Nell’opulenza delle librerie luccicanti di pubblicazioni natalizie mi è venuta una nostalgia bastiancontraria per i librini di sobrie dimensioni e copertine minimaliste relegati negli scaffali interni. È lì che ho scovato Breve storia umoristica del libro di Enrique Gallud Jardiel, traduzione dallo spagnolo di Fabiana Errico, illustrazioni di Marco De Angelis (Graphe.it edizioni 2024).
Cento gustose paginette sulle vicende della trasmissione scritta della conoscenza a partire dalla comparsa degli alfabeti. Ovvero, la storia del libro, un “oggetto” fatto via via di fibre vegetali, papiro, corteccia d’alberi, pelle di pecora, carta riciclata, contenitore materico di cose impalpabili: segni, parole, numeri. Parole sacre, epiche, le parole delle leggi, dei registri contabili, dei ragionamenti della mente e dei moti del cuore che hanno segnato l’evoluzione della scrittura e delle varie civiltà nel mondo.
Breve storia è un saggio colto ma spassoso, di assoluta precisione filologica e allo stesso tempo di piacevole lettura: non a caso l’autore Gallud Jardiel, classe 1958, vanta un dottorato di ricerca in filologia ispanica unito a quell’innato senso dell’umorismo che lo ha portato (dopo 200 libri scritti) a dedicarsi alla satira e alla parodia.
Nelle ultime pagine del volumetto, disseminato di storie e scrittori e curiosità (si viene, per esempio, a sapere che Archimede riempì volutamente di errori un suo trattato per confondere gli avversari e smascherare eventuali plagi), l’autore indica una lista di “libri umoristici altamente raccomandati”. Tra i quali, abbastanza inaspettati, due titoli di Fëdor Dostoevskij.
Il primo è Il coccodrillo (Adelphi 2022, a cura di Serena Vitale), un racconto del 1865 pubblicato per la prima volta sulla rivista Epocha col titolo Il marito inghiottito, rimasto incompiuto, e definito dallo stesso Dostoevskij “una birichinata letteraria”. Si svolge nell’elegante Galleria del Passage, il primo centro commerciale della Russia nella San Pietroburgo anni Sessanta dell’Ottocento. Dove un certo Ivan, mediocre ma supponente funzionario statale, assiste con la moglie e un amico (voce narrante del racconto) all’esotica visione di un coccodrillo vivo mostrato a pagamento da un mercante tedesco. Il coccodrillo sembra addormentato tant’è che il funzionario gli solletica il naso con un guanto. E l’animalone, di colpo sveglio, lo inghiotte. Dato che, come dice un progressista di passaggio, “sventrare l’animale per estrarre l’uomo sarebbe retrogrado”, Ivan resta nella pancia del coccodrillo, dove però, a differenza di Pinocchio nel ventre della balena, l’oscuro funzionario vuole continuare a rimanere perché, da là dentro, per quanto invisibile, fa notizia, richiama un pubblico elegante al quale (protetto dalla pelle del coccodrillo) sciorina sentenze alla maniera dei pensatori rivoluzionari dell’epoca farneticando sulle nuove magnifiche sorti e progressive della patria. Ha acquisito finalmente l’agognata visibilità, il che lo rende felice (come un social addicted dei nostri giorni, verrebbe da pensare).
L’altro “libro divertente” di Dostoevskij suggerito da Gallud Jardiel è Il villaggio di Stepànčikovo e i suoi abitanti – ho tra le mani l’edizione del novembre 2021, Castelvecchi editore, traduzione di Miriam Capaldo – scritto nel 1859 subito dopo la liberazione dell’autore dalla deportazione in Siberia durata dieci anni durante i quali gli era vietato di scrivere e di leggere (tranne il Vangelo).
Concepito come un lavoro teatrale e dunque con l’immediatezza di dialoghi fatti di varie e diverse voci, grida, proteste, mormorii, il romanzo ha avuto nel tempo diverse traduzioni in italiano a partire da quella “storica” di Alfredo Polledro (Carabba 1920) e varie edizioni (Sellerio 1960 e Quodlibet 2016) nelle quali si è cercato di conservare la ricchezza del linguaggio originale ma in modo da renderlo più vicino ai lettori di oggi.
Protagonista de Il villaggio è l’odioso Fomà Fomìč, parassita meschino e rancoroso, abitato da un ego smisurato e da incongrue ambizioni intellettuali (vorrebbe costringere i contadini del piccolo villaggio sul quale comanda a parlare francese come nelle nobili casate…) nel quale Dostoevskij concentra, con penna leggera e tocchi umoristici come se lui stesso si divertisse a notarli, i difetti della società russa del suo tempo.
Tornando alla lista dei libri umoristici stilata da Gallud Jardiel: ai “lettori forti”, bibliofili e collezionisti, il piacere di scoprire quali sono gli altri “raccomandati”.
- Jonne Bertola ha pubblicato il romanzo Fuori Copione (LuoghInteriori)