Nessun mortale corre più veloce di Atalanta, nessun mortale scaglia il giavellotto più lontano di lei, nessun mortale ha il suo coraggio e la sua abilità nelle battute di caccia. Quando qualcuno le vuole fare un complimento, immancabilmente le dice che sa cacciare e combattere come un uomo. E lei si arrabbia, perché ad Atalanta non interessa essere come un uomo: vuole essere una donna, una donna libera di decidere della propria vita.
Quando al re Iaso viene annunciato che la sua sposa ha dato alla luce una bambina, l’uomo si dispera. Tutte le sue speranze si sono infrante: vuole un maschio che possa dar lustro alla sua casata, magari ai giochi olimpici. Invece è arrivata quell’inutile bambina. Il re è furioso, non vuole avere quella femmina tra i piedi: una bocca in più da sfamare e soprattutto una dote principesca da pagare. Senza neppure essere lavata, la neonata viene consegnata a uno dei suoi servi affinché la porti in mezzo ai boschi del monte Pelio. Se vorranno, gli Dei potranno salvarla: quella bambina non è più un problema suo.
Un’orsa sente i vagiti della neonata, la raccoglie, la scalda, la lava, la allatta. Per qualche giorno l’animale si prende cura di quella strana cucciola senza peli, ma capisce che quella creatura non può crescere insieme a lei. C’è una coppia di vecchi pastori che vivono in mezzo al bosco: quella bambina è della loro stessa razza, sapranno cosa fare. E l’orsa sa che sono due brave persone, non hanno mai cercato di ucciderla, ma anzi le lasciano del cibo per l’inverno. L’uomo e la donna si meravigliano di trovare una neonata davanti alla porta della loro umile casa: è un dono del cielo e allevano quella bambina come fosse la loro figlia. Atalanta cresce, bellissima, in mezzo a quei boschi, corre, va a caccia, diventa abilissima in questa attività.
La fama di quella vergine cacciatrice comincia a diffondersi tra le città greche. E così quando Giasone raccoglie i migliori guerrieri per la sua spedizione contro la Colchide, chiama anche lei, l’unica donna tra i cinquanta guerrieri che salpano da Iolco sulla nave Argo. Molti di quei re arroganti guardano con malcelato fastidio a questa decisione di Giasone: le donne devono stare al loro posto, a casa, non possono mettersi in mente di combattere a fianco degli uomini. In una guerra le donne devono essere il bottino. Invece Atalanta è capace di combattere, anzi è brava più di molti di loro, e non sono poche le volte che il suo intervento è risolutivo. E questo non fa che accrescere la loro rabbia.
La spedizione dei guerrieri greci è un successo – peraltro solo grazie all’intervento di un’altra donna, Medea – e la fama di Atalanta comincia a diffondersi tra le città elleniche. I rapsodi raccontano le sue gesta, e non c’è neppure bisogno di inventarsi delle storie, come devono fare con gli altri eroi: con Atalanta è sufficiente dire la verità. La giovane cacciatrice è contenta di queste attenzioni, anche se si infastidisce quando dicono che sarà la prossima Teseo o la futura Eracle. “Io sono la prima Atalanta”, ribatte con giustificato orgoglio.
Quando il re di Calidone deve organizzare una grande battuta di caccia per uccidere l’enorme cinghiale che terrorizza i contadini e devasta le campagne circostanti, anche Atalanta chiede di partecipare. E anche questa volta re e principi non vogliono che una femmina si intrometta: arrivano perfino a rifiutarsi di prendere parte alla caccia, se il principe Meleagro si ostina a volere che quella bastarda partecipi alla battuta. Lui però non cede. Altri due cacciatori tentano di violentare la ragazza – che impari a stare al suo posto – ma Atalanta sa difendersi, la sua vendetta è terribile e finiscono entrambi uccisi. Alla fine la caccia ha successo, grazie ad Atalanta che riesce a colpire per prima l’animale, indebolendolo abbastanza da farlo uccidere dagli altri partecipanti alla battuta. Meleagro riconosce che senza di lei non ce l’avrebbero fatta e così le assegna il premio più ambito: la pelle della bestia uccisa. Ma anche questo non fa che crescere il risentimento degli altri nobili cacciatori.
Ormai la fama di Atalanta non conosce confini e il re Iaso decide di riconoscere la figlia, perché le sue imprese possono portare lustro alla casata e al regno. Atalanta torna a casa e perdona la famiglia, ma la fiducia verso il padre si rivela mal riposta. Il re vuole che Atalanta si sposi: serve un uomo per continuare la dinastia. A lei gli uomini non interessano, vuole continuare a essere libera: il matrimonio non fa per lei. Il padre insiste. Atalanta cede, ma pone una condizione: sposerà il pretendente che riuscirà a sconfiggerla in una gara di corsa. Nonostante arrivino da tutta la Grecia per tentare l’impresa, allettati dalla ricca dote, dal trono e dalla gloria, nessuno riesce a sconfiggere Atalanta nella corsa.
Un giorno arriva dalla Beozia il giovane Melanione che accetta la sfida perché è innamorato di Atalanta. E la ragazza rimane colpita dall’amore di quel pretendente. Comincia la gara, Atalanta si rende subito conto che può facilmente sconfiggerlo, e allora, inaspettatamente, decide di rallentare. Melanione corre più veloce che può e quando arriva al traguardo non riesce a credere di non trovare già lì Atalanta. Si gira ed eccola lì: corre piano, quasi cammina e, bella come non mai, lo raggiunge sulla linea d’arrivo. Il pubblico che assiste a quella sfida rumoreggia, la criticano per essersi ritirata, gli stessi che per anni l’hanno considerata una “diversa”.
I rapsodi sono i più accaniti contro di lei: doveva continuare a correre, doveva sconfiggere tutti i pretendenti, doveva dimostrare di essere la più forte. Ma cosa le è preso? Si vede che è una bastarda che non ha a cuore l’orgoglio della sua città. Ad Atalanta quelle critiche fanno male, anche se c’è ormai abituata: lei non è mai abbastanza, lei è sempre una donna. Ma in questo momento della sua vita lei sa che c’è qualcosa di più importante che vincere, e fa quello che ha sempre fatto: decide lei cosa fare, cosa diventare, cosa essere. Decide di essere Atalanta.
La storia è dedicata a Simone Biles, di cui è famosa la dichiarazione: “I’m not the next Usain Bolt or Michael Phelps. I’m the first Simone Biles”.
Credit: “simone-biles-gymnast-olympics-usa-team” byvfutscher is licensed under CC BY-NC 2.0