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Angela Merkel all’Ispi. Nessun compromesso sulla difesa della libertà

«Il suo libro di intitola Libertà. Quella libertà che lei definisce, da ragazza cresciuta sotto una dittatura, la più grande sorpresa della sua vita. Il suo libro è un viaggio nel tempo, in una vita per metà trascorsa senza democrazia e per metà vissuta nella libertà. E la mia prima domanda è una domanda che dopo il 1989 non avremmo mai pensato di doverci porre. Lei pensa che oggi la democrazia, cioè la forma politica di quella grande sorpresa, sia in pericolo in Occidente?».

Walter Veltroni apre così l’incontro all’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale di Milano, con Angela Merkel che presenta la biografia Libertà (Rizzoli) di fronte a un pubblico che tanto numeroso forse non si era visto mai.

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Angela Merkel, 70 anni, nata ad Amburgo nella Germania Ovest ma diventata adulta nella parte Est del Paese dove ha vissuto 30 anni, è stata presidente della CDU (Unione cristiano-democratica) dal 2000 al 2018 e prima donna cancelliera della Repubblica federale tedesca dal 2005 al 2021, anni durante i quali ha segnato la politica tedesca, europea e internazionale.

Nelle oltre 700 pagine del libro Merkel descrive la vita quotidiana nella cancelleria, così come i giorni e le notti drammatiche in cui a Berlino, a Bruxelles e altrove si è trovata a prendere decisioni di enorme portata. Traccia le linee del cambiamento nella cooperazione internazionale e rivela la pressione che grava oggi su donne e uomini di governo quando si tratta di cercare soluzioni a problemi complessi in un mondo globalizzato. Racconta la conquista della presidenza della CDU, il suo ingresso in cancelleria e le grandi crisi affrontate, da quella dell’euro alle migrazioni fino all’invasione della Crimea da parte della Russia.

Oggi la democrazia è in pericolo?

Lei – giacca colorata e pantaloni come suo solito, sorriso cortese, aria persino troppo mite se si pensa a quello che è stata – a Veltroni risponde: «Nell’89 non potevo certo immaginare che la democrazia in futuro sarebbe stata posta sotto pressione come effettivamente lo è in questo momento».

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La democrazia, rimarca Merkel, richiede tolleranza, capacità sociale, tutela delle minoranze. E l’accettazione di compromessi, tranne che su un punto però: la difesa della libertà. Merkel ricorda la scelta politica delle “porte aperte” quando decise di accogliere i profughi, in maggioranza siriani: «Era il 2015 e mi sono detta: se non accogliamo i migranti con il sorriso sulle labbra, questo non è più il mio Paese. La cittadinanza si impara, neanche un tedesco è nato europeo. Chi fugge dalla guerra e dalle torture deve poter venire in Germania». Entra un milione di persone. Alle preoccupazioni della popolazione Merkel ribatte: «Ho vissuto trent’anni in un regime. So cosa significa crescere senza libertà». A oggi tre quarti di quei migranti hanno trovato un lavoro, e ai siriani lei augura, dopo il cambio di regime, «di ritrovare la patria anche se bisogna monitorare cosa accadrà, perché ci sono molte situazioni pericolose di instabilità a partire dall’Iraq e dalla Libia». Poi aggiunge: «In Europa dobbiamo trovare una politica dei rifugiati congiunta, si sono fatti passi avanti, ma manca generosità. Si devono dare aiuti ai Paesi di origine, perché solo lavorando sulle cause come guerre, cambiamenti climatici, povertà si può cambiare qualcosa». È determinata nel sostenere la necessità dell’accoglienza, anche se quella scelta ha dato probabilmente il via al suo declino. E all’ascesa della forza di ultra-destra Alternative fur Deutschland (AfD), che cavalca le paure dei tedeschi.

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Veltroni le chiede di Donald Trump, con cui Merkel ha avuto a che fare durante la prima presidenza (dal 2017 al 2021). «Ha sempre mantenuto il punto di vista di un immobiliarista» risponde. «Per lui esistevano solo vincenti o perdenti. E io potevo essere o l’uno o l’altro. Per questo, pensare a una collaborazione “win-win” era molto complicato». Oggi, di fronte al secondo mandato di Trump, Angela Merkel ritiene che «l’America deve capire che non può risolvere tutto da sola e che l’Unione europea è un partner forte e importante».

Nel discorrere all’Ispi non si toccano temi personali. Nel libro invece c’è anche lei, la sbornia alla festa per il conseguimento della maturità, l’occupazione abusiva di un appartamento a Berlino Est quando studiava fisica. Come è stata educata e ha affrontato e vissuto la caduta del muro nel 1989.

È una femminista, le dice Veltroni. E Merkel risponde: «Femminista a modo mio, questo l’ho scritto. All’inizio ero un po’ ingenua, pensavo che uomini e donne avessero gli stessi diritti e che questi diritti dovessero essere messi in pratica. Poi però con la politica ho imparato che ci sono sfide particolari che ricadono sulle donne, se le donne veramente vogliono partecipare alla politica, avere un ruolo nella società. Io voglio che ci siano più donne in posizioni importanti nella politica, nell’industria e di questo ne dobbiamo parlare. Ed è importante parlarne in rapporto all’educazione dei figli, alla divisione dei lavori di casa».

Il libro. Angela Merkel Libertà Rizzoli

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