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Allonsanfàn
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Papa Francesco: cercare la verità in ogni vita umana

«C’è la tentazione di cercare Dio nel passato o nei futuribili. Dio è certamente nel passato, perché è nelle impronte che ha lasciato. Ed è anche nel futuro come promessa. Ma il Dio “concreto”, diciamo cosi, è oggi. […] È relativismo? Si, se è inteso male, come una specie di panteismo indistinto. No, se è inteso in senso biblico, per cui Dio è sempre una sorpresa, e dunque non sai mai dove e come lo trovi, non sei tu a fissare i tempi e i luoghi dell’incontro con Lui. Bisogna dunque discernere l’incontro. […] Se il cristiano è restaurazionista, legalista, se vuole tutto chiaro e sicuro, allora non trova niente. La tradizione e la memoria del passato devono aiutarci ad avere il coraggio di aprire nuovi spazi a Dio. Chi oggi cerca sempre soluzioni disciplinari, chi tende in maniera esagerata alla “sicurezza” dottrinale, chi cerca ostinatamente di recuperare il passato perduto, ha una visione statica e involutiva. E in questo modo la fede diventa una ideologia tra le tante. Io ho una certezza dogmatica: Dio è nella vita di ogni persona, Dio è nella vita di ciascuno. Anche se la vita di una persona è stata un disastro, se è distrutta dai vizi, dalla droga o da qualunque altra cosa, Dio è nella sua vita. Lo si può e lo si deve cercare in ogni vita umana. Anche se la vita di una persona è un terreno pieno di spine ed erbacce, c’è sempre uno spazio in cui il seme buono può crescere. Bisogna fidarsi di Dio».

Questo passo è tratto da un’intervista del 2013 che l’allora nuovo papa aveva rilasciato a Civiltà cattolicaIn questo testo Bergoglio affrontava diversi temi e lanciava molti messaggi, prima di tutto all’interno della sua comunità, ma anche a chi, come me, da quella comunità era – e vuole ancora essere – fuori.

Qualcuno disse che il papa era diventato relativista. Era un’offesa all’intelligenza di Bergoglio – e anche alla nostra. Un papa non può essere relativista, non deve esserlo; anzi chi crede in Dio, anche quando non è un papa, questo lusso non può permetterselo. Per noi atei è oggettivamente più facile: non c’è nessuno che ci garantisca la Verità e, dato che “l’uomo è misura di tutte le cose” – compresa ovviamente la verità – è facile trarne la conseguenza che la Verità non esiste, ma esistono le “nostre” verità, plurali, mutevoli, contradditorie perfino.

Papa Francesco Bergoglio
Papa Francesco nel 2021

Bergoglio credeva nella Verità e la rivendicavalo doveva fare, ci mancherebbe altroeppure sapeva anche che esistono quelli che non credono e quelli che credono a un’altra Verità, anche la loro, a tutti gli effetti, con la V maiuscola. Molti altri, prima di lui, hanno pensato che quella loro Verità, così autorevolmente garantita, li autorizzasse a combattere – perfino a uccidere – per difenderla e per diffonderla; purtroppo sono ancora molti che la pensano così e questi infatti non hanno mai amato papa Francesco, che invece si è sforzato di tener vivo un discorso di tipo radicalmente diverso.

Bergoglio non era relativista, era antidogmatico; naturalmente non è la stessa cosa, se non per chi, grazie a quei dogmi, ha costruito la propria fortuna. Con le parole che ho citato, il papa parlava direttamente, e con parole molto chiare, alla sua chiesa, in particolare ai suoi “quadri intermedi”, cardinali e vescovi. Non so quanto ci sia riuscito. Temo non ce l’abbia fatta, anche se esiste un mondo ecclesiale di base, che ho visto attento a recepire questo messaggio. Di questo comunque non voglio – e non posso – occuparmi, perché si tratta di una comunità altra da me.

Credo però che quelle parole del papa possano essere utili anche per noi, perché il relativismo non è immune dal dogmatismo, anche se può sembrare un controsenso. Anche chi pensa che le verità non siano date una volta per tutte, ma nascano dal confronto degli uomini, deve fare lo stesso sforzo che papa Francesco chiedeva ai cattolici: cercare la verità in ogni vita umana. Sarà la “nostra” verità, incostante e mutevole, saranno le norme etiche che ci siamo dati e che sono destinate a trasformarsi nel corso dei secoli – così come le leggi morali degli antichi sono diverse da quelle della nostra epoca – eppure quella ricerca la dobbiamo fare, con la stessa umiltà, con la stessa voglia di sporcarci le mani, con lo stesso desiderio di metterci in relazione con gli altri.

Non è semplice – ve lo dice uno che alle proprie idee è molto “affezionato”, in maniera tenace e testarda – eppure questo è un insegnamento etico di grande valore. Io non posso fidarmi di Dio, perché non credo che esista, ma mi fido dell’umanità, del rapporto che si instaura tra gli uomini, proprio quando si rendono conto di trovarsi di fronte a un loro simile e che decidono che sia il momento di vivere in una comunità. Kant parlava della “legge morale dentro di noi”; ecco di questo mi fido e questa fiaccola dobbiamo cercare, senza paura, come esortava a fare Francesco con Dio.

Oggettivamente abbiamo cercato due cose diverse, ma probabilmente l’importante è la ricerca, e anche il modo e lo spirito con cui la si compie. Personalmente credo poi che questo messaggio abbia anche un forte richiamo politico, perché quando si conduce una ricerca di questo genere, quando si va a fondo, è inevitabile cogliere le ingiustizie e indignarsi, tanto più perché cogli che quell’ingiustizia è fatta a qualcuno che è come te, che è te. Non sei un entomologo che osservi una colonia di formiche; stai osservando delle donne e degli uomini. E questa è un’indignazione feconda, perché ti porta a lavorare perché quelle ingiustizie non ci siano più. E anche su questo credo che il papa venuto dalla fine del mondo sarebbe stato d’accordo.

  • Luca Billi ha pubblicato il romanzo Anything Goes (Villaggio Maori Edizioni), che è anche uno spettacolo teatrale. Per tenersi informati, qui
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