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Mohammad Rasoulof. Il seme del fico sacro per un Iran libero

Così si vive a Teheran: Il seme del fico sacro di Mohammad Rasoulof è un sunto in 167 minuti di una vicenda realistica, cioè possibilmente reale, e proprio per questo, capace di diventare un paradigma per la comprensione di un Paese lontano, diverso, di cui spesso parliamo senza niente sapere. Il seme del fico sacro mostra come, nell’Iran teocratico che nega la libertà (agli uomini e ancora di più alle donne), una famiglia all’apparenza timorata di dio e quasi occidentalizzata nei consumi, composta per di più da “brave persone”, può trasformarsi in un inferno in cui i pregiudizi (religiosi, sessisti) scatenano la più feroce violenza. O per meglio dire: detta famiglia si trova a che fare con i difficilmente scalfibili meccanismi di potere su cui poggia la sua stessa stabilità sociale.

La lezione di Mohammad Rasoulof, grande cineasta e uomo coraggioso, è tanto più efficace quanto più è impeccabile la costruzione drammaturgica del film: non solo Rasoulof narra dal di dentro l’Iran da cui è poi fuggito, dopo le persecuzioni e il carcere, ma è capace di ricostruire, passo a passo, scena per scena, come una fiammata di libertà possa risolversi nel sangue eppure accendere una speranza… 167 minuti di film sembrano tanti, ma stavolta solo sulla carta: è il tempo avvincente in cui Rasoulof compie il suo prodigio (artistico e politico, o viceversa).

La storia I festeggiamenti per la promozione di Iman a giudice istruttore del Tribunale della Guardia Rivoluzionaria coincidono con il movimento di protesta popolare a seguito della morte di una giovane donna. Colpisce che Iman – riverito e servito come un sovrano dalla moglie Najmeh e trattato in un primo momento con affetto rispettoso dalle due figlie femmine, Rezvan e Sana – capisca solo in un secondo tempo che le sue sentenze, le sentenze del tribunale che lui ingenuamente vorrebbe giuste e ponderate, devono invece essere a senso unico, essere sentenze da boia, pena la sua stessa carica di giudice e la sua incolumità.

La famiglia perfetta traballa. Comincia a dividersi. Iman è alle prese con il peso psicologico del suo ruolo. Le due ragazze, che sognano una vita più piena, sono attratte dalla protesta negli atenei, in cui è coinvolta una loro amica. Najmeh cerca di fare del suo meglio per mediare tra genitori e figli. È lei, la moglie, a cui è affidata la pace di casa, ed ella cerca di preservarla con le migliori arti della saggezza e dell’ipocrisia borghese, ma essendo intelligente e sensibile, sapendo bene quello che fa. Sapendo cioè il prezzo da pagare.

Tutto salta per aria. Quando Iman scopre che la sua pistola d’ordinanza è sparita, sospetta delle “sue” donne. Una pistola concretissima che nel film di Rasoulof è anche il simbolo perfetto della violenza, l’oggettivazione inequivocabile di un rapporto di potere. Spaventato dal rischio di perdere la reputazione e il lavoro, il giudice diventa sempre più paranoico e inizia, in casa propria, un’indagine in cui vengono oltrepassati tutti confini, uno dopo l’altro… Buona visione e, forse, buona discussione.

Lucky Red distribuisce dal 20 febbraio il film, che è in lizza agli Oscar per il miglior titolo straniero. Questo il racconto di Il seme del fico sacro, fatto dal regista Mohammad Rasoulof. “Dopo il mio ultimo film (Il male non esiste-There Is No Evil, 2020), mi ci sono voluti quattro anni per iniziare un nuovo progetto. Nel corso di questi anni ho scritto diverse sceneggiature ma ciò che alla fine mi ha indotto a realizzare Il seme del fico sacro è stata la mia esperienza per essere stato arrestato nuovamente nell’estate del 2022.

Questa volta la mia esperienza in prigione è stata unica dal momento che è coincisa con l’inizio in Iran delle rivolte per Jina (Donna, Vita, Libertà). Io ed altri prigionieri politici seguivamo i cambiamenti sociali da dentro il carcere. Mentre le proteste andavano in una direzione inattesa e avevano una estensione significativa, eravamo sorpresi dalla loro portata e dal coraggio delle donne. Quando sono stato rilasciato dal carcere, la domanda più importante era: su che cosa dovrei fare un film ora? Era una domanda che occupava i miei pensieri. Credo che tutto abbia avuto inizio da ciò che mi è stato detto da un addetto alto in grado della prigione di Evin, una cosa che mi è rimasta nella testa.

Un giorno, nel mezzo della repressione diffusa durante il movimento Jina, mentre questa persona stava visitando le celle dei prigionieri politici, mi prese da parte e mi disse che voleva impiccarsi davanti all’ingresso della prigione.

Soffriva di un profondo rimorso di coscienza, ma non aveva il coraggio di liberarsi dall’odio che nutriva per il suo lavoro. Storie come queste mi convincono che alla fine il movimento delle donne in Iran avrà successo e raggiungerà i suoi obiettivi. Le repressioni possono temporaneamente tenere la situazione sotto il controllo del governo, ma alla fine, come in molti casi già visti, il governo cederà alle richieste del movimento.

Non appena sono stato rilasciato, volevo fare un nuovo film per contribuire a questo sforzo. Ma non è facile mettere insieme persone in grado di accettare i rischi di un’impresa così audace. Ci sono voluti diversi mesi per riunire gli attori e lo staff tecnico. Durante le riprese, a volte la paura di essere arrestati ha gettato un’ombra sul gruppo, ma, alla fine, il loro coraggio è stato la forza trainante che ci ha consentito di continuare a lavorare.

Durante le riprese di un progetto come questo, nulla rende il lavoro difficile quanto mantenere la sicurezza della troupe. La paura di essere identificati e arrestati getta un’ombra su tutto. Ma sotto quest’ombra si trovano sempre delle soluzioni. Per esempio, abbiamo cercato di mantenere il gruppo piccolo. Avevamo anche un’attrezzatura tecnica ridotta al minimo, ma l’abilità del cameraman e dei suoi assistenti è riuscita a compensare i limiti dell’attrezzatura. Non so spiegare come abbiamo aggirato il sistema di censura del governo, ma si può fare. Il governo non può controllare tutto. Con l’intimidazione e la paura cercano di indurre la sensazione di avere tutto sotto il loro controllo, ma questo metodo è come una granata stordente il cui suono può intimidire. Non possono controllare tutto.

La selezione degli attori è stata un processo complicato. Abbiamo dovuto cercare di indovinare chi, oltre alle capacità artistiche, avesse la volontà e il coraggio di apparire in un film del genere. Non è molto difficile trovare persone di questo tipo nel cinema iraniano. Ma non si può fare un casting ampio, perché un gruppo più ampio di quelli coinvolti nel film ne verrebbe a conoscenza e le notizie trapelerebbero lentamente verso il mondo esterno. Diventa una questione delicata sapere chi può essere avvicinato, e richiede molta fiducia da parte di tutti […]

L’attuale regime iraniano può rimanere al potere solo attraverso la violenza contro il suo stesso popolo. In questo senso, la pistola nel mio racconto è una metafora del potere in senso lato ma crea anche un’opportunità per i personaggi principali della storia di rivelare i propri segreti, segreti che emergono gradualmente, con risultati tragici. Ci sono molte testimonianze storiche di persone potenti che uccidono coloro che sono più vicini a loro per garantire la propria sicurezza. Tuttavia, in Iran dopo la rivoluzione del 1979, ci sono strane testimonianze di fanatismo e di insistenza sull’ideologia che snaturano la portata dell’infanticidio, del fratricidio, della ricerca del martirio, ecc. facendoli diventare dei valori quasi religiosi. Negli ultimi quarant’anni, la sottomissione indiscussa alle istituzioni religiose e politiche al potere ha creato profonde divisioni all’interno delle famiglie. Ma se guardo le recenti proteste guidate dalle giovani generazioni, mi sembra che abbiano scelto una strada diversa, più aperta, per affrontare i propri oppressori.

Per molto tempo ho vissuto in una delle isole meridionali dell’Iran. Su quest’isola ci sono alcuni vecchi alberi di fichi sacri. Il ciclo di vita di questo albero ha attirato la mia attenzione. I suoi semi cadono sui rami di altri alberi attraverso gli escrementi degli uccelli. I semi germogliano e le loro radici si muovono verso il terreno. Quando le radici raggiungono il terreno, il fico sacro si regge sulle proprie gambe e i suoi rami strangolano l’albero ospite”.

Al cinema dal 20 febbraio Il seme del fico sacro di Mohammad Rasoulof

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