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Allonsanfàn
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Netflix. Adolescence e il femminicidio servito crudo

Adolescence è un prodotto sofisticato, che appare tanto raw (crudo) quanto più è stato cucinato, e servito ben cotto. Mi spiego, se non lo sapete già. Si tratta di quattro episodi, girati ognuno in tempo reale e senza tagli – in apparente piano sequenza, quasi fossero presi buoni al primo ciak – con quattro punti di vista diversi.

Al centro mai dimenticato di Adolescence, il gesto di un tredicenne che forse ha accoltellato a morte una coetanea (sì, è un femminicidio) – gesto che, benché si disponga di un video, anch’esso inglobato nell’estetica effetto raw di Adolescence, viene costantemente messo in dubbio, quasi fosse difficile per i protagonisti leggere una terribile verità – l’impasse coinvolge la famiglia di lui, gli studenti, gli psicologi, addirittura i poliziotti – difficile credere che ciò possa essere avvenuto.

Mentre il regista e gli sceneggiatori parlano la lingua di uno pseudo cinema verità, molto finto docu e in fondo molto free all’inglese, la comunicazione tra i personaggi si svolge su due differenti livelli. Quello che coinvolge gli adulti e quello che circola sui social network, tra i ragazzi – quest’ultimo linguaggio è però solo citato formalmente e non rappresentato, affidato a stampate in A4 del profilo Instagram dell’imputato.

Dal secondo linguaggio, che fornisce la chiave del delitto, siamo esclusi anche noi spettatori. Non è un errore del regista e degli sceneggiatori, ma la realtà di un tipo di comunicazione esoterico e anch’esso a suo modo sofisticato, estraneo a noi che guardiamo ancora la tv, Netflix in questo caso. Basti al riguardo, nell’episodio due, la lezione sul significato dei cuoricini di differente colore impartita da uno studente al padre investigatore – da qui, scende tutto un discorso su cui dibattere tra ciberbullismo e cultura incel.

L’episodio chiave, il più riuscito e coinvolgente, è il terzo. Una seduta psicologa tra il sospetto omicida e la terapeuta che è venuto a studiarlo, in vista del processo. Un set che presenta la tensione e il transfert di un incontro perfetto, dove le domande banali della cosiddetta scienza scatenano una reazione rivelatrice nell’anima (e nel corpo) dell’indagato – il sorprendente ragazzino Owen Cooper, debuttante assoluto. Non si vedeva niente di simile dai tempi di Hannibal e dell’agente Sterling, hanno detto alcuni sapienti. In realtà si tratta di una più movimentata e coinvolgente versione di In Treatment.

Adolescence è una miniserie televisiva britannica del 2025, ideata da Jack Thorne e Stephen Graham (anche attore nel ruolo del padre) e diretta da Philip Barantini. L’idea per la serie venne a Stephen Graham da un aumento di crimini violenti in Gran Bretagna, tra cui l’omicidio di Ava White. Scopo di Graham: “guardare negli occhi la rabbia maschile” – a proposito: ma voi non starete ancora guardando i fotoromanzi di Storie Criminali?

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