È inutile che vivi fuori se muori dentro. Bella frase per dire, in poche parole, cos’è la serie d’animazione Strappare lungo i bordi, autore Zerocalcare (lui si chiama in realtà Michele Rech), prodotta da Netflix con Movimenti e Bao Publishing.
È inutile che vivi fuori se muori dentro. Una scritta su un muro e anche la prima immagine della prima delle sei puntate (da 15 minuti l’una) che sintetizzano un po’ la vita di questo fumettista, classe 1983, tra i più noti e seguiti in Italia.
Romanesco piuttosto stretto (ma per chi annaspa c’è la possibilità dei sottotitoli), dialoghi e montaggio a ritmo serrato, disegni di quelli che Zerocalcare hanno reso famoso, Strappare lungo i bordi parla ai trentenni di oggi e lo fa senza giri di parole («Io sono capace di raccontare le cose che vivo e il linguaggio non deve essere edulcorato, dico molte parolacce ma mai sessiste o razziste»).
Proprio per una questione generazionale, io che sono una “30×2”, mi sono accostata alla serie con qualche riserva. Invece le storie, le tavole, le voci (quella narrante è una sola, la sua, mentre Valerio Mastandrea doppia l’armadillo, che in sostanza è la coscienza dell’autore), fanno ritornare ognuno, anche chi ha un’età autorevole, all’epoca in cui, sedicenni o poco più, si era convinti di avere davanti tutto il tempo del mondo. E fa tenerezza (e un po’ commuove) vedere (e ricordare) il primo amore, la scuola, gli amici di quelli che resteranno tali tutta la vita. Così come certe riflessioni sulle occasioni perdute e su sofferenze che possono, a volte, sfociare in tragedie.
Perché sì, in Strappare lungo i bordi Zerocalcare ci mette davanti ai problemi che si hanno crescendo. E che poi ci portiamo dietro, anche se magari non vogliamo vederli, non vogliamo sentirli. Ascoltarlo mentre li racconta certo non li risolve ma fa sentire meno soli, ci ricorda che siamo in tanti, noi “più grandi” e i ragazzi di oggi, ad avere vissuto e a vivere la difficoltà di diventare adulti.
Lui, Zerocalcare, che Strappare lungo i bordi ha presentato alla Festa del cinema di Roma, ha detto: «Mi piaceva l’idea che la serie fosse il racconto di una persona, che lo spettatore avesse la sensazione di essere a un tavolo di fronte a un amico che all’improvviso gli dice “mo’ ti racconto una storia”». E ha dedicato la serie «a quelli che, come me, provano inadeguatezza da quando sono piccoli fino ai novant’anni».
Per i temi che affronta, pop e importanti insieme, per la copertina che gli ha dedicato l’Espresso, Zerocalcare è stato investito del ruolo di intellettuale di riferimento della sinistra. «Un vero episodio di bullismo nei miei confronti» ha commentato tra l’allarmato e il divertito. Quasi da dirgli bravo, tirando un sospiro di sollievo.
«Non importa quanto e cosa abbiate già letto di Zerocalcare che nel 2018 ha avuto la sua personale al Maxxi di Roma» ha scritto Mariarosa Mancuso su Il Foglio. «Non importa se l’avete scoperto con Kobane Calling, viaggio tra la Turchia e la Siria… Strappare lungo i bordi è scritto, disegnato, realizzato con la somma cura artigianale, e perfidia non disgiunta dall’affettuoso trasporto verso i personaggi».