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Giovanni Pintori. Pubblicità come arte e la pittura per passione

Pubblicità come arte. Non si poteva trovare titolo più appropriato per la mostra antologica ospitata nel museo m.a.x. di Chiasso fino al 16 febbraio 2025 (verrà successivamente riesposta dal 21 marzo al 25 giugno 2025 al MAN di Nuoro) su Giovanni Pintori (1912-1999), art director della Olivetti negli illuminati anni adrianolivettiani” dell’azienda, designer annoverato a livello mondiale tra i più influenti del secolo scorso, e detto da ultimo (ma non è certo cosa da meno) pittore: “uno che fa il grafico con un senso squisito del colore e che in segreto dipinge”, diceva di lui il poeta Vittorio Sereni. In effetti Pintori, pur ricordando che “all’inizio la pubblicità la facevano i pittori Jules Chéret, Toulouse-Lautrec, Dudovich, Balla, Depero da parte sua aveva sempre tenute separate l’attività grafica dalla pittura: temeva che l’una, la pittura, facesse apparire l’altra subalterna (solo nell’ultima decade della sua vita, ormai libero dagli impegni lavorativi, si era dedicato esclusivamente a dipingere).

Giovanni Pintori Pubblicità come arte
Giovanni Pintori, copertina per depliant della Olivetti 82 Diaspron, 1959. Collezione MAN

Comunque, per la cronaca, il copyright per la definizione di pubblicità come arte va a Elio Vittorini: l’aveva scritta nel 1939 nell’introduzione richiesta da Adriano Olivetti per il volume sulla campagna pubblicitaria di quell’anno. Come Sereni, anche Vittorini faceva parte di quel gruppo di amici letterati e artisti, Franco Fortini, Lucio Fontana, Ugo Mulas, che frequentavano Pintori a Milano (il suo ufficio all’Olivetti si trovava in Via Palermo), e poi, d’estate, a Bocca di Magra, dove s’incontravano con Luigi Einaudi, Nicola Chiaromonte, Giancarlo De Carlo, condividendo la visione “socialista” dell’arte concepita in primis da Adriano Olivetti: l’arte doveva essere bellezza usufruibile da tutti, per cui anche la pubblicità di prodotti commerciali, creata per arrivare a tutti, doveva possedere e diffondere la qualità dell’arte.

Giovanni Pintori Pubblicità come arte
Pallottoliere per la macchina da calcolo Olivetti 1946/1947. Collezione MAN

Nella rassegna presentata a Chiasso, a cura di Chiara Gatti e Nicoletta Ossanna Cavadini, sono esposte oltre trecento opere (tra le quali alcune prestate dal figlio di Pintori, Paolo): bozzetti, brochure, disegni preparatori, manifesti, dipinti, fotografie, che ancora sorprendono per la freschezza, la leggerezza precisa del segno che rivela una grande scuola (Giovanni Pintori si era formato all’ISIA di Monza, un distaccamento dell’Umanitaria di Milano, considerato allora “la Bauhaus italiana e chiuso nel 1943, dove era arrivato diciottenne dalla natia Sardegna con una borsa di studio), concetti espressi senza fronzoli, quel “togliere più che aggiungere” per cui l’oggetto da reclamizzare spesso veniva suggerito più che mostrato. Per l’avvento delle prime macchine per scrivere, ad esempio, Pintori mette una rosa nel calamaio e il pennino resta fuori…

Giovanni Pintori Pubblicità come arte
Olivetti Lettera 22, 1954. Archivio privato Paolo Pintori. Credit: Matteo Zarbo, Milano

La mostra si sviluppa in quattro sale che ripercorrono la carriera di Pintori dagli inizi  con gli amici e conterranei Salvatore Fascello e Costantino Nivola, suoi compagni all’ISIA, agli anni Quaranta quando rielabora il logo della Olivetti ispirandosi ai caratteri del font Etrusco, ai poster per la Olivetti lettera 22 e per la calcolatrice Divisumma 24: tasti e numeri e ingranaggi che si compongono in forme suggestive come opere d’arte.

La mia visita alla mostra di Chiasso, una domenica di gennaio di questo 2025, mi ha riservato sorprese fin dall’ingresso nell’atrio del museo: un visitatore abbastanza âgé si blocca di colpo lì, davanti alla foto (scattata da Ugo Mulas) che ritrae Pintori al tavolo di lavoro. Il signore comincia a raccontare a chi gli sta intorno che negli anni Sessanta del secolo scorso a Milano si usava andare nella Galleria Vittorio Emanuele per vedere gli allestimenti del negozio della Olivetti che cambiavano due volte alla settimana. “Quelle vetrine che mostravano i gioielli della tecnologia italiana, sembravano più una galleria d’arte che uno spazio commerciale”, assicura con un accento indiscutibilmente milanese.

Giovanni Pintori Pubblicità come arte
Olivetti Summa 15, 1953-1957. Archivio privato Paolo Pintori, Credit Matteo Zarbo, Milano

Allora mi sono ricordata di aver letto da qualche parte che l’ingegner Olivetti ci teneva tanto al negozio di Milano, da volerlo dotare di un affresco di Picasso, un dono per la città. Decide perciò di inviare in missione ad Antibes, dove vive il pittore spagnolo, quattro illustri messaggeri: Giovanni Pintori, Franco Fazi, direttore della Pubblicità Olivetti, Franco Fortini, poeta e scrittore di gran fama, e Paolo Grassi, co-fondatore del Piccolo Teatro di Milano (all’ingegnere piaceva molto per aver avuto l’ idea di portare “il teatro per tutti” fuori dalle sale, nella periferia delle fabbriche) per proporgli di affrescare il negozio milanese.

Giovanni Pintori Pubblicità come arte
Numeri, 1949. Collezione MAN

I quattro arrivano ad Antibes, nella casa di Picasso. Quel che succede da qui in avanti è troppo divertente per sintetizzarlo in poche righe. Io l’ho ritrovata, l’intera vicenda, in un libro un po’ tanto vintage: l’autobiografia di Paolo Grassi Quarant’anni di palcoscenicoa cura di Emilio Pozzi (ed. Mursia, 1977). Comunque è questo il bello di certe mostre: che ti portano a vedere oltre, a cercare e trovare anche ciò che non è esposto lì.

In apertura, Giovanni Pintori in una foto del 1954 (autore ignoto). Archivio privato Paolo Pintori. (Credit: Matteo Zarbo, Milano)

  • Giovanni Pintori. Pubblicità come arte è una mostra antologica ospitata nel museo m.a.x. di Chiasso fino al 16 febbraio 2025 (successivamente riesposta al MAN di Nuoro)
  • Jonne Bertola, giornalista e scrittrice, ha pubblicato il romanzo Fuori Copione (LuoghInteriori)
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