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Allonsanfàn
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Bensoussan. Gli ebrei del mondo arabo. Cosa dice la Storia

Appartengo a una generazione che teneva la Storia in gran conto. La Storia e in subordine la Geografia erano il combustibile che alimentava le nostre pressoché infinite discussioni. La politica teneva banco, ne eravamo quasi tutti innamorati nel modo insensato e infantile che segnò gli anni Settanta prima che da stupidissimi diventassero di piombo.

Si perseguiva la Storia con una acribia degna di un rabbino chassidico nella convinzione che da essa nascesse la comprensione della realtà. Disprezzavamo le falsificazioni quanto e più dell’ignoranza, convinti che la seconda poteva essere colmata dallo studio, mentre la prima era il frutto della disinformazione pianificata. Così, neppure il più roccioso stalinista avrebbe negato che sì, l’Unione Sovietica aveva sottoscritto un patto con la Germania nazista per poi procedere alla serena spartizione della Polonia, all’invasione delle Repubbliche Baltiche e, ultimo ma non ultimo, alla guerra con la Finlandia; ma beninteso a scopo difensivo, per evitare l’accerchiamento in cui l’avevano costretta le perfide potenze capitaliste; e, s’intende, al solo scopo di difendere il socialismo in un solo paese.

Insomma, la Storia viaggiava accompagnata da Sua Maestà l’Interpretazione. Sicché anche il fatto che quel giuggiolone di Stalin si fosse fatto sorprendere dai nazisti nel ’41 veniva giustificato dalle purghe per liberare l’Armata Rossa dagli elementi controrivoluzionari. In buona sostanza, anche in quegli anni giovanili di stupidissima ideologia non si negava e tutto sommato neppure si mentiva, bastava interpretare. E l’interpretazione, come insegnavano gli sciagurati maestri d’Oltralpe, serviva a spiegare tutto: dai gulag alle fosse di Katyn, dai processi degli anni Trenta, alle piroette della politica novecentesca.

Oggi che la Geografia è morta e la Storia viene rivoltata come un bambino in culla, nessuno pare sappia più niente. Peggio, quasi nessuno ha più voglia di piegare la testa su un libro. Trionfano le così dette fake news non solo perché qualcuno sapientemente le sparge come la merda nei campi, ma anche perché i legami con il passato – con ciò che è stato, ed è stato documentato in modo scientifico e indiscutibile – sono stati recisi. Solo chi non sa (e non vuol sapere) è disposto a credere al paese meraviglioso dove “non vi sono scuole, non vi sono maestri, non vi sono libri… in quel paese benedetto non si studia mai. Il giovedì non si fa scuola, e ogni settimana è composta di sei giovedì e di una domenica”.

Per mille e una ragione so poco o nulla della vita degli ebrei nel mondo arabo; l’ultima e più importante è che il mondo arabo mi attrae persino meno di una bistecca di tofu. Poi, su quella cosa che si chiama Facebook la cui intelligenza – come il vino, la pasta e gli sport motoristici – dipende da come la usi, ho incontrato Georges Bensoussan e il suo Gli ebrei del mondo arabo. L’argomento proibito (Giuntina). Non sapevo chi fosse. Per quel che mi riguarda dopo averlo letto ho ordinato tutto ciò che ha pubblicato in italiano.

Come sanno gli amici che hanno il garbo di leggermi, scrivo madeleine non recensioni. Scrivo per me stesso. Per capire cos’ho letto e per ritardare l’inevitabile rincoglionimento del maschio bianco cisgender occidentale. Non consiglio né promuovo alcunché, anche in ragione del fatto che nessuno mi paga. (Nota per gli amici Proust-free: le madeleine sono gli stati di alterazione dovuti alla memoria involontaria, quando accidentalmente qualcosa ti riporta a qualcos’altro rievocando ricordi, stati d’animo, emozioni, pensieri).

Gli ebrei nel mondo arabo Ravera

Leggere e poi scrivere riguardo a ciò che si è letto sono esercizi ad alto tasso di madeleinità. Borges ci avverte che un capolavoro muta i criteri di lettura delle opere che l’hanno preceduto: per intenderci, Dante cambia Omero così come Shakespeare muta Dante; di conseguenza è probabile che chi legge Le mille e una notte non possa non pensare alle avventure di Odisseo; e magari contemporaneamente all’Aladdin di Disney, e poi alle storie di Puck, di Oberon e Titania. Quindi non aspettatevi di trovare qui un resoconto esauriente sul saggio Gli ebrei del mondo arabo. L’argomento proibito. Sappiate solo che leggendolo ho provato lo stesso invincibile disgusto che mi danno le memorie dei campi di sterminio, e più in generale ogni testimonianza della violenza che il più forte infligge al più debole allo scopo di continuare a pensarsi più forte e mantenere il debole nello stato di sottomissione. Ecco la sintesi del lavoro di Bensoussan: l’idea di un momento di coesistenza armoniosa tra ebrei musulmani e cristiani in terra araba è una menzogna. Una falsificazione che piace tanto sia chi crede alle fiabe dell’età dell’oro, sia ai pro-pal che incolpano Israele di aver rotto con la sua sola esistenza un sì mirabile equilibrio. Bensoussan lo dimostra usando gli archivi militari, diplomatici e amministrativi. Le conclusioni a cui giunge sono indiscutibili: gli ebrei nel mondo arabo come le donne, testa bassa, occhi a terra, bocche cucite; gli ebrei nel mondo arabo come i cani, esseri inferiori da trattare a calci per disprezzo e divertimento.

Giunto a questo punto magari qualcuno si è ricordato delle madeleine e della madeleineità. Presto detto. Gli ebrei del mondo arabo mi ha confermato l’eternità di una delle leggi bronzee dell’umanità – la dialettica schiavo-padrone – e di come l’emancipazione scateni il rancore furibondo nel padrone privato d’un tratto di servitori umili e sottomessi. Rancore che cresce via via che il mondo musulmano assiste allo sviluppo politico, economico e sociale di chi per secoli ha vissuto in inferiorità nella più assoluta miseria. Il secondo pensiero riguarda noi e l’Occidente per come è stato ideato e costruito a partire dall’Illuminismo. Inevitabile porsi qualche domanda sulle difficoltà che la cultura musulmana incontra con il moderno e la modernità, sulle resistenze inconsce e i rifiuti espliciti: l’Islam è compatibile con la vita delle democrazie occidentali?

Nella foto in apertura, Gerusalemme, la prima Città Santa dell’Ebraismo e la terza Città Santa dell’Islam.

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