Se una cosa ci fa stare bene, perché non farla?
Potrei limitarmi a questo, nel suggerirvi di andare a vedere un film: Il ciliegio di Rinaldo. Un docufilm singolare che racconta di una amicizia tra un anziano contadino e uno studente. Ma non solo. Della tenacia indomita di fronte alle avversità della vita, di un radicale cambio di prospettiva nell’esistenza di un giovane, dell’amore verso la natura che ci circonda e che raramente viene percepita nel quotidiano della nostra vita. I temi che affiorano sono molteplici, ognuno troverà sicuramente un riferimento a lui affine.
Si tratta di una storia vera, narrata in modo essenziale, senza sdolcinature, che si svolge nella armoniosa campagna monferrina. Facile per chi ci vive, o ci ha vissuto, ritrovare atmosfere quotidiane.
Conosco Emanuele, il co-protagonista: mi aveva parlato del film mostrandomi i primi spezzoni di girato messi online e subito ne fui entusiasta, piacevolmente incuriosito dalle caratteristiche del protagonista principale, un attore naturale straordinario. Mi piacciono le storie insolite, intriganti, che rimescolano i sentimenti e ti portano nuovi suggerimenti. Ed è così che ogni volta che incontravo Emanuele, la prima cosa che gli chiedevo, prima ancora di salutarlo, era: “Ma allora…quando si potrà vedere?”.
Sapevo che le riprese erano terminate, il materiale c’era, più di cento ore di girato, cosa mancava? Nella mia ignoranza non riuscivo a capire, neppure immaginare quali difficoltà si dovessero superare per confezionare un film.
Emanuele non aveva una risposta precisa, tergiversava, credo che anche lui non immaginasse tutta la complessità che stava dietro alla realizzazione.
Il tempo passava, mi ero quasi rassegnato all’idea che non sarebbe mai stato possibile vederlo. Ma invece eccolo, finalmente in proiezione a Casale Monferrato il 17 giugno di quest’anno. Il risultato ha sorpreso tutti. All’uscita solo sorrisi e commenti di approvazione. Era sicuramente valsa la pena attendere.
È stato proprio Emanuele ad aver avuto l’idea del documentario e a contattare un regista che lo aveva incuriosito.
Così ricorda Alessandro Azzarito, il regista: “Qualche anno fa ricevo una mail da un giovane di 23 anni che vive a Rosignano Monferrato e che studia alla facoltà di Agraria a Torino. Emanuele ha visto alcuni miei lavori precedenti: Memo, interviste ad anziani del Monferrato sul valore della memoria, e Monferrato di giovani e storie, una docu-serie, i cui protagonisti, giovani agricoltori monferrini, si presentano come testimoni di una rivoluzione verde in arrivo nella nostra società. Anche Emanuele desidera raccontare la sua personale “rivoluzione”. Mi scrive. Il racconto di questa amicizia fuori dal comune con Rinaldo, un vecchio agricoltore così apparentemente lontano da lui per età (85 anni) ed estrazione sociale, mi emoziona. Tocca temi come la formazione e la ricerca di sé, il rapporto con la natura, che suscitano il mio interesse immediato alla storia”.
L’idea iniziale era quella di realizzare un docufilm sulla straordinaria esperienza e le conoscenze acquisite da Rinaldo nella sua lunga vita di contadino, in modo che tutto questo sapere non andasse perduto.
C’erano state riunioni, si erano fatte ipotesi, si doveva cominciare a girare quando Rinaldo fu ricoverato d’urgenza in ospedale.
La diagnosi non lasciava speranze, pochi mesi di vita. Tutto sembrava perduto.
Nessuno poteva sospettare che Rinaldo avesse una vitalità straordinaria, e soprattutto una convinzione: “S’at moli at l’ai an tal bali”, “Se ti arrendi sei fregato”. Possiamo solo immaginare che proprio aggrappandosi a questo suo pensiero, sia riuscito a racimolare qualche energia recondita e in qualche modo a rimettersi in piedi.
Ed è così che ripartì il progetto del film. Le circostanze cambiarono i paradigmi e il film non fu più quello che era stato pensato inizialmente, ma divenne quello che magicamente si stava realizzando attorno all’incontro tra due persone, diverse per età, estrazione sociale ma accumunate dalla stessa passione agricola e da una profonda amicizia.
Nel contesto contadino si dice “un uovo con due rossi” quando qualcosa va ben al di là di quello che ci si poteva aspettare, come questo film.
La stessa realizzazione del docu è una storia intrigante, ricca di colpi di scena, simile a una commedia. Difficoltà continue, cambio di programmi e narrazione e un completamento che sembrava non potesse mai concludersi. Ci sono determinazione e passione del regista e del direttore della fotografia. Quest’ultimo arrivava da Roma a ogni set di ripresa. Hanno lavorato a loro spese senza nessuna certezza di ottenere un compenso. Ma il risultato è questo.
E chi avrà la fortuna di vedere il film capirà perché non voglio raccontare molto altro. Scoprirà ciò che c’è da scoprire, guardandolo. Scoprirà quale vitalità aveva Rinaldo e come fosse così istrionico da possedere le qualità di uno straordinario attore.
Infatti non c’è finzione, non ci sono attori, c’è solo una storia vera, e due protagonisti, uno dei quali non potrebbe essere più cinematografico di così. Non fatevelo sfuggire.
***
Il documentario è il vincitore della ventiduesima edizione del torinese Glocal Film Festival, diretto da Alice Filippi. Lo ha scelto la giuria presieduta da Marco Ponti tra i 5 documentari del concorso Panoramica Doc a cui va il premio Torèt Alberto Signetto – miglior documentario. Queste le motivazioni della giuria. “Un film che parla dritto al cuore. C’è il tempo che passa, il sapere da consegnare in buone mani prima che sia troppo tardi, c’è il silenzio, l’amicizia, la natura, e c’è il futuro, nel quale storie del genere fanno tornare a sperare. Ci siamo emozionati a seguire Rinaldo e abbiamo desiderato di essere lì, con le scarpe sporche di terra e lo sguardo lassù, verso le nuvole, con lui che ci dice di salire fino in punta all’albero dove nessuno è salito e poi di metterci bene in piedi, dritti, senza paura. Per questo è un piacere e un onore consegnare ad Alessandro, ma anche a Emanuele e, idealmente, a Rinaldo, il premio Torèt ‘Alberto Signetto’ per il miglior documentario”.
Il ciliegio di Rinaldo, ha recentemente ha ottenuto anche il riconoscimento di miglior lungometraggio nella sezione Earth’s Breath del Festival Cinema e Ambiente Avezzano (L’Aquila). Emanuele, come avete deciso di partecipare a questo Festival? «Abbiamo mandato segnalazioni ovunque il film potesse suscitare un interesse. E siamo stati molto contenti di essere stati selezionati dal prestigioso concorso Cinemaeambiente, dove abbiamo ricevuto questo premio inaspettato». Che cosa significa per voi questo riconoscimento? «Ci ha dimostrato quello che già avevamo inteso negli incontri con la gente durante le diverse proiezioni del film. Il docufilm racconta l’ambiente monferrino e temevamo che rimanesse confinato e apprezzato solo nel nostro territorio. Invece diversi spettatori, anche non europei, hanno rimarcato più volte come la storia avesse un carattere universale e dall’Abruzzo ci è arrivata la conferma». Progetti futuri? «Stiamo pensando a un corto dove far dialogare a distanza due personaggi, portatori di due esperienze diverse ma molto significative, fortemente inseriti nel loro contesto rurale, in due ambiti molto diversi del Piemonte».
***
Il ciliegio di Rinaldo (Italia, 2022), regia Alessandro Azzarito,con Emanuele Rendo e Rinaldo Luparia. Sceneggiatura Alessandro Azzarito, Emanuele Rendo, fotografia Amos Maccanti, montaggio Enrico Giovannone, musica originale Roberto Menabò, Emanuele Rendo, suono Giovanni Corona, foto di scena Francesca Agate, produzione esecutiva Alessandro Pugno, produzione Papaverofilms in collaborazione con Associazione Piantia.MO!
Tutte le foto pubblicate in questo testo sono di Alessandra Agate