La figura retorica dell’ellissi rimanda a una narrazione di omissioni e di sottintesi, che è la più evidente cifra stilistica di LUCE – titolo in lettere maiuscole forse per ingannarci, sottolineando nella parola, una apparentemente chiara identità di significante e significato. LUCE, che è l’opera seconda di Silvia Luzi e Luca Bellino, già noti per l’esordio de Il cratere.
Dicono i registi: “Volevamo continuare a raccontare il rapporto con il potere, che sia padre o padrone, quel potere che quando è famiglia ti schiaccia e quando è lavoro ti aliena. Abbiamo provato a farlo attraverso il tumulto di una giovane donna in un contesto che la vuole operaia, ignorante, sottoposta, e che la induce a una scelta malsana alla ricerca di un’assenza e di una voce che diventano vita parallela. Forse inventata, o forse più vera del vero”.
La giovane donna (Marianna Fontana, bravissima) è una ragazza solitaria che si trova a dividere la quotidianità con un uomo misterioso – non facciamo spoiler. Lui la contatta, non si capisce subito se timidamente o in maniera intimidatoria, per telefono e diventa a poco a poco il rapporto più importante, l’unico interlocutore nella vita misera dell’operaia – la voce al cellulare è quella di Tommaso Ragno, qui invisibile ma evidentemente sempre più presente nel nostro cinema d’autore.
Non facciamo spoiler anche perché gli spettatori, mentre seguono la vita della protagonista, sono invitati in prima persona a ricostruire una storia possibile – una storia che a un’estrema crudezza e povertà di ambienti può accoppiare la condensazione e il simbolismo della pratica poetica.
Il linguaggio dei due registi è adeguato. Fontana ha sempre la cinepresa addosso, spesso è quasi braccata e spesso viene ripresa in primissimo piano, quasi che il taglio delle immagini in tutto il film debba nascondere ciò che contorna la ragazza e insieme dia a chi guarda il correlativo oggettivo dell’angoscia, della schiavitù nell’orribile ambiente della fabbrica di pelli, dell’impossibilità di una visione ampia che permetta alla giovane di vivere un’esistenza propria… Luzi e Bellino sono ellittici anche nella capacità di vedere della loro cinepresa, liberata forse solo una volta a volo di drone su una spiaggia assolata in cui cammina Marianna.
Dicono ancora: “Il metodo di lavorazione è quello che amiamo: una sceneggiatura riscritta giorno per giorno, luoghi veri, persone reali, riprese in sequenza, una recitazione che non è più finzione ma messa in scena di se stessi. LUCE è per noi una storia di pelle, di voci e fatica, dove tutto è reale ma non tutto è vero».
LUCE arriva in sala il 23 gennaio grazie a Barz and Hippo (qui il sito del cinema Beltrade di Milano). Il film è una produzione Bokeh Film, Stemal Entertainment con Rai Cinema, prodotto da Donatella Palermo.