popolare suoneria di cellulare – ha un ritornello ancora più semplice e non sappiamo chi l’abbia scritta così, ma certo viene registrata in questo modo da Will Lyle il 30 ottobre 1889 su un cilindro Edison, anche se non si hanno notizie di copie superstiti. La prima registrazione arrivata fino a noi è di qualche settimana dopo: l’Edison Male Quartette, sempre su un cilindro Edison, incide una parte della canzone in un medley natalizio – usavano già allora – intitolato Sleigh Ride Party. Nel 1902 i quattro artisti, che ormai si fanno chiamare Hayden Quartet, perché non cantano solo per la Edison, e sono il più popolare quartetto vocale di qua e di là dell’Atlantico dei primi anni del Novecento, incidono Jingle Bells.
E da allora questa canzone è definitivamente una delle canzoni di Natale, anzi la più conosciuta e cantata canzone non religiosa di Natale. Nel 1935 la versione di Benny Goodman raggiunge il 18° posto della classifica dei dischi più venduti, mentre nel 1941 Glenn Miller ottiene il quinto posto. E durante le feste di Natale del 2006 la cantante Kimberley Locke, scoperta nella seconda edizione di American Idol, raggiunge il primo posto con la sua registrazione della canzone. Nel 1957 Bobby Helms ha riscritto la musica in stile rockabilly. E davvero tutti hanno registrato Jingle Bells, da Sinatra a Mickey Mouse, dai Beatles a Pavarotti. Oppure quel ritornello così famoso viene appena citato, come nella versione di Bruce Springsteen di Santa Claus Is Comin’ to Town. E non mancano ovviamente le parodie, come quella famosa Jingle Bells, Batman Smells, scritta negli anni Sessanta, ma rimessa in auge da Burt Simpson. O, visto che la canzone è diventata internazionale, in qualche caso si decide di cambiare le parole. In Australia a Natale non c’è la neve e non si va in slitta, però puoi portare la tua ragazza su una vecchia Holden sollevando la polvere nel bush: il risultato non cambia.
Il 16 dicembre 1965 gli astronauti della missione Gemini Tom Stafford e Wally Schirra, con delle campanelle e un’armonica portate sulla navicella all’insaputa della base di Cape Canaveral, hanno eseguito una loro versione di Jingle Bells, che quindi è diventata la prima canzone diffusa nello spazio.
E James?
Continua a fare la sua vita da gentiluomo del sud. Nel 1880 suo figlio Juriah, che è diventato un medico, rinnova il copyright sulla canzone, riuscendo, pur con notevoli sforzi, a mantenerla legata al nome del padre. Anche se non ne ricaverà mai molti soldi. James Lord Pierpont muore a Winter Haven – e uno che ha scritto Jingle Bells dove altro poteva trasferirsi? – in Florida il 5 agosto 1893. E anche se non ha goduto i benefici economici, nel 1970 il suo nome è stato inserito nella Songwriters Hall of Fame, proprio per aver scritto, copiando qua e là, quella canzone.
Forse gli avrebbe fatto più piacere sapere che nel 2006 un altro “menestrello” avrebbe usato la struttura del ritornello e le prime due righe della sua The Little White Cottage, una ballata del 1857 scritta proprio nello stesso anno di Jingle Bells, per la sua Nettie Moore, l’ottavo brano di Modern Times.
Quindi la prossima volta che sentite Jingle Bells non pensate al cenone e ai regali, e neppure al Natale, ma solo di essere su una slitta con la vostra Fanny e di andare veloci verso il tramonto.
- Luca Billi ha pubblicato il romanzo Anything Goes (Villaggio Maori Edizioni). Anything Goes è anche uno spettacolo teatrale
Credit: Santa-Vespa by John Niedermeyer is licensed under CC BY-NC-SA 2.0.