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Allonsanfàn
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Stephen Markley, Diluvio. 1.300 pagine in un clima da spavento

Detto in estrema sintesi e usando le parole di un ben imitato articolo del New Yorker, datato 2036, che compare nel testo: “La crisi climatica sta rapidamente destabilizzando gli ecosistemi del pianeta. Ciò causa eventi meteorologici estremi che esercitano un’indebita pressione sulla nostra civiltà, scatenando violenza, miseria, malattie, caos e morte su milioni di persone tra le più vulnerabili”. Il minuzioso e imaginifico svolgimento del tema da parte di Stephen Markley, classe 1983, già ammirato per la complessa trama di Ohio (Einaudi Stile Libero 2021), occupa all’incirca 1.300 pagine.

Il suo Diluvio (The Deluge) infatti, più che una storia di uomini, mira a essere una tranche di storia dell’umanità, una molto ambiziosa distopia che parte dal 2013 e si spinge fino a vent’anni dopo e più – fino a quando ci sarà il mondo che conosciamo (o il mondo tout court)?

Il romanzo è imperniato su un pugno di personaggi, che ritornano nel tempo intersecandosi e fornendo il loro punto di vista su un’America e su un pianeta indirizzato alla catastrofe: le loro storie scorrono in rivoli paralleli destinati a farsi piena, accomunati dal disastro ecologico e dalle conseguenze (peggio delle piaghe d’Egitto ma stavolta dovute alla mano dell’uomo) che da questo si irradiano.

La partita narrativa di Markley intreccia subito allo scorrevole linguaggio della fiction quello della scienza in un credibile patchwork redatto in gerghi diversi, che riproduce “falsi documenti”, relazioni delle fondazioni ecologiste, articoli del Washington Post, elaborazioni dell’AI, note del Pentagono, stralci di saggi e volantini di attivisti.

Abbondano i cliché, d’accordo, ma i personaggi nella bolla creativa (o possiamo dire “opera mondo”?) di Markley, seppur già letti, sono funzionali a rendere squarci di vita se non reali, realistici in modo preoccupante. A cominciare dal primo ad apparire tra i protagonisti, lo “scienziato scomunicato” Tony Pietrus, sulla cui previsione riguardo gli idrocarburi, esposta nei primi capitoli, si fonda il testo di Markley: Pietrus è il ruvido outsider schierato contro “il sistema dei combustibili fossili” che perde tutto, cattedra a Yale compresa, fuorché la faccia. Certo, ci sembra di aver incontrato anche la volitiva attivista Kate Morris, la nuova e spregiudicata dea cool dell’ambientalismo, brillantemente ritratta tra veleni e carezze dal giornalismo pop di Vanity Fair in un pezzo mimetico, e poi scaricata in grazia dei suoi vizi come una qualsiasi predatrice sessuale, ma pronta alla riscossa.

E però è lei che innesca i capitoli numerati de I giorni della pioggia e del tuono, e il gioco di Markley funziona anche sulla lunghissima distanza, mentre ingabbia le gesta degli eco terroristi di 6Gradi, noti come Weathermen, cupi e disciplinati, quasi paranoici riguardo la possibilità di venire intercettati dal controllo onnipresente dello stato. Nel Diluvio viene descritta efficacemente gente comune e white trash, reduci di guerra in astinenza da combattimento e spiantati eroinomani che galleggiano, peggio del resto della società, tra un’esondazione fluviale e una tempesta (non metaforica) di aria infuocata.

Intanto fervono gli intrighi machiavellici tra Repubblicani e Democratici – non c’è alla presidenza Donald Trump, di cui Markley che ha pubblicato nel 2023 non ha previsto il secondo mandato, ma l’ambigua conservatrice di pelle nera Mary Randall – per attuare o disattendere l’intervento governativo sul clima che deve essere deciso e decisivo, complici le strategie comunicative e pubblicitarie offerte alla lobby del petrolio e del carbon fossile per evitare catastrofi da far impallidire quella dell’industria del tabacco nei Novanta…

Markley si è dato il compito di dipingere un affresco della società Usa del futuro prossimo venturo e quindi, a rischio di battute a vuoto, non intende espungere nessun aspetto dalla sua “visione” del futuro, che è – va detto – terrificante. È dopo circa 400 pagine che il suo racconto ibrido levita sotto gli occhi del lettore, si alza e decolla alla stregua di un drone ben pilotato. Diventa ancora più ibrido perché lo scrittore americano sceglie di misurarsi con tutti i generi della letteratura o del cinema pop (o delle serie pop?): ed ecco l’action movie/disaster movie del coraggioso Pietrus in cerca della figlia intontita dalle droghe nell’incendio El Demonio, che distrugge mezza Los Angeles – è stato così nominato perché nelle prime lingue di fuoco qualche cittadino ha visto il diavolo e certo ha contribuito alla terrifica visione la predicazione folle e crudele del Pastore, ex attore fallito diventato guru e spacciatore di Bibbie, la cui “storia di setta” prende poi connotati politicamente allarmanti, addirittura una candidatura alla presidenza!

Ed ecco che Markley infila tra le pagine il thriller finanziario, attraverso le gesta di Jackie, la più realista delle sue protagoniste femminili, la ragazza di Chicago che ha stregato il mondo delle comunicazioni e con un altro compare, come lei rampante e impeccabile, gestisce un fondo chiacchierato – il thriller finanziario diventa anche e quasi per caso una delle due molto sentimentali love stories del libro, con una parentesi veneziana, in un hotel invaso però dai liquami…

La prosa di Markley, cosi precisa e godibile nei calchi giornalistici e nel delineare i personaggi, è fedele alla sintassi di un romanzo popolare e semmai non trova il giusto calibro (il giusto conforto letterario?) nelle epocali scene di catastrofe o di potenziale riscatto – per esempio, quella di El Demonio o la colossale e spontanea manifestazione innescata da un Live Aid a Washington nel 2034 – soffrendo di quella eccessiva sentenziosità nel commentare l’azione mentre si svolge, tipica di chi vuole volare alto prima di aver aperto le ali.

Sia chiaro. Diluvio non è, secondo la nota definizione, un best seller di qualità, cioè un libro d’arte che vende a sorpresa, ma è piuttosto e a modo suo un best seller di consumo, ovvero un romanzo di facile lettura (fast book), legato a un fenomeno culturale del momento e magari trasponibile su schermo – tra l’altro HBO ha annunciato una serie tratta da Ohio scritta dall’autore e prodotta da Sam Levinson. Ma questo è un pregio e non un difetto poiché in quest’opera monumentale e appunto attualissima Markley è capace di catturare il lettore in un vortice di storie, fatti, dati, proiezioni e previsioni “che lo riguardano”. Allora poco importa se il romanzo non rimanda a un capolavoro come Underworld di Don DeLillo – anche se Kevin Koczwara lo prende a paragone sul Los Angeles Review of Books – ma semmai al meglio del buon vecchio Michael Crichton (che sul meteo la pensava però all’opposto), allo Stephen King più ispiratamente immerso nel way of life americano o al Don Winslow storico e reporter di Il potere del cane, cui aggiungerei per suggestione due bei film recenti, il visionario Civil War del regista scrittore Alex Garland e la rigorosa partitura ambientalista di Night Moves di Kelly Reichardt.

Stephen Markley

Spesso si tenta di esorcizzare la paura eccedendo in crudeltà”. Così il brillante matematico e data analyst Ash, consulente di politici e prigioniero di uno sguardo razionale capace di farlo divenire glaciale – infligge a se stesso e al figlio neonato un’agghiacciante prova di denutrizione. “La fame, il caldo, i flussi migratori… avvengono in un mondo globalizzato dai media dove il terrore e il panico incrementano i dollari investiti in pubblicità e gli algoritmi trasformano la disinformazione in moneta di scambio”. Detto bene, soprattutto perché Markley si premura di farcelo capire nei fatti di una sterminata e ipnotizzante storia – già, Diluvio (Einaudi Stile Libero) si legge bene in modalità binge reading.

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