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L’anniversario di Bajani. Un figlio che chiude con la famiglia

Quando ho finito L’anniversario (Feltrinelli) di Andrea Bajani ho pensato che questo romanzo, da pochi giorni nelle librerie, è un libro che si respira.

L’anniversario si legge con un respiro lento (il nostro) che diventa respiro spezzato dalla tensione e dal dolore, fino al sospiro di sollievo finale, che è insieme amarezza e liberazione.

La storia raccontata è quella di una famiglia disfunzionale come tantissime. C’è una madre che ha rinunciato a tutto – anche a vivere – pur di essere “qualcosa” per il marito. E c’è un padre che tiene moglie, figlio e figlia stretti dentro un regime in cui possesso e richiesta d’amore sono i lacci di un unico nodo. insieme, molti momenti di normalità e alcuni momenti di una violenza che è il solo modo, forse, che il padre ha per chiedere un po’ d’amore per sé.

L'anniversario Bajani Feltrinelli

L’anniversario che dà il titolo al libro è la celebrazione del giorno in cui, dieci anni prima, il figlio lascia la casa dei genitori per non tornarci mai più.

“Dieci anni fa, quel giorno, ho visto i miei genitori per l’ultima volta. Da allora ho cambiato numero di telefono, casa, continente, ho tirato su un muro inespugnabile, ho messo un oceano di mezzo. Sono stati i dieci anni migliori della mia vita”.

La frase è il primo respiro spezzato in una narrazione calma nei toni che fa paradossalmente crescere la tensione, forse anche l’ansia. Perché è nella descrizione di questa famiglia dai rapporti estremi che ognuno di noi riconosce qualcosa di se stesso e della propria vita.

«Questo libro bellissimo arriva un po’ nella testa e un po’ nella pancia come un pugno» ha detto lo scrittore Emanuele Trevi, nel presentare L’anniversario al Teatro Parenti di Milano. «Una vicenda familiare greve, inerte, opaca, difficilissima, vischiosa, raccontata a 10 anni della sua conclusione. Mai come in questo caso l’immagine della copertina è appropriata, perché noi vediamo una tromba delle scale che è quella che imbocca il protagonista la sera in cui decide che non avrebbe mai più incontrato i propri genitori. C’è la madre che quasi lo insegue fino sul pianerottolo e gli chiede un’ultima volta in maniera disperata: Tornerai a trovarci? Lui borbotta qualcosa, ma in quel momento la narrazione è diventata irreversibile, quelle spalle non si volteranno più, non c’è una via di ritorno, resa impossibile dalla forza stessa degli eventi».

La madre “che non c’è” è molto raccontata nel romanzo. «Mia madre non aveva un corpo, o meglio non ne aveva uno indipendente. Anche come corpo, lo era per emanazione di mio padre». Nei pomeriggi “normali”, «mio padre “la portava a passeggio”. Questo è il modo in cui lui definiva quel tempo insieme fuori casa, come se portasse a spasso il suo cane». In una famiglia dove è l’uomo a tenere i conti, guidare l’auto, occuparsi dell’istruzione dei figli, alla madre resta la “gestione spicciola” del cambio dei letti, cucina e pulizie. «Lui voleva che lei fosse niente per potere, lui, essere qualcosa, e lei voleva essere niente perché essere niente era almeno qualcosa».

Al Parenti di Milano, tappa inaugurale di una serie di incontri, Bajani ha raccontato il lungo percorso affrontato da «un libro scritto in 20 giorni, nell’ottobre 2021. Inizialmente era un racconto di 80 pagine che ho poi riscritto 22 volte. E che ho lavorato in casa editrice per altri due anni. Un tempo che per me è stato fondamentale. Il romanzo poteva intitolarsi in tanti modi. Ma l’anniversario per me era puntare l’attenzione su un tabù culturale, che vede il diritto a interrompere qualsiasi relazione malata, tossica, negativa; diritto che non vale più se di mezzo ci sono legami di sangue».

Il libro. Andrea Bajani L’anniversario (Feltrinelli)

Nella foto in apertura, Emanuele Trevi (a sinistra) con Andrea Bajani al Teatro Parenti di Milano.

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