I giapponesi sono abituati a superare qualunque tipo di avversità. Convivono da sempre con le scosse sismiche, hanno superato brillantemente la tragedia della centrale nucleare di Fukushima causata dallo tsunami dell’11 marzo 2011. Figurarsi se si preoccupano per il rinvio dei Giochi Olimpici. Questi avrebbero dovuto essere i giorni della trentaduesima Olimpiade dell’era moderna, programmata tra il 24 luglio e il 9 agosto, ma rimandata di un anno a causa del Covid-19.
Curiosamente è la seconda volta che Tokyo si vede scippare i Giochi Olimpici per i quali si sta preparando da anni: la prima volta era accaduto nel 1940, quando la dodicesima edizione delle Olimpiadi fu cancellata a causa della Seconda Guerra Mondiale. Il risarcimento arrivò 24 anni più tardi, nel 1964, l’edizione successiva a quella di Roma.
La storia delle Olimpiadi è del resto costellata da problemi di ogni tipo. I Giochi del 1916 furono annullati dalla Grande Guerra, così come saltarono le edizioni del 1940 e del 1944 a causa del secondo conflitto mondiale.
Le Olimpiadi moderne, partite da Atene nel 1896, hanno sofferto di un crescente gigantismo che ha portato ad un aumento incontrollato dei costi.
I Giochi del 2004, assegnati ad Atene come risarcimento per lo scippo del 1996 a favore di Atlanta, sostenuta da una nota marca di bevande gassate (tanto per non far nomi, la Coca Cola), si risolsero in un disastro finanziario per la Grecia: facendo il passo più lungo della gamba si indebitò pesantemente fino ad aprire la porta all’arrivo della Troika per rimettere in sesto i conti.
Ma i problemi legati alle Olimpiadi sono cominciati quando si è cominciato a capire che l’idea del barone De Coubertin che vi potessero partecipare soltanto i dilettanti non poteva reggere. Il segno della resa definitiva fu il Dream Team, la nazionale di basket statunitense che conquistò l’oro olimpico a Barcellona ’92 seppellendo ogni avversario sotto punteggi pesantissimi.
Quella squadra, la più forte che si sia mai vista su un parquet, poteva annoverare alcuni dei più grandi campioni della storia della pallacanestro mondiale: Michel Jordan, Magic Johnson, Larry Bird, Scottie Pippen, Charles Barkley, Pat Ewing, Karl Malone erano degli autentici miti dell’NBA, pagati milioni di dollari a stagione, non dei semplici giocatori di basket.
C’è poi un altro aspetto che ha creato grossi problemi alle Olimpiadi moderne: quello politico. Trattandosi di una manifestazione di livello mondiale per tutti gli sport più popolari, ha funzionato inevitabilmente da cassa di risonanza a interessi che andavano ben oltre quelli strettamente sportivi.
Le Olimpiadi di Berlino del 1936 furono utilizzate da Adolf Hitler come formidabile strumento di propaganda dell’ideologia nazista. Falso invece che il Führer si sia rifiutato di stringere la mano all’atleta statunitesne Jessie Owens, vincitore di quattro medaglie d’oro. A chiarirlo fu lo stesso Owens, il quale spiegò che, dopo la gara di salto in lungo in cui egli superò il favorito tedesco Long, scendendo dal podio passò davanti alla tribuna d’onore. Incrociò lo sguardo di Hitler, che si alzò in piedi, gli fece un cenno col braccio per complimentarsi e Owens ricambiò.
L’Unione Sovietica non prese parte ai giochi Olimpici fino a Helsinki ’52, mentre l’edizione successiva, quella di Melbourne ’56, registrò il primo boicottaggio della storia: Olanda, Spagna e Svizzera non vi presero parte in segno di protesta per la repressione sovietica alla rivolta di Budapest dello stesso anno, mentre Egitto, Libano, Iraq e Cambogia disertarono le Olimpiadi australiane a causa della crisi del Canale di Suez.
Ma l’edizione più drammatica fu quella di Monaco di Baviera nel 1972. Un commando dell’organizzazione terroristica palestinese Settembre Nero si introdusse nel villaggio olimpico e prese in ostaggio alcuni atleti della delegazione israeliana. Due furono freddati all’istante, prima che si aprisse una trattativa con la polizia tedesca conclusasi tragicamente con l’uccisione di tutti gli ostaggi e dei terroristi: 11 atleti israeliani, 5 terroristi e un poliziotto tedesco fu il tragico bilancio della vicenda.
Quattro anni dopo fu la volta di Montreal ’76 a registrare il boicottaggio dei paesi africani in segno di protesta per la tournée in Sudafrica della nazionale di rugby neozelandese in regime di apartheid.
Mosca ’80 fu disertata dagli statunitensi e da alcuni paesi del blocco occidentale contro l’invasione sovietica dell’Afghanistan. L’Italia escogitò un escamotage: mandò a Mosca una rappresentanza priva degli atleti dei gruppi militari, che sfilò portando la bandiera del CONI, anziché il tricolore. Grazie a quella “furbata” conquistammo due medaglie d’oro storiche: quella di Sara Simeoni nel salto in alto e quella di Petro Mennea nei 200 metri.
La ritorsione sovietica, seguita dai paesi del Patto di Varsavia, arrivò immancabile quattro anni più tardi a Los Angeles, dove naturalmente gli USA fecero incetta di medaglie: 174 in totale, con 83 ori, 61 argenti e 30 bronzi, un record ineguagliabile.
Nel 1988 la Corea del Nord boicottò le Olimpiadi di Seul, imitata da Cuba, Madagascar, Etiopia e Nicaragua.
Vent’anni più tardi, ai Giochi Invernali di Pyeongchang del 2018, le due Coree sfilarono unite sotto la stessa bandiera e con la scritta Corea in segno di disgelo.
C’è poi il capitolo doping, che a ogni edizione si arricchisce di nuovi episodi. Dall’epoca della Germania Est e dell’Unione Sovietica, patrie del doping di stato usato per fini propagandistici, sono stati registrati passi avanti attraverso severi controlli a tappeto. Ma nessuno metterebbbe la mano sul fuoco sostenendo che tutti gli atleti oggi in gara siano puliti. Per un motivo molto semplice: in molti paesi, Stati Uniti in testa, esistono laboratori dove si studia il modo più efficace per eludere i controlli antidoping. E questi laboratori sono sempre in vantaggio di qualche anno nei confronti di chi invece vuole lo sport pulito.
Insomma, le Olimpiadi sono ormai abituate a tutto, così come i giapponesi.
Per la prima volta nella storia i Giochi Olimpici sono stati rinviati per cause sanitarie. Ora si tratterà di vedere se il Signor Covid-19 ci darà tregua e se magari il vaccino risolverà il problema alla radice. Nessuno vuole disputare le Olimpiadi a porte chiuse, com’è accaduto per il calcio.
Il calcio senza pubblico è triste, ma l’atletica, il nuoto, il basket, la pallavolo a porte chiuse sarebbero la sconfitta dell’idea stessa dei Giochi Olimpici.
E non c’entrano niente gli sponsor o i proventi dei diritti televisivi. È proprio una questione di “atmosfera”, un ambiente che soltanto le Olimpiadi sanno creare.