Per osservare il mondo degli insetti servono tempo, pazienza e attenzione meticolosa. Per osservarlo, studiarlo e poi raccontarlo servono anche ostinazione, entusiasmo, poesia. Forse non tutto questo è sempre necessario ma credo che Jean-Henri Fabre (1823-1915), noto entomologo francese, possieda ciascuna di queste caratteristiche tali da renderlo, oltre al resto, l’autore di una delle più grandi opere sul comportamento degli insetti, Souvenir Entomologiqu
Jean-Henri Fabre infatti, oltre che essere uno scienziato e un grande naturalista, è anche uno scrittore, un narratore coinvolgente le cui trame si nutrono dell’istinto, dell’intelligenza, delle abitudini, delle tattiche degli insetti. Il suo materiale di studio – quel mondo minuscolo, in costante movimento e spesso non visto, accusato di ripugnanza – diventa trama e avventura: le vite delle creaturine coinvolgono, avvincono nello svolgimento e anche nel “finale” che spesso sorprende, meraviglia come quello di un buon mystery.
Il mio primo incontro con i suoi celebri Souvenirs Entomologiqu
La mosca turchina intenta a deporre le uova nell’interstizio del becco di un uccello morto, i carabi dorati che divorano un lombrico, l’epeira listata mentre avvolge una preda: se da un lato Fabre ha infranto il mio sguardo disneyano sugli insetti dall’altro lo ha arricchito, reso intelligente attivando una passione duratura. La lucciola, ad esempio, che credevo delicata fatina del verde notturno è in realtà carnivora cacciatrice che cloroformizza la vittima e che, con una serie di “buffetti”, ne fluidifica la carne. La cicala non è proprio l’esserino ozioso che vuole la tradizione ma un insetto costretto a trascorrere ben quattro anni sotto terra prima di vivere il suo unico mese alla luce del sole.
Ogni scoperta schiudeva un mondo affascinante e talvolta orrorifico. Penso allo sphex che dopo aver paralizzato la preda costruisce la propria dimora a misura della vittima. Penso alle abitudini della mantide, a quelle della cavalletta verde, alle ali disarticolate delle vittime, ai toraci svuotati, alla femmina dell’imenottero che paralizza la vittima lasciandola però viva, trasformandola nel nido per le sue uova, che quando si schiuderanno troveranno l’immediato nutrimento. Penso alla sola foggia incredibile quanto diabolica dell’empusa. Orrore dunque ma di quello che fa chiudere gli occhi solo pochi istanti perché la voglia di tornare sulla pagina è più forte.
Avere come guida attraverso le meraviglie degli insetti Jean-Henri Fabre – una guida che affronta con modernità, scienza e arguzia la biologia e anche la filosofia della Natura – è davvero un lusso, un privilegio e un grande divertimento. “Scienziato, ricercatore e sciamano” come lo descrive Giorgio Celli nella prefazione all’edizione Einaudi dei Ricordi di un entomologo, Fabre è anche un esploratore, un detective (talvolta True Detective) capace di coinvolgere il lettore con domande dirette, ragionamenti, interpretazioni del mondo e che grazie agli insetti riesce a dire molto pure di noi esseri umani.
Negli anni ho raccolto diverse edizioni di questo testo, non una vera collezione la mia, più il piacere di tornare e ritornare su pagine che continuamente sorprendono. In Giappone ho acquistato cinque volumi che l’artista botanico Chikabo Kumada, nato a Yokohama nel 1911 e definito il “Fabre giapponese”, ha dedicato ai Ricordi di un entomologo. Con le sue illustrazioni dettagliate di piante e insetti dai colori pieni, ha condiviso con un pubblico di tutte le età l’emozione e l’entusiasmo tanto per questo mondo quanto per il lavoro del celebre naturalista. Trovo che sia sempre prezioso il talento di un libro di generarne e suggerirne altri e in diverse direzioni, continenti ed epoche.
La bella edizione Adelphi, nella traduzione di Laura Frausin Guarino, riproduce la Prefazione di Gerald Durrell all’edizione americana dell’opera, The Insect World of J. Henri Fabre del 1991: “Fabre ha fatto qualcosa di più che esplorare un museo, è stato capace di uscirne”.
IL LIBRO Jean-Henri Fabre, Ricordi di un entomologo Volume primo (Adelphi)